Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27304 del 05/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27304 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 8957-2012 proposto da:
FALLIMENTO BULLONERIA MERIDIONALE SPA – SENT. N.
13/03 DEL TRIBUNALE DI SANT’ANGELO DEI LOMBARDI
in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, CORSO RINASCIMENTO 11, presso lo studio
dell’avvocato SANTONI GIUSEPPE, rappresentato e difeso
dall’avvocato PISANI LUCA, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

Contro
BIELLA LEASING SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRACASSINI 4,
presso lo studio dell’avvocato NERI ALESSANDRA, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA BOGGIO,
RECAMI LUCA, giusta delega in calce alla memoria;

V2,V8

Data pubblicazione: 05/12/2013

- resistente nonché contro
FATA SPA;

– intimata –

DEI LOMBARDI del 20.1.2012, depositata il 30/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
per il ricorrente é solo presente l’Avvocato Stefano Maria Russo (per
delega avv. Luca Pisani);
per la resistente é solo presente l’Avvocato Alessandra Neri.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA.

Ric. 2012 n. 08957 sez. M3 – ud. 26-09-2013
-2-

avverso la sentenza n. 33/2012 del TRIBUNALE di SANT’ANGELO

R.g.n. 8957-12 (c.c. 26.9.2013)

Ritenuto quanto segue:
§1. Il Fallimento della Bulloneria Meridionale s.p.a. (dichiarato dal Tribunale di
Sanat’Angelo dei Lombardi il 19 dicembre 2012) ha proposto istanza di regolamento di
competenza contro la Biella Leasing s.p.a. e la Fata s.p.a. avverso la sentenza del 30
gennaio 2012, con la quale il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ha dichiarato la
propria incompetenza e la competenza per territorio del Tribunale di Biella sulla
controversia introdotta dalla Curatela Fallimentare con citazione del 16 dicembre 2008

contro la Biella Leasing.
§1.1. Tale controversia era stata introdotta, con l’espressa allegazione (che si legge
nella pagina 5 della citazione) che il Fallimento intendeva «optare per lo scioglimento del
contratto», per ottenere, evidentemente nel presupposto dell’accertamento della
verificazione di esso in forza di tale opzione, la condanna della Biella Leasing alla
restituzione – per l’importo di E 12.141,36 – di tutti i canoni versati dalla società in bonis
dal momento della sottoscrizione di un contratto di locazione finanziaria in data 8
novembre 2002 avente ad oggetto un carrello elevatore. La domanda era stata proposta
dopo che, ad una missiva della Curatela del 24 settembre 2007, con cui era stata richiesta la
restituzione dei canoni nella detta misura, la Biella Leasing aveva risposto che nel caso di
specie non era applicabile l’art. 1526 c.c. A sostegno dell’azione e dell’applicabilità di tale
norma la Curatela prospettava invece la tesi opposta e la qualificazione del contratto di
leasing come locazione finanziaria traslativa.
§1.2. La convenuta, costituendosi, oltre a contestare la fondatezza della domanda e
ad eccepire la sussistenza della competenza esclusiva del Tribunale di Biella in forza di
una clausola convenzionale, l’art. 19, contenuta nel contratto, ed a svolgere domanda di
compensazione del credito fatto valere dalla Curatela con propri controcrediti non insinuati
al passivo fallimentare, chiedeva ed otteneva di chiamare in causa la Fata s.p.a., quale
società assicuratrice per la perdita del bene oggetto del contratto, che assumeva, per come
comunicato dalla Curatela, cui ne era stata chiesta la restituzione, essere stato oggetto di
furto.
La Fata s.p.a. si costituiva e contestava sia in rito l’ammissibilità della chiamata, sia
la sua fondatezza nel merito.
§2. Il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi nella sentenza impugnata, dopo avere
rilevato che al giudizio non era applicabile la disciplina dell’art. 72 quater della L.F., in

ragione dell’epoca di dichiarazione del fallimento, ha dichiarato la competenza del foro di

3
Est. Coni. Rafae1e Frasca

R.g.n. 8957-12 (c.c. 26.9.2013)

