Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27298 del 05/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27298 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 17035-2010 proposto da:
BRIGUGLIO DOMENICO BRGDNC51L18E876K, domiciliato ex
lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
BRUNETTO GIANFILIPPO;
– ricorrente contro

PAPANDREA ANGELO, PAPANDREA CARMELA LETIZIA, PAPANDREA
GIUSEPPINA, PAPANDREA DOMENICA;
– intimati –

Nonché da:

Data pubblicazione: 05/12/2013

PAPANDREA CARMELA LETIZIA PPNCML50C65E876V, PAPANDREA
DOMENICA PPNDNC53E49E876C PAPANDREA GIUSEPPINA
PPNGPP45B46E876K, elettivamente domiciliati in ROMA,
LUNGOTEVERE FLAMINI° 76, presso lo studio
dell’avvocato CARNEVALI ANTONELLA, che li rappresenta

– c/ric. e ricorrenti incidentali contro

PAPANDREA ANGELO, BRIGUGLIO DOMENICO;

intimati

avverso la sentenza n. 557/2009 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 27/08/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/10/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato GIANFILIPPO BRUNETTO difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale;
udito l’Avvocato ANTONELLA CARNEVALI difensore dei
ricorrenti incidentali che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale e l’accoglimento del ricorso
incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che, riuniti i ricorsi,
ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo del
ricorso principale e per il rigetto dei restanti

e difende unitamente all’avvocato LUISA CARROZZA;

motivi e per l’assorbimento del sesto motivo del
ricorso incidentale e per il rigetto dei restanti

motivi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Carmela Letizia Papandrea, Giuseppina Papandrea, Domenica
Papandrea e Angelo Papandrea convenivano in giudizio davanti al

, erano proprietari di quattro appartamenti e di una quota di
terrazza di copertura ricadenti in un ampio fabbricato sito in
Mandanici, via C. Battisti, n. 4 angolo Corso Mazzullo;
con scrittura del primo settembre 1995 avevano stipulato con il
convenuto contratto di appalto avente a oggetto lavori di
manutenzione ordinaria e straordinaria del predetto immobile;
il Briguglio si era reso inadempiente, sospendendo

senza

plausibile motivo l’esecuzione dei lavori, parzialmente
eseguiti e realizzati non a regola d’arte bensì con estrema incuria.
Pertanto, chiedevano che fosse pronunciata la risoluzione del
contratto per inadempimento del convenuto con la conseguente condanna
del medesimo al risarcimento dei danni.
Il convenuto chiedeva il rigetto della domanda, deducendo che i
– lavori realizzati erano stati eseguiti a regola d’arte e che i
committenti erano la parte da considerare inadempiente, atteso
che a fronte dei lavori eseguiti dal medesimo per un ammontare di
£.43.299.676, i predetti avevano corrisposto solo un modesto
acconto di £.10.000.000, per cui aveva sospeso l’esecuzione dei
lavori. In via riconvenzionale, chiedeva la condanna degli
attori al pagamento dei lavori eseguiti.

tribunale di Messina Domenico Briguglio, esponendo che :

Con sentenza del 9 febbraio 2004 il tribunale accoglieva la
domanda riconvenzionale, rigettando quella proposta dagli attori sul
rilevo che legittima era stata la sospensione dei lavori, peraltro
eseguiti a regola di arte, da parte dell’appaltatore, tenuto conto della

realizzati.
Con sentenza dep. il 2I/agosto 2009 la Corte di appello di Messina,
in riforma della decisione impugnata da Carmela Letizia Papandrea,
pronunciava la risoluzione del contratto di appalto per colpa
dell’appaltatore ; condannava il predetto al risarcimento dei danni che
erano quantificati in euro 45.000,00 nonché alla restituzione di metà
della somma a lui corrisposta dai committenti.
Nel pronunciare la risoluzione del contratto, i Giudici ritenevano
prevalente la colpa dell’appaltatore rispetto a quella dei committenti.
Se questi ultimi avevano ingiustificatamente rifiutato di versare nel
corso dei lavori gli acconti chiesti dal Briguglio – non richiedendo il
contratto le certificazioni degli stati di avanzamento – peraltro
l’appaltatore aveva abbandonato colposamente il cantiere, così lasciando
all’azione degli agenti atmosferici il lastrico solare, dovendo essere
consapevole per la sua qualità professionale delle conseguenze e dei
danni derivanti

