Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27307 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. II, 30/11/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 30/11/2020), n.27307

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12765 – 2016 R.G. proposto da:

P.P., – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso da se

medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c. ed elettivamente domiciliato

in Roma, alla via Baldo degli Ubaldi, n. 66, presso lo studio

dell’avvocato Simona Rinaldi Gallicani.

– ricorrente .

contro

C.V., – c.f. (OMISSIS) – in proprio e quale procuratore

in virtù di procura generale per notar Pa. del 5.2.2007 di

C.A. – (c.f. (OMISSIS)) – e quale procuratore in virtù di

procura generale per notar Pa. del 25.3.1998 di

F.A.M. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato, con indicazione

dell’indirizzo p.e.c., in Gubbio, alla via del Risorgimento, n. 1,

presso lo studio dell’avvocato Piero Pieri che lo rappresenta e

difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al

controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73/2016 della Corte d’Appello di Perugia;

udita la relazione nella camera di consiglio del 27 ottobre 2020 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale di Perugia l’avvocato P.P. esponeva che aveva svolto attività giudiziale su incarico e per conto di C.V., C.A. ed F.A.M. nella controversia civile che li aveva opposti alla “U.S.L. n. (OMISSIS)” di Prato ed alla “Ausonia Assicurazioni” s.p.a.; che il compenso a lui dovuto e le spese anticipate, per il complessivo importo di Euro 29.371,78, erano rimasti insoluti.

Chiedeva ingiungersi alle controparti il pagamento della somma anzidetta, con gli interessi legali dal 12.6.2006.

2. Con decreto n. 1011 del 15.5.2007 il Tribunale di Perugia pronunciava l’ingiunzione.

3. Con atto di citazione notificato in data 7.9.2007 C.V., C.A. ed F.A.M. proponevano opposizione.

Instavano per la revoca dell’ingiunzione.

4. Si costituiva l’avvocato P.P..

Invocava il rigetto dell’opposizione.

5. Assunta la prova per testimoni, con sentenza n. 715/2013 il Tribunale di Perugia revocava l’ingiunzione e condannava gli opponenti a pagare all’opposto il minor ammontare di Euro 13.209,00, oltre interessi al tasso legale.

Il tribunale in particolare reputava che il corso della prescrizione fosse stato interrotto a seguito e per effetto di talune dichiarazioni, di riconoscimento dell’attività svolta dall’avvocato P., rese da C.V..

6. Proponevano appello C.V., C.A. ed F.A.M..

Resisteva l’avvocato P.P..

7. Con sentenza n. 73/2016 la Corte d’appello di Perugia accoglieva il gravame e determinava in Euro 700,00, oltre interessi dalla notifica del decreto ingiuntivo al saldo, l’ammontare del compenso dovuto all’appellato; compensava integralmente le spese di lite.

Esplicitava la corte che la dichiarazione resa da C.V. e di cui ad una delle due scritture in data 8.3.2004 consisteva in un nuovo mandato difensivo professionale distinto dal precedente – in forza del quale l’avvocato P. aveva operato sino ad ottobre 2000 – anche in considerazione del lungo tempo – 3 anni e 5 mesi – trascorso dalla cessazione del precedente.

Esplicitava altresì la corte che la dichiarazione resa da C.V. e di cui all’altra delle due scritture in data 8.3.2004, “per la genericità del suo contenuto che non fa riferimento ad alcuna specifica attività e per la mancanza d’indicazione del titolo in forza del quale P. avrebbe dato consigli” (così sentenza d’appello, pag. 2), non poteva considerarsi confessione della persistenza del mandato professionale, persistenza in ogni caso da disconoscere alla stregua dall’altra dichiarazione facente riferimento ad un mandato reso in data 8 marzo 2004.

Esplicitava quindi la corte che era fondata l’eccezione di prescrizione presuntiva triennale in relazione alle prestazioni giudiziali cessate nell’anno 2000 ed in relazione alla prestazione stragiudiziale, connessa a quella giudiziale, consistita nella redazione di una diffida in data 28.12.1999.

8. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’avvocato P.P.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

C.V., in proprio e quale procuratore generale di C.A. e di F.A.M., ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese, da distrarsi in favore del difensore anticipatario.

9. I controricorrenti hanno depositato memoria.

10. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione agli artt. 2702 e 2956 c.c..

Deduce che la prescrizione presuntiva non opera allorchè il debitore ammette di non aver adempiuto.