Biella sulla base della clausola convenzionale, disattendendo la replica della Curatela circa
la sussistenza della competenza del Tribunale Fallimentare ai sensi dell’art. 24 della L.F.
Il Tribunale, dopo avere osservato che la Curatela invocava l’applicabilità della vis
actractiva di detta norma assumendo la derivazione dell’azione esercitata dalla
dichiarazione di fallimento, «perché il diritto alla restituzione della parte di prezzo
pagata dalla Bulloneria sarebbe sorto a seguito della dichiarazione di fallimento, avendo
il curatore scelto di non subentrare nel contratto, ai sensi dell’art. 72, secondo coma,

legge fallimentare>>, ha osservato che tale assunto non poteva essere condiviso così
motivando: «vero è che, se il curatore avesse optato per il subentro, si sarebbe
determinata una situazione del tutto incompatibile con la restituzione della parte di prezzo
pagata, dovendo, al contrario la curatela provvedere al saldo. Poiché, tuttavia il curatore
non ha scelto di subentrare nel contratto (cfr. autorizzazione del 2.12.2008, nella parte in
cui esplicitamente il GD afferma “ritenuto conveniente per la Curatela la strada della
risoluzione del contratto, conviene con il curatore in ordine alla richiesta di restituzione
alla società di leasing delle rate di leasing già pagate in applicazione della normativa di
cui alla 1526 c.c.’) non basta il fatto che tale scelta gli spettasse e potesse essere
altrimenti compiuta a sottrarre alla pretesa di cui trattasi (restituzione della parte di
prezzo pagata) la natura che le compete in base al suo originario fatto genetico, cioè la
natura di diritto appartenente al patrimonio del fallito in virtù della vicenda risolutiva del
contratto. In altre parole: il subentro del curatore del contratto avrebbe eliminato per
incompatibilità il diritto alla restituzione della parte del prezzo pagato, ma non può
reciprocamente dirsi che tale diritto sia nato dal mancato subentro del curatore,
ricollegandosi esso, invece, alla verificatasi a vicenda risolutiva del contratto. Nella
giurisprudenza della Suprema Corte è indiscusso infatti che nel caso di fallimento del
compratore, la dichiarazione del curatore, di scioglimento al contratto di compravendita
non ancora compiutamente eseguito, ha effetti ex tunc, con la conseguenza che il credito
per la restituzione delle prestazioni già eseguite dal compratore fallito non nasce dalla
stessa dichiarazione del curatore né dalla dichiarazione del fallimento, ma ha la sua
genesi “nel venir meno della giustificazione contrattuale dell’attribuzione patrimoniale fin
dal momento della sua esecuzione”; sicché, in quanto sorto già prima del fallimento, tale
credito – secondo la Suprema Corte – è, addirittura, compensabile con i crediti del
venditore derivanti dall’eventuale inadempimento del fallito (Cass. sez. un. 2 novembre
1999, numero 755, m. 530848), anche quando gli effetti dello scioglimento sono regolati
dalle disposizioni dell ‘art. 1526 c.c.>>. Di seguito il Tribunale cita Cass. n. 1113 del 1964,
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Est. Cons. P.affaele Frasca

R.g.n. 8957-12 (c.c. 26.9.2013)

Cass. n. 11145 del 2009, di cui riporta la massima, nonché come conforma ad essa Cass. n.
5494 del 2001.
Dopo di che, una volta concluso nel senso dell’inapplicabilità dell’art. 24 citato, il
Tribunale argomenta l’opponibilità al curatore della clausola convenzionale e rileva che,
essendo rimasta sul piano dell’eccezione la compensazione prospettata dalla Biella Leasing
e non avendo assunto i caratteri della domanda riconvenzionale, nemmeno sotto tale
profilo era impedito il dispiegarsi della competenza convenzionale.