alle strutture sottostanti dalla mancata collocazione

delle mattonelle sulla guaina impermeabilizzante

e dalla omessa

esecuzione delle opere di convogliamento delle acque meteoriche. La
sentenza sottolineava che, contrariamente a quanto ritenuto dal
consulente nominato in primo grado, gli elaborati redatti dal consulente
2

mancata corresponsione dei pattuiti acconti in relazione ai lavori

(Al\

ing. Ruello, nominato in sede di gravame, avevano evidenziato i gravi
danni costruttivi e di realizzazione delle opere realizzate dal
convenuto.
Peraltro, era riconosciuto il concorso di colpa, nella misura del

l’abbandono del cantiere da parte del convenuto – un tecnico per la
quantificazione dei lavori offrendo la somma dal medesimo determinata e
non accettata dal Briguglio, avevano mostrato una colposa inerzia per
non avere eseguito i lavori, nonostante che il consulente nominato in
primo grado avesse indicato come irrisori i danni e l’importo dei
lavori superiore agli acconti versati, quando soltanto nel 2006 ebbero a
chiedere la esecuzione delle opere idonee a eliminare in via definitiva
le infiltrazioni, mentre il ricorso ex art. 700 cod. proc.

civ.

presentato nel 2001 era stato correttamente respinto per avere a oggetto
un Lacere

l’esecuzione dei lavori – diverso dal petitum azionato con la

causa di merito.
Era precisato che i danni da liquidare non riguardavano
l’appartamento di Angelo Pandrea, rimasto contumace in appello, atteso
. che la relativa domanda era stata formulata soltanto in sede di
precisazione delle conclusioni di tale giudizio.
Era escluso il rimborso delle spese di locazione sostenute dalla
Papandrea, perché non provate e comunque non dovute a stregua delle
pattuizioni di cui al contratto di appalto.
Per quanto riguardava la rimozione di attrezzature e materiali,
lasciati dal Briguglio e che sarebbero stati rimossi soltanto nel
3

25%, a carico dei committenti i quali, pur avendo incaricato – dopo

successivo corso del giudizio di appello secondo quanto riferito
dall’appellante, la domanda di risarcimento dei danni era respinta sul
rilievo che l’appaltatore aveva il diritto di ritenzione fino alla
definizione del giudizio, che nessuna prova era stata offerta del danno

del lastrico solare che i proprietari avrebbero fatto in corso di causa
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Briguglio
sulla base di quattro motivi.
Resistono con controricorso Carmela Letizia Papandrea Giuseppina
Papandrea, Domenica Papandrea proponendo ricorso incidentale affidato a
sei motivi.
Itcontraddittorio è stato integrato nei confronti di Angelo Papandrea.

MOTIVI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE
l.- Il primo motivo, lamentando violazione ex art. 360 n. 3 in relazione
agli artt. 696 e 345 cod. proc. civ., deduce l’inammissibilità
dell’accertamento tecnico preventivo volto alla verifica dello stato
. attuale dell’immobile, che non poteva essere imputabile al ricorrente
quanto piuttosto alla incuria dei committenti ; nonostante che la stessa
sentenza impugnata avesse fatto riferimento al rigetto da parte del
tribunale del ricorso di urgenza che avrebbe avuto un oggetto diverso e
non strumentale rispetto alla domanda, si era consentito alle istanti di
procedere ai lavori di sistemazione e completamento nonchè di protezione
dell’immobile da infiltrazioni, e così si era consentito di introdurre
4

