Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27299 del 05/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27299 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 31965-2007 proposto da:
SCOLA

EVA

SCLVEA31M70B895U,

SCOLA

ALBINO

SCLLBN29R03B895J, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DELLA BALDUINA 66, presso lo studio dell’avvocato
SPAGNUOLO GIUSEPPE, rappresentati e difesi
dall’avvocato RIZZO VALERIO;
– ricorrenti –

2013
2216

contro

GENTILE MARIA, FEOLA ANIELLO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 426/2007 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 05/12/2013

di SALERNO, depositata il 26/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALI SI;
udito l’Avvocato VALERLDRIZZO difensore dei ricorrenti

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

Svolgimento del processo
Scola Albino, Scola Eva ed Esposito Maria con ricorso del 13 dicembre 1990
convenivano in giudizio i coniugi Gentili Maria e Feola Aniello per ottenere
la reintegrazione nel possesso della servitù di passaggio con inizio dalla via
Comunale, esercitata per accedere ai loro fondi, siti nella contrada Tempa

Rustica in agro di Acquavella, acquisiti per successione ereditaria del proprio
dante causa Scola Emiddio. Specificavano che i convenuti avevano ostruito la
suddetta strada di accesso ai fondi di prorpeità dei ricorrenti apponendovi un
cancello.
Il Pretore di Valle della Lucania, inaudita altera parte, assunte sommarie
informazioni, con decreto del 22 gennaio 1991 ordinava la reintegrazione di
Scola Albino, Scola Eva ed Esposito Maria nel possesso del passaggio di cui
.

al ricorso facendo obbligo a Gentile Maria e Feola Aniello di rimuovere il
cancello collocato all’inizio della via e la recinzione installata a confine con la
.

proprietà di Scola Eva. Fissava l’udienza del 7 luglio 1991 per la
comparizione delle parti
Si costituiva Gentile Maria, contestando la domanda.
Sentite le parti e gli informatori Scola Caterina, Parente Giuseppe, De Bellis
Angelo, con ordinanza del 23 marzo 1992, il Pretore confermava il
provvedimento di reintegra e rinviava la causa per la trattazione del merito.
Il Tribunale di Valle della Lucania con sentenza del 30 dicembre 2003
accoglieva la domanda, confermando l’ordinanza di reintegra e condannava i

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(

convenuti al pagamento delle spese giudiziali.

Avverso tale sentenza, proponeva appello Feola Aniello e Gentile Maria per
cinque motivi: per nullità della sentenza per la violazione degli artt. 139, 140
1

e 143 cpc., per violazione dell’art. 2697 cc. per nullità o inutilizzabilità degli
informatori; per travisamento delle risultanze istruttorie; per cessazione della
materia del contendere, in considerazione dell’estinzione per inattività delle
parti del secondo giudizio possessorio avente il n. del RG. 19/92; per
violazione dell’art. 112, per avere il Giudice di primo grado riconosciuto un

diritto di servitù acquistato per destinazione del padre di famiglia rispetto alla
tutela possessoria invocato con l’atto introduttivo.
Si costituivano in giudizio Scola Eva e Scola Albino, deducendo
l’inammissibilità dell’appello oltre che l’infondatezza in fatto ed in diritto.
Si costituiva Esposito Maria come risulta dall’epigrafe della sentenza, anche
se nell’esposizione del fatto erroneamente si riferisce che Esposito Maria,
nonostante la ritualità della notifica, non si fosse costituita.

La Corte di Appello di Salerno con sentenza n. 426 del 2007 accoglieva

.

l’appello e rigettava il ricorso possessorio proposto da Scola Albino, Scola
Eva ed Esposito Maria e revocava gli emessi provvedimenti cautelari,
condannava gli appellati al pagamento delle spese giudiziali di entrambi i
grado di giudizio. Secondo la Corte di Salerno, avrebeb errato il Tribunale
nell’aver fondato la pronuncia definitiva di condanna sulle risultanze acquisite
attraverso gli informatori, epperò è noto in diritto che le informazioni che il
giudice può assumere nella prima fase del giudizio possessorio non sono
prove in senso tecnico né possono essere assimilate alle testimonianze
ritualmente capitolare e ammesse. Secondo ancora la Corte salernitana la
sentenza di primo grado presentava ancora più assurda connotazione, dato che

la quasi totalità degli informatori sconfessavano la tesi dei ricorrenti,
affermando di non averli visti passare sulla strada su cui si vantava possesso
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A(

di servitù di passaggio.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Scola Eva e Scola Albino
con ricorso affidato ad un motivo. Gentile Maria e Feola Aniello, intimati, in
questa fase, non hanno svolto attività giudiziale.
Motivi della decisione

l.= Con l’unico motivo di ricorso Scola Albino e Scola Eva lamentano
l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza
impugnata, per non avere il giudice di merito in nessun modo esaminato e
valutato le emergenze istruttorie della fase sommaria del giudizio possessorio
consistenti nelle sommarie informazioni dei Carabinieri di Acquavella,
asseveranti l’avvenuto spoglio in danno dei ricorrenti nella dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà a firma di Gentile Silvio, fratello di Gentile
Maria, nella documentazione planimetrica e catastale, nella documentazione

fotografica nella nota a firma del Dr., prov. Antonio Bertone, diretta anche a
,

Scola Eva, nelle dichiarazioni delle parti ricorrenti rese all’udienza di
comparizione e nelle dichiarazioni rese dall’informatrice Scola Caterina,
nonché per avere il Giudice di appello del tutto inadeguatamente,
insufficientemente e/o contraddittoriamente

valutato le dichiarazioni dagli

informatori Parente Giuseppe, Jemma Natale e De Bellis Angelo, in
riferimento all’art. 360 n. 5 cpc.. Secondo i ricorrenti, la Corte di Salerno,
contrariamente a quanto compiuto dal Tribunale di Valle della Lucania,
avrebbe omesso in senso assoluto di prendere in esame decisive risultanze