§3. All’istanza di regolamento di competenza, nella quale si prospetta che
erroneamente il Tribunale avrebbe escluso la sua competenza ai sensi dell’art. 24 L.F., fra
l’altro leggendo erroneamente Cass. sez. un. n. 755 del 1999, pur invocata, ha resistito la
Biella Leasing con memoria.
§4. Essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento
di cui all’art. 380-ter c.p.c. è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di
formulate le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito è stata fissata l’adunanza della
Corte.
Considerato quanto segue:
§1. Il Pubblicao Ministero ha concluso per l’accoglimento dell’istanza di
regolamento di competenza, rilevando che l’azione esercitata dal Curatore sarebbe
riconducibile all’ambito delle azioni derivanti dal fallimento, perché nella specie sarebbe
stato esercitato il potere di cui all’art. 72 della L.F., il quale rappresenta esercizio di una
facoltà attribuita all’organo fallimentare, che, esulando dagli schemi propri dalla disciplina
ordinaria dei contratti, sorge per effetto del fallimento e non si fonda su ragioni preesistenti
ad esso.
§2. L’istanza di regolamento di competenza appare fondata.
Premesso che nella fattispecie, per quanto risulta dalla citazione introduttiva della lite
e per quanto è espressamente assunto dalla stesa decisione impugnata è circostanza
pacifica che la Curatela fallimentare abbia proposto una domanda di condanna della
resistente alla restituzione dei canoni, nel presupposto – oggetto anche di accertamento, al
di là delle formali conclusioni soltanto condannatorie presenti nella citazione introduttiva
(che si rinviene nel fascicolo d’ufficio del giudice a quo)

dell’intervenuto esercizio del

potere di scioglimento dal contrato ai sensi dell’art. 72 della L.F. (nella situazione regolata
dalla disciplina anteriore all’art.

72 quater L.F.) e considerato che l’effettiva

riconducibilità dell’azione esercitata all’art. 72 stesso in relazione alla natura ed alle

3
Est. Con

affaele Frasca

R.g.n. 8957-12 (c.c. 26.9.2013)

vicende del contratto appartiene al merito del giudizio e non è rilevante in alcun modo ai
fini della competenza, che si determina dalla domanda, si osserva quanto segue.
Il ragionamento emergente dalla sopra riportata motivazione del Tribunale per
sostenere che l’azione non deriverebbe dal fallimento è privo di fondamento e frutto di
equivoco sull’atteggiarsi della domanda giudiziale, inerente il credito avente ad oggetto la
restituzione di quanto corrisposto dalla fallita in bonis fatto valere dalla curatela per effetto

controcredito del terzo contraente che sia sorto prima della dichiarazione di fallimento.
Dire, infatti, che l’azione restitutoria basata sull’esercizio del potere di cui all’art. 72
non nasce dalla dichiarazione del curatore di scioglimento dal contratto e che, invece,
determinando essa il venir meno del contratto ex tunc e non ex nunc e, dunque, fin dal
momento della sua esecuzione, per tale ragione detta azione non può essere considerata
derivare dal fallimento, perché la sua fattispecie si verrebbe a caratterizzare come sorta
prima di esso, rappresenta un ragionamento privo di logica agli effetti del concetto
giuridico di “derivazione dal fallimento di un’azione” e basato sulla confusione fra quelli
che sono i fatti costitutivi dell’esercizio dell’azione, in quanto appunto con quest’ultima
prospettabili in giudizio ed il diverso problema della individuazione dei loro effetti nel
mondo giuridico.
La confusione emerge perché, per negare la derivazione dell’azione dal fallimento, il
detto ragionamento attribuisce rilievo al momento della determinazione degli effetti della
dichiarazione di scioglimento ed al loro retroagire al momento dell’esecuzione della
prestazione eseguita a suo tempo dal debitore in bonis sotto il profilo del venir meno della
connessa attribuzione patrimoniale e dell’insorgenza del correlativo obbligo restitutorio,
trascurando, però, che tale efficacia retroattiva è, sul piano che legittima l’agire in giudizio,
legittimata e determinata da un potere che ha come elemento della sua fattispecie
costitutiva e, quindi, dell’insorgenza del diritto di azione, la dichiarazione di fallimento.
Invero, se elemento costitutivo di una dichiarazione di scioglimento ai sensi dell’art.
72 è la pregressa esistenza della dichiarazione di fallimento, in mancanza della quale un
siffatto scioglimento non potrebbe esservi secondo la normale disciplina dei contratti,
l’atteggiarsi del fallimento come elemento costitutivo necessario della fattispecie di
scioglimento e, quindi, dell’azione restitutoria che su di essa si basa, ponendosi come
elemento che sul piano giuridico è necessario per la sua verificazione, certamente
determina che l’azione nascente dallo scioglimento è un’azione che “deriva” dal
fallimento.
Est. Cons. kaffaele Frasca

della dichiarazione di scioglimento dal contratto, agli effetti della compensabilità con il

R.g.n. 8957-12 (c.c. 26.9.2013)

Che i suoi effetti poi agiscano sulla pregressa efficacia e sullo svolgimento del
rapporto contrattuale oggetto di scioglimento, determinando il venir meno delle relative
attribuzioni patrimoniali e, quindi, l’insorgenza degli obblighi restitutori, non può, come ha
fatto il Tribunale, essere considerato nella sua esclusiva dimensione temporale, in modo
che, attribuendo rilievo a tale venir meno possa dirsi che, siccome il fallimento appare
sopravenuto dopo, non è esso che ha spiegato efficacia determinativa e, quindi,
giuridicamente causale, dell’esercizio della relativa azione.