arrecato dai materiali ivi depositati e circa la diversa utilizzazione

domande nuove rispetto a quelle originarie, posto che la richiesta di
ripristino postulava una domanda di adempimento che non era stata mai
formulata dalle istanti che avevano agito per la risoluzione del
contratto.
2.- Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt. art. 360 n. 3 cod. proc. civ., 1460 cod.civ. in relazione all’art.
1455 cod.civ., censura la sentenza laddove aveva ritenuto prevalente
l’inadempimento di esso ricorrente e nella misura soltanto del 25% quello
imputabile ai committenti, quando questi ultimi, pur abitando in loco e
potendo notare i danni, non avevano provveduto alla ultimazione dei
lavori. Osserva che la Corte di appello,

pur avendo affermato che

secondo la consulenza di primo grado i lavori erano stati eseguiti a
regola di arte, poi se ne era discostata. Richiama i principi in materia
di adempimento delle obbligazioni, facendo rilevare come il Briguglio
fosse da considerare la parte adempiente.
3.- Il terzo motivo, lamentando difetto di esame e di carenza logica
nella motivazione, censura la sentenza impugnata che, dopo avere rilevato
il comportamento fatalista e inerte dei committenti, aveva poi motivato
, in modo diverso in base a tre accertamenti che avevano concluso in modo
diverso dal consulente nominato in primo grado, l’ing. Passaniti, quando
poi si trattava sempre dello stesso accertamento eseguito dall’ing.
Ruello, attraverso il quale erano state introdotte domande nuove.
Evidenzia la contraddizione in cui era incorsa la sentenza la quale, dopo
avere rilevato la esecuzione a regola di arte dei lavori verificata dall’
ing. Passaniti, aveva poi ritenuto di maggiore gravità l’inadempimento
5

dell’appaltatore sulla scorta di quanto esposto dall’ ing. Ruello, quando
la sospensione dei lavori era stata determinata dal mancato pagamento
degli acconti da parte dei committenti.
4.- Il quarto motivo, denunciando contraddittoria motivazione ed errore

. del danno erano stati quantificati i lavori relativi all’appartamento di
Angelo Papandrea, pur avendo la sentenza impugnata ritenuto che non era
stata formulata domanda per i danni subiti dall’appartamento di
quest’ultimo.
RICORSO INCIDENTALE
l. Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt. 1460,1455,1227,1375 1219, 2697 cod. civ. nonché insufficiente e
contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi, censura
la sentenza laddove aveva ritenuto la incidenza dell’inadempimento
ascrivibile al Briguglio nella misura del 75% e il residuo a carico dei
committenti.
a) Dopo avere richiamato quanto emerso e accertato dalla Corte circa
l’inadempimento dell’appaltatore all’obbligazione principale posta a suo
carico e, quanto alle obbligazioni collaterali, alla illegittima
sospensione dei lavori, si censura la sentenza laddove aveva ritenuto
legittima l’eccezione di inadempimento sollevata dal convenuto in
relazione alla mancata corresponsione degli acconti richiesti senza che
l’obbligazione inadempiuta fosse certa e determinata – in assenza di
stati di avanzamento o di comunicazione di avvenuta esecuzione dell’opera
e che il medesimo avesse messo in mora le committenti le quali
6

essenziale, censura la sentenza impugnata laddove nella determinazione

avevano comunque offerto la prestazione dovuta nonostante

difetti costruttivi delle opere che rendevano l’appaltatore inadempiente.
B) Censura la sentenza laddove aveva ravvisato il concorso di colpa nella
misura del 25% dei committenti senza tenere conto che i medesimi non
avrebbero potuto effettuare alcuna opera, in quanto avrebbero alterato lo
stato dei luoghi pregiudicando l’esito della causa; dopo l’espletamento
dell’accertamento tecnico preventivo ebbero a effettuare i lavori.
La Corte non aveva tenuto conto

