Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27308 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. II, 30/11/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 30/11/2020), n.27308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10142-2016 proposto da:

C.M., quale difensore di se stessa, domiciliata in

ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

S.A., S.C., domiciliate in ROMA presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentate e difese

dall’avvocato GABRIELE GRIECO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA, depositata

il 22/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie di parte ricorrente.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 l’avvocato C.M., premettendo di avere assistito S.A. e C. in un procedimento civile svoltosi dinanzi al Tribunale di Vallo della Lucania, nel quale le predette erano state convenute in giudizio da tal M.A., chiedeva allo stesso Tribunale di voler condannare le S. al pagamento della somma di Euro 24.439,47 oltre accessori, quale compenso per l’attività professionale prestata.

Si costituivano le convenute le quali impugnavano le deduzioni della ricorrente ed eccepivano in particolare l’inammissibilità della domanda, attesa l’inesistenza di una valida procura alle liti conferita alla stessa, come peraltro già accertato dallo stesso tribunale adito in un altro analogo procedimento intentato dalla C..

Il Tribunale con ordinanza del 22 marzo 2016 dichiarava inammissibile il ricorso, con la condanna della ricorrente al rimborso delle spese di lite.

Infatti, il diritto di credito azionato era stato radicalmente contestato dalle convenute, le quali avevano negato l’avvenuto rilascio di una procura alle liti per il giudizio presupposto.

Ciò implicava l’improseguibilità del processo sommario speciale, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale che prevede che, in caso di contestazione dell’an della pretesa del difensore, il giudice adito ai sensi della L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29 debba dichiarare l’inammissibilità della domanda, senza poter disporre il mutamento del rito, al fine di consentire la prosecuzione del giudizio nelle forme ordinarie. Per la cassazione di tale ordinanza propone ricorso C.M. sulla base di un motivo.

Le intimate resistono con apposito controricorso.

La ricorrente ha depositato memorie in prossimità dell’udienza. Il motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011 e degli artt. 702 bis e ss. c.p.c..

Si deduce che ha errato il Tribunale nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso proposto, occorrendo dare seguito alla più recente giurisprudenza di legittimità che, traendo spunto dalla novella di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, ha ritenuto che, in materia di procedimento sommario volto alla liquidazione dei compensi del difensore per le prestazioni rese in sede giudiziale civile, il rito speciale si applichi anche nel caso in cui le contestazioni del cliente investano l’an della pretesa.

Il motivo è fondato.

Reputa il Collegio che nella vicenda debba darsi continuità al principio di diritto affermato da questa Corte nella sua più autorevole composizione, a mente del quale la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all'”an debeatur”, mentre soltanto qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda (riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale) non esorbitante dalla competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. cit., la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti ad un’istruttoria sommaria, con il rito sommario (congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista) e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena (ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena), previa separazione delle domande (Cass. S.U. n. 4485/2018).

Facendo applicazione di tale principio, con il quale la Corte ha inteso indubbiamente innovare rispetto alla propria precedente giurisprudenza, si palesa l’erroneità della soluzione al quale è pervenuto il Tribunale che avrebbe dovuto decidere la domanda proposta con le forme di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 anche a fronte della contestazione delle resistenti circa l’esistenza di una valida procura alle liti (contestazione che investe la stessa esistenza del rapporto professionale), non potendo invece addivenire alla declaratoria di inammissibilità. L’ordinanza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio, anche per le spese del presente procedimento, al Tribunale di Vallo della Lucania in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Vallo della Lucania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione Civile, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

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