Né rispetto alla configurazione della natura derivativa dal fallimento di un’azione
restitutoria conseguente ad una dichiarazione di scioglimento da rapporto contrattuale ai
sensi dell’art. 72 L.F. può apparire incoerente il ragionamento che la giurisprudenza di
questa Corte esplicita quando il credito restitutorio de quo viene in rilievo ai fini della
compensabilità con un controcredito del contraente che subisce lo scioglimento e che è
espresso dal principio di diritto secondo cui <> (Cass. n. 11145 del 2011).
Principio che riprende quello a suo tempo espresso dalle SezioniUnite nella sentenza
n. 755 del 1999, nel senso che <>.

Questa motivazione palesa che una cosa è la spiegazione della fattispecie sostanziale
per cui la dichiarazione di scioglimento determina la caduta del contratto ab origine e,
quindi, faccia nascere i crediti restitutori da tale momento, proprio perché basati sul venir
meno del contratto fin dalla sua conclusione, altra cosa, agli effetti dell’art. 24 della L.F. e,
quindi, della derivazione dell’azione diretta a far valere lo scioglimento ed il credito
restitutorio, è, invece, il collegamento causale di quest’ultima con l’intervenuto fallimento,
atteso che senza il fallimento il potere di scioglimento e, dunque, l’azione conseguente
sono inimmaginabili.
La competenza ai sensi dell’art. 24 citato non a caso è ricollegata alle azioni derivanti
dal fallimento e non al momento temporale nel quale la fattispecie sostanziale dedotta con
l’azione sia destinata a spiegare i suoi effetti, sicché che essi si producano con riferimento
ad un momento anteriore al fallimento è irrilevante, in quanto ciò che rileva è che il
fallimento ha determinato l’insorgenza del potere di scioglimento del curatore.
§3. Le svolte considerazioni evidenziano che l’istanza dev’essere accolta con la
dichiarazione di sussistenza della competenza ai sensi dell’art. 24 della L.F. sulla base del
seguente principio di diritto:

«L’azione restitutoria, promossa dal curatore

fallimentare, a seguito di dichiarazione di scioglimento dal contratto ai sensi dell’art.
72 della L.F., riguardo alle somme corrisposte dal fallito in bonis in esecuzione di un
contratto di leasing finanziario, che si prospetti riconducibile alla disciplina dell’art.
1526 c.c., deve considerarsi azione derivante dal fallimento agli effetti dell’art. 24
della L.F. e, dunque, spettante alla competenza del tribunale fallimentare, senza che
in contrario sul piano sostanziale possa avere rilevanza il fatto che il credito
restitutorio, avendo lo scioglimento effetto ex tunc, abbia come fatto costitutivo

il

venir meno del contratto ab origine e, dunque, sia un credito che si debba considerare
anteriormente al fallimento, perché ciò non toglie che l’azione restitutoria sia derivata
dal fallimento.».

3
Est. Cons. ffaele Frasca

R.g.n. 8957-12 (c.c. 26.9.2013)

§4. Sussisteva, dunque, la competenza del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ai
sensi dell’art. 24 della L.F.
Poiché, peraltro, il Tribunale de quo è ora stato accorpato a quello di Avellino in
forza del d.lgs. n. 155 del 2012 e l’accorpamento nele more della decisione ha avuto
effetto.
Ne segue che dev’essere dichiarata la competenza del Tribunale fallimentare di

dalla comunicazione del deposito della presente.
Le spese del giudizio di regolamento seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.

P. Q. M.

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Avellino. Fissa per la riassunzione
termine di mesi tre dalla comunicazione del deposito della presente. Condanna la resistente
alla rifusione alla curatela ricorrente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in
euro duemilacento, di cui duecento per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 26
settembre 2013.

Avellino, davanti al quale le parti vanno rimesse. Il termine di riassunzione è di mesi tre

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