che, a causa delle ingombranti

attrezzature e dei pesanti macchinari
Briguglio, i committenti

lasciati volutamente dal

si erano trovati nell’impossibilità di

effettuare i lavori, secondo quanto risultato dalla fotografie della
consulenza Ruello, tant’ è vero che per oltre un decennio avevano
tentato giudizialmente e stragiudizialmente di ottenere la liberazione
dell’immobile al fine di eseguire opere di salvaguardia. Richiama i
principi in tema del concorso di colpa e della diligenza esigibile dal
creditore danneggiato ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.
2.- Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione
dell’art. 1460 cod. civ. nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione circa fatti controversi e decisivi, censura la sentenza per
avere condannato il Briguglio alla restituzione soltanto della somma di
lire 10.000,00 nonostante i danni arrecati all’intero edificio dalle
opere viziate e male eseguite. La condanna era erronea perché teneva
conto della decurtazione del 25% ed era in contrasto con quanto
affermato in motivazione a proposito dell’obbligo di restituzione da
parte dei committenti della ulteriore somma versata in esecuzione della

7

i gravi

sentenza di primo grado.
3.- Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt.1152, 2043 e 832 cod. civ.,42 e 44 Cost. nonché illogicità e
contraddittorietà della motivazione, censura la sentenza laddove aveva

aveva riguardato non soltanto il lastrico solare – come erroneamente
ritenuto dalla Corte – ma anche gli appartamenti nei quali erano ubicati
attrezzature e macchinari, denunciando l’erroneità e la contraddittorietà
della sentenza laddove aveva fatto riferimento a un inesistente diritto
di ritenzione da parte dell’appaltatore, diritto che comunque avrebbe
impedito l’esecuzione dei lavori da parte dei committenti. Tale condotta
era lesiva del diritto di proprietà.
4.- Il quarto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt. 2697, 2043 cod. civ. e 112 cod. proc. civ. nonché illogicità e
contraddittorietà della motivazione, lamenta il mancato rimborso delle
spese di locazione sostenute da essa ricorrente incidentale, comprovate
dal deposito del contratto allegato all’atto di appello e di quanto
accertato e provato attraverso la consulenza redatta dall’ing. Ruello,
mentre il richiamo alle pattuizioni contrattuali era da considerare
inconferente.
5.- Il quinto motivo lamenta omessa pronuncia o difetto di motivazione nel caso si intendesse il rigetto implicito – in merito alle altre
domande con le quali con l’appello erano stati chiesti i danni derivanti
dalla immotivata sospensione dei lavori, dalla violazione delle
condizioni contrattuali, i danni irreversibili all’immobile quantificati
8

respinto la domanda di danni derivanti dall’illegittima occupazione che

in euro 200.000,00, la penale di euro 50.000,00 e la restituzione delle
somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado; il danno non
patrimoniale.
6.- Il sesto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92

Vanno esaminati congiuntamente i motivi del ricorso principale e di
quello incidentale con riferimento alle questioni oggetto comune delle
rispettive censure (di segno opposto).
A) RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI APPALTO PER INADEMPIMENTO
DELL’APPALTATORE E CONCORSO DI COLPA ADDEBITATO AI COMMITTENTI NELLA
MISURA DEL 25%.
A.1) Il

secondo e il

terzo motivo del ricorso principale sono

infondati, mentre va accolto il primo motivo del ricorso incidentale,
peraltro nei /imiti di cui si dirà.
a) Occorre premettere, che nei contratti con prestazioni corrispettive il
giudice del merito, in caso di inadempienze reciproche, deve pronunciare
la risoluzione, ai sensi dell’art. 1453 cod. civ., addebitandola attraverso una valutazione unitaria delle rispettive condotteesclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento
prevalente, abbia alterato il nesso di interdipendenza che lega le
obbligazioni assunte mediante il contratto e perciò dato causa al
giustificato inadempimento dell’altra parte. Pertanto non è possibile
imputare a entrambe le parti la risoluzione e tanto meno quindi stabilire
una concorrente responsabilità con un diverso contributo causale .
In realtà, il concorso di colpa al quale ha fatto riferimento la sentenza
9

cod. pro civ.) denuncia la erronea compensazione delle spese processuali.