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(

probatorie. In particolare, la Corte di merito non avrebbe considerato le

sommarie informazioni richieste dal Pretore ai Carabinieri, la dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà rilasciata da Gentile Silvio, fratello di Gentile
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Maria, laddove si indicava l’esistenza della servitù di passaggio di cui si dice;
la documentazione planimetrica — catastale; la documentazione fotografica
riproducente la situazione dei luoghi di causa e le fasi di ogni spoglio; la nota
a firma del doti. Proc. Bertone dalla quale emergeva l’esistenza del diritto di
servitù di passaggio di cui si dice; le dichiarazioni rese dai ricorrenti

all’udienza di comparizione; lo stesso contenuto dei provvedimenti cautelari.
E’ evidente —sempre a dire dai ricorrenti- che l’impianto probatorio di cui si è
detto consentiva alla Corte di Salerno di confermare la decisione di primo
grado la quale ha ritenuto dimostrata la fondatezza del diritto di reintegrazione
nel possesso della servitù di passaggio in favore dei ricorrenti nonché
soddisfatto l’onere a loro carico, sia attraverso gli atti depositati, che mediante
le dichiarazioni rese dagli informatori assunti.
E di più, secondo i ricorrenti la sentenza impugnata incorre anche in gravi


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omissioni motivazionali allorché non prende affatto in esame le dichiarazioni
rese dall’informatrice Scola Caterina la quale conferma il denunziato spoglio
da parte dei ricorrenti e la sussistenza del diritto di questi ultimi alla servitù di
passaggio di cui è giudizio. Piuttosto, la sentenza si limita ad affermare
apoditticamente che gli informatori sconfessavano la tesi dei ricorrenti
affermando di non averli visti passare sulla strada di cui si vantava possesso di
servitù di passaggio, perché altro era il senso delle dichiarazioni degli
informatori.
In definitiva,

la sentenza

impugnata secondo

i ricorrenti,

sarebbe

assolutamente omissiva, gravemente insufficiente e contraddittoria, illogica ed
incoerente rispetto alle questioni decisive della controversia, solo affrontando
e risolvendo le quali poteva giungersi ove possibile, alla riforma della
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sentenza di primo grado.
1.1.= Il motivo è infondato, non solo o non tanto perché, sostanzialmente, si
traduce nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle risultanze
processuali, in particolare delle dichiarazioni degli informatori, non
proponibile in sede di legittimità, se non nei limiti della mancanza o

insufficienza del criterio logico-giuridico, che nel caso specifico non ricorre,
avendo i giudici di appello adeguatamente motivato il loro convincimento; ma
e soprattutto perché la decisone della Corte di Salerno non ha omesso di
valutare le risultanze istruttorie e di svolgere una attenta interpretazione dei
dati probatori offerti dalle parti.
1.1.a) A bene vedere, le coordinate del ragionamento della Corte di appello di
Salerno sono due che, seppure autonome a rendere solida la decisione assunta,

si intersecano e si completano a vicenda: a) da un verso la Corte di merito ha
chiarito che il Tribunale di Valle della Lucania aveva deciso la controversia
,

oggetto del presente giudizio sulla base delle dichiarazioni rese dagli
informatori nella fase preliminare del giudizio possessorio senza espletare
alcuna ulteriore attività istruttoria. b) per altro, che la quasi totalità degli
informatori assunti sconfessavano la tesi dei ricorrenti, affermando di non
averli visti passare sulla strada su cui si vantava il possesso di servitù di
passaggio.
Pertanto, la Corte di Salerno, non solo ha ritenuto insufficienti le risultanze
acquisite attraverso gli informatori in sede preliminare, ma ha, altresì, escluso

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che le risultanze acquisite attraverso gli informatori offrissero la prova

dell’esistenza del diritto di servitù di cui si chiedeva la reintegrazione nel
possesso, perché, comunque, non erano gravi, precisi e concordanti.
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1.1.b) Sotto altro aspetto, va chiarito che i ricorrenti affermano, ma non
offrono, una convincente dimostrazione che le prove che non sarebbero state
valutate dalla Corte di merito e, invece, poste a fondamento dalla propria
decisione dal Tribunale di Valle della Lucania, avrebbero travolto le risultanze

un’istanza istruttoria può dar luogcé al vizio di omessa o insufficiente
motivazione, solo se le risultanze processuali o mal valutate siano tali da
invalidare l’efficacia probatoria delle altre sulle quali il convincimento si è
formato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento
delle spese dato che Gentile Maria e Feola Aniello, intimati, in questa fase,
non hanno svolto attività giudiziale.

,
.

PQM

_
.

La Corte rigetta i ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile,
il 30 ottobre 2013.

riconducibili agli informatori di cui si è detto. Piuttosto, il mancato esame di

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