Deduce che, quando vi è una dichiarazione scritta del debitore ricognitiva della prestazione d’opera professionale svolta in suo favore e da tale dichiarazione scritta non emerga neppure implicitamente che l’attività è stata retribuita, l’eccezione di prescrizione presuntiva di pagamento va respinta, ancorchè la dichiarazione scritta non rechi analitica specificazione dell’attività professionale.

11. Il motivo di ricorso è a vario titolo inammissibile.

12. Questa Corte spiega che i motivi di ricorso per cassazione devono, a pena di inammissibilità, connotarsi alla stregua dei caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione in modo intelligibile ed esauriente delle ragioni atte ad illustrare le dedotte violazioni di norme o principi di diritto ovvero ancora le pretese carenze della motivazione (cfr. Cass. 25.9.2009, n. 20652).

Su tale scorta è difficile scorgere i surriferiti caratteri nei lapidari passaggi finali del ricorso, a conclusione della pagina 14 ed all’inizio della pagina 15.

13. In ogni caso è da ritenere che il ricorrente censuri la valutazione dalla corte di merito espressa in ordine alle dichiarazioni in data 8.3.2004 ed a firma di C.V..

14. In questi termini non può che darsi atto di quanto segue.

15. L’interpretazione degli atti privati si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ovvero per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 14.7.2016, n. 14355).

Nè la censura ex n. 3 nè la censura ex n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Su tale scorta la “lettura” che delle dichiarazioni in data 8.3.2004 la corte distrettuale ha operato, è ineccepibile in diritto e del tutto immune da “anomalie” motivazionali suscettibili di assumere rilievo, nel segno della statuizione n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, (novello) n. 5.

16. E’ incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da congrua e logica motivazione, l’interpretazione del giudice di merito volta a stabilire se la dichiarazione giudiziale o stragiudiziale resa da una delle parti costituisca confessione e, in particolare, se contenga il riconoscimento di un fatto sfavorevole al dichiarante e favorevole all’altra parte (cfr. Cass. 4.4.1980, n. 1428; Cass. 6.6.1977, n. 2329, secondo cui l’interpretazione del giudice di merito in ordine alle dichiarazioni rese da una delle parti, al fine di stabilire se esse costituiscono o meno confessione a norma dell’art. 2730 e segg. c.c., non è soggetta a sindacato di legittimità, purchè la relativa motivazione sia immune da vizi logici e giuridici).

Parimenti la valutazione dell’idoneità di un atto ad interrompere la prescrizione – quando non si tratti degli atti previsti espressamente e specificamente dalla legge come idonei all’effetto interruttivo, come nei casi indicati nei primi due commi dell’art. 2943 c.c. – costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici o da errori giuridici (cfr. Cass. 18.9.2007, n. 19359; Cass. sez. lav. 21.11.2018, n. 30125; Cass. 24.11.2010, n. 23821).

Su tale scorta si rimarca che l’iter motivazionale – dapprima esplicitato – alla cui stregua la corte territoriale ha escluso che la seconda dichiarazione potesse considerarsi confessione della persistenza del mandato ed ha negato l’interruzione del corso della prescrizione, risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo sul piano logico – formale.

17. Un rilievo finale si impone.

Il ricorrente, così come ha dato puntualmente atto la corte umbra (cfr, sentenza d’appello, pag. 3), ha testualmente riferito che “in penultima pagina dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, le controparti, in coerenza con il loro ragionamento, hanno affermato che l’avvocato P.P. è stato regolarmente compensato anche oltre quanto effettivamente dovuto” (così ricorso per cassazione, pag. 6).

Sovviene perciò l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale le deduzioni con le quali il debitore, ferma restando la originaria esistenza del debito, assume che il debito sia stato pagato o sia comunque estinto non rendono inopponibile l’eccezione di prescrizione presuntiva, perchè non sono incompatibili con la presunta estinzione del debito per decorso del termine, ma ad essa aderiscono e la confermano (cfr. Cass. 28.7.2004, n. 12249).

18. I rilievi tutti che precedono, inducono evidentemente a reputare il motivo di ricorso inammissibile pur ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, giacchè la Corte di Perugia ha statuito in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte.

19. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità all’avvocato Pi. Pi., difensore del controricorrente, che ha dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari. La liquidazione segue come da dispositivo.

20. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente, avvocato P.P., a rimborsare all’avvocato Pi. Pi., difensore anticipatario del controricorrente, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

 

 

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