impugnata, deve intendersi riferito all’aggravamento dei danni che, ai
sensi dell’ art.1227 secondo comma cod. civ., la condotta del creditore
aveva provocato, secondo quanto risulta dalla motivazione dalla sentenza
laddove ha descritto il comportamento imputato agli attori ( si rinvia

b) Nell’addebitare la risoluzione del contratto di appalto alla condotta
del convenuto, la sentenza impugnata ha ritenuto il grave inadempimento
dell’appaltatore , il quale non soltanto ebbe a eseguire opere affette
da gravi difetti ma – lamentando la mancata corresponsione degli acconti
pattuiti – lasciò il cantiere senza adottare quelle misure tecniche
elementari che, in considerazione della qualità professionale del
convenuto, i principi di buona fede e correttezza avrebbero imposto a
salvaguardia dell’interesse della controparte, che evidentemente sarebbe
stata pregiudicato dall’abbandono del cantiere, le cui conseguenze erano
ragionevolmente prevedibili.
Orbene, nei contratti a prestazioni corrispettive l’eccezione di
inadempimento che è una forma di autotutela, con cui la parte non
inadempiente intende stimolare l’adempimento di controparte, deve essere
conforme ai principi di buona fede : la sospensione della prestazione
deve, da un canto, essere circoscritta alla sua finalità e dall’altro non
deve essere esercitata in danno della controparte.
Se non è necessaria la preventiva messa in mora o la diffida ad
adempiere nei confronti del debitore (nella specie i committenti) per
fare valere l’ eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., la
stessa – la quale, in via generale, presuppone che le reciproche
IO

l’esame al par. c)

prestazioni siano contemporaneamente dovute – è opponibile anche alla
parte che debba adempiere entro un termine diverso e successivo, a fronte
di un evidente pericolo di perdere la controprestazione, avendo essa già
dimostrato di non essere in grado di provvedere ai propri obblighi: nella

– il compimento a regola di arte dell’opera da parte l’appaltatore
presuppone la sua ultimazione, momento rispetto al quale soltanto può
verificarsi l’inadempimento o meno dell’appaltatore – la gravità dei vizi
delle opere eseguite non a regola di arte dei lavori rendeva legittima da
parte dei committenti la sospensione del pagamento degli acconti.

Peraltro, il mancato adempimento dell’obbligazione di pagare gli acconti
da parte dei committenti è stata ritenuta comunque circostanza

non

decisiva nel senso che, pur procedendo alla comparazione delle rispettive
condotte, la sentenza, con valutazione riservata al giudice di merito e
incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione da
cui la sentenza è immune, ha comunque addebitato la risoluzione del
contratto alla ( ritenuta prevalente) responsabilità dell’appaltatore, il
quale sospese le opere – di cui peraltro era accertata l’esecuzione non a
regola di arte – lasciando il cantiere con attrezzature e materiali ivi
depositate, come si è detto, senza l’adozione di quelle misure tecniche
elementari che avrebbero impedito il verificarsi dei danni determinati
dagli agenti atmosferici.
Deve

escludersi

la

denunciata

(dal

ricorrente

principale)

contraddittorietà della sentenza impugnata in merito alla esecuzione dei
lavori: i Giudici hanno ritenuto che le conclusioni alle quali era
11

specie, pur essendo previsti termini diversi per le relative prestazioni

pervenuta la consulenza tecnica disposta in primo grado, in aderenza
alle quali il tribunale aveva respinto la domanda degli attori, erano
contraddette e, quindi, superate dalle diverse risultanze di quella
svolte in secondo grado, che erano condivise dai Giudici di appello :

– l’erroneità degli elaborati redatti dall’ing. Ruello, sui quali la Corte
aveva fondato il proprio convincimento.
c) Per quel che concerne il concorso di colpa, posto a carico dei
committenti nella misura del 25% che, per quel che si è detto, si
riferisce all’aggravamento dei danni ( la cui trattazione si anticipa qui
per completare l’esame dei motivi in oggetto che formulano censure
congiunte sulla risoluzione e sulla misura del suddetto concorso, salvo
poi quanto si dirà più estesamente infra sub B ), è stata ritenuta
l’inerzia colposa dei committenti che avrebbero lasciato trascorrere un
decennio prima di eseguire i lavori, avendo chiesto soltanto nel 2006 l’
accertamento tecnico preventivo.
Orbene, va innanzitutto chiarito che il dovere di correttezza e di
normale diligenza imposto al danneggiato dall’art 1227,secondo comma,
cod. civ. non lo obbliga a svolgere attività che, pur nel fine lecito di
contenere l’iter evolutivo dei danni, incidano sulla situazione dei
luoghi in senso modificativo o sostitutivo di opere e cose comunque
connesse geneticamente alla precedente azione od omissione dell’autore
dello illecito.
La Corte di appello non sembra avere sufficientemente considerato alcune
circostanze,

che invece dovevano assumere valore decisivo

nella
12

eventualmente, la censura avrebbe dovuto avere a oggetto e dimostrare

valutazione della condotta tenuta dalla parte committente,ovvero
1) se la effettuazione dei lavori avrebbe alterato lo stato dei luoghi,
così precludendo l’accertamento dei vizi e dei danni che poi sono stati
verificati soltanto con le indagini svolte in secondo grado che

2)

la presenza o meno di materiali e/o attrezzature lasciati

dall’appaltatore tali da impedire comunque l’effettuazione dei lavori,
tanto più che nella sentenza – in cui pure si fa riferimento a tale
presenza e all’avvenuta liberazione soltanto nel successivo corso del
giudizio di appello (nel 2004)- si afferma un diritto di ritenzione a
favore

dell’appaltatore,

che certamente doveva considerarsi

insussistente ai sensi dell’art. 1152 cod. civ., posto il diritto
sancito da tale norma a favore del possessore di buona fede, essendo un
mezzo di autotutela di natura eccezionale, non è applicabile in via di
analogia a casi che non siano contemplati dalla legge, e non puo quindi
essere esercitato dall’appaltatore rispetto alle opere da lui costruite

su suolo del committente ;
3) la complessiva condotta tenuta dai committenti ovvero le iniziative
intraprese dai medesimi i quali, dopo avere incaricato in via
stragiudiziale un tecnico per l’accertamento dei lavori offrendo la somma
dal medesimo quantificata e rifiutata dall’ appaltatore, avevano iniziato
il presente giudizio, nel quale era espletata consulenza tecnica ( nel
giudizio di primo grado) rivelatasi come detto erronea, mentre ebbero a
chiedere

ripetutamente la liberazione dell’immobile ancora detenuto

dall’appaltatore.
13

ribaltarono quelle effettuate in prime cure e rivelatesi erronee;

B)RISARCIMENTO DEI DANNI POSTI A CARICO DELL’APPALTATORE E CONDANNA DEI
COMMITTENTI AL PAGAMENTO DI PARTE DEL CORRISPETTIVO DOVUTO.
B.1) Deve ritenersi fondato il primo motivo del ricorso principale nei
/imiti

di

cui si

dirà e il secondo motivo di quello incidentale

per

1) Va innanzitutto disattesa la censura sollevata con il primo motivo del
ricorso principale nella parte in cui denuncia la inammissibilità
dell’accertamento disposto ai sensi dell’art. 696 cod. proc. civ., che è
un mezzo di istruzione preventiva che può essere ammesso anche nel corso
del giudizio di appello: la valutazione del requisito dell’urgenza e
della rilevanza è riservata al giudice del merito, il cui apprezzamento,
concretandosi in una indagine di fatto, non è censurabile in sede di
legittimità. Alla luce dei principi costituzionali che garantiscono la
tutela in giudizio del proprio diritto e la ragionevole durata del
processo, l’ambito dell’accertamento tecnico preventivo comprende ed
include tutti gli elementi conoscitivi considerati necessari per le
valutazioni che dovranno essere effettuate nel giudizio di merito; deve,
pertanto, ritenersi consentito al giudice, in sede di accertamento
tecnico preventivo, demandare al consulente indagini anche concernenti
cause ed entità del danno lamentato, purché dette indagini risultino
compatibili con le finalità cautelari del provvedimento (Cass.
19563/2009).
2)

Peraltro, a prescindere dal riferimento all’accertamento tecnico

preventivo e all’inammissibile introduzione di domande nuove in appello,
il complessivo esame del suddetto motivo evidenzia come il ricorrente
14

quanto sarà infra precisato.

principale abbia comunque inteso denunciare che la sentenza aveva accolto
una domanda di adempimento ovvero di esecuzione del contratto, pur avendo
gli attori chiesto i danni derivanti da inadempimento contrattuale
conseguente a risoluzione del contratto di appalto.

e l’oggetto della denuncia ovvero del vizio da cui la sentenza è
risultata affetta.
Ciò premesso, i Giudici hanno pronunciato la risoluzione del contratto
per colpa dell’appaltatore e poi liquidato a favore dei committenti i
danni, peraltro, quantificandoli negli importi necessari evidentemente
per la ultimazione ed esecuzione a regola di arte dei lavori che avevano
formato oggetto dell’appalto secondo quanto determinato dal supplemento
di consulenza depositato il 6-12-2006 a seguito di istanza con cui
l’appellante aveva chiesto la quantificazione del costo complessivo
quantificato in euro 39-267,89 per le opere di

ripristino dell’immobile

( pagg. 9 e 11 del controricorso), del resto corrispondenti a quelle
descritte nel quarto motivo del ricorso principale ; ha condannato i
committenti a restituire soltanto parte della somma corrisposta
all’appaltatore.
Tale statuizione è erronea.
In tema di appalto, il risarcimento del danno che consegue alla
risoluzione del contratto pronunciata ai sensi dell’art. 1453, primo
comma, cod. civ., non può avere natura di reintegrazione in forma
specifica, nel senso che non può essere disposto il ripristino della
situazione esistente anteriormente all’esecuzione del contratto
15

La formulazione del motivo è dunque idonea a fare comprendere la portata

derivante dalla risoluzione (art. 1458 cod. civ.) e, contemporaneamente,
anche la realizzazione di quella che sarebbe conseguita all’esatto
adempimento del medesimo, determinandosi altrimenti un illegittimo
duplice beneficio conseguente dalla restituzione di ciò che si è dato e

Cass. 8889/2011).
Nella specie, in cui l’appaltatore aveva sospeso ì lavori non eseguiti a
regola di arte, lasciandoli incompleti e ed esposti agli agenti
atmosferici senza l’adozione delle necessarie precauzioni, il danno
risarcibile a favore dei committenti derivava dalle conseguenze
pregiudizievoli determinate dalla situazione in cui era stato
abbandonato il cantiere e nel maggior costo che l’esecuzione dell’appalto
avrebbe comportato – rispetto a quello a suo tempo pattuito – per il
rifacimento dei lavori male eseguiti e

la eliminazione dei danni nel

frattempo provocati: peraltro, il danno non avrebbe potuto concretarsi
nel costo necessario per l’esecuzione della prestazione dovuta in base al
contratto risolto,.
3) Per quel che concerne il secondo motivo del ricorso incidentale, la
risoluzione del contratto e gli effetti restitutori conseguenti avrebbero
comportato, a stregua di quanto detto sopra, che il corrispettivo dovuto
all’appaltatore non fosse dovuto, salvo il compenso per quelle opere che
siano state ritenute comunque utilizzabili dai committenti in quanto ne
avessero tratto vantaggio : ma tale indagine non è stata in alcun modo
compiuta dai Giudici, í quali si sono limitati a condannare l’appaltatore
a restituire parte soltanto della somma corrisposta dai committenti.
16

dal conseguimento dell’utilità che l’adempimento avrebbe determinato (

Il motivo, pertanto, merita accoglimento relativamente alla censura di
tale statuizione che si è rivelata erronea.
In relazione alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della
sentenza impugnata, il motivo è invece assorbito, in quanto l’eventuale

‘ giudizio.
B.2) Va accolto il quarto motivo del ricorso principale, che ha censurato
la liquidazione dei danni relativi all’appartamento di Angelo Papandrea e
che effettivamente risultano compresi nella somma determinata in
sentenza.
Con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado
effettivamente la domanda era stata proposta anche da Angelo Papandrea,
il quale aveva agito per ottenere pure i danni relativi al suo
appartamento ma la domanda degli attori fu rigettata in primo grado con
sentenza che non venne impugnata dal predetto che rimase contumace in
appello.
In assenza dell’appello da parte del soggetto che era in via esclusiva
legittimato, la domanda in virtù del principio devolutivo non poteva
essere esaminata dai Giudici di appello che non ne erano stati investiti,
non essendo – in mancanza di uno specifico mandato- la sorella
legittimata a proporla per il fratello. Nè, d’altra parte, potrebbe
invocarsi l’effetto espansivo che opera nel caso di domande e di
statuizioni fra loro dipendenti, atteso che nella specie si tratta di
domanda autonoma.
8.3) Il terzo e il quinto motivo del ricorso incidentale sono assorbiti,
17

provvedimento dovrà essere preso dal giudice di rinvio all’esito di quel

in quanto le questioni ivi prospettate – danni subiti dalla ricorrente
conseguenti alla condotta tenuta dall’appaltatore ( per quanto riguarda
la posizione di Angelo Papandrea si richiama quanto si è detto a
proposito del quarto motivo del ricorso principale) – dipendono dagli

sopra sub – lett. b .
B.4) Il quarto motivo del ricorso incidentale è fondato, essendosi
rivelate erronee le motivazioni con le quali i Giudici hanno disatteso la
richiesta di rimborso delle spese sostenute dalla Papandrea per la
locazione di un appartamento. Ed invero, la sentenza non ha esaminato la
produzione del contratto di locazione allegato all’atto di appello e
preso in esame dal c.t.u. nominato in secondo grado, senza peraltro
formulare alcun rilievo sull’ammissibilità o meno di tale documento,
mentre del tutto erroneo appare il riferimento alle previsioni
contrattuali quando il credito azionato trovava fondamento nella pretesa
risarcitoria determinata dalla condotta inadempiente tenuta
dall’appaltatore che non aveva rispettato i termini di consegna pattuiti.
C) Il sesto motivo del ricorso incidentale è assorbito, essendo la
regolamentazione delle spese processuali rimessa all’esito del giudizio
di rinvio: infatti, la cassazione anche parziale della sentenza impugnata
comporta la caducazione delle consequenziali statuizioni sulle spese
processuali.
Pertanto, vanno accolti il primo motivo del ricorso principale per quanto
in motivazione nonché il quarto mentre vanno respinti il secondo e il
terzo; vanno accolti il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale
18

accertamenti che il giudice di rinvio dovrà compiere e di cui si è detto

per quanto in motivazione nonché il quarto, mentre sono assorbiti gli
altri.
La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio,
anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di

P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale per quanto in motivazione
nonché il quarto, rigetta il secondo e il terzo; accoglie il primo e il
secondo motivo del ricorso incidentale per quanto in motivazione nonché
il quarto, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione
ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad
altra sezione della Corte di appello di Messina
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 ottobre 2013
Il Cons. estensore

Il Presidente

appello di Messina.

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