Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27297 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 24/10/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 24/10/2019), n.27297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 18387 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

A.S.T. s.n.c. dei F.lli B., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso,

dagli Avv.ti Marco Miccinesi e Francesco Pistolesi, elettivamente

domiciliata in Roma, Viale Luigi Liegi, n. 32, presso lo studio

dell’Avv. Marcello Clarich;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi,

n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, n. 1797/7/2015, depositata il giorno 29

aprile 2015;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno

2019 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

Fatto

RILEVATO

che:

dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle dogane aveva notificato a A.S.T. s.n.c. dei F.lli B. un avviso di accertamento con il quale, relativamente al periodo 1 marzo 1999 – 29 febbraio 2012, aveva contestato l’importazione di carburante dal territorio extracomunitario di Livigno in quantità superiore a quella ammissibile in franchigia, ai sensi del Reg. (Ce) n. 1186 del 2009, art. 107, e richiesto, di conseguenza, maggiori diritti a titoli di accisa e Iva all’importazione; avverso il suddetto atto impositivo aveva proposto ricorso la società contribuente che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Sondrio; avverso la pronuncia del giudice di primo grado la società aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: la definizione del concetto di “serbatoio normale” contenuta nel Reg. n. 1186 del 2009, art. 107, di stretta interpretazione in quanto relativa ad un regime di esenzione dei dazi doganali, individua come condizione essenziale il fatto che i serbatoi devono essere necessariamente fissati su tutti i veicoli del medesimo tipo; sotto tale profilo, era irrilevante la questione se la qualificazione di “serbatoio normale” fosse da riferirsi al momento del primo allestimento dell’autoveicolo, oppure a quello della vendita e prima immatricolazione, in quanto non risultava sussistente nella fattispecie la condizione essenziale sopra indicata, non essendo stata fornita la prova dalla società contribuente che il serbatoio supplementare installato costituisse dotazione di tutti gli autoveicoli dello stesso tipo di quello utilizzato; non sussisteva alcuna violazione del principio di ragionevolezza e di capacità contributiva nè del legittimo affidamento della società contribuente, non rinvenendosi alcun comportamento dell’amministrazione doganale che avrebbe potuto ingenerare il sorgere di legittime aspettative, anche relativamente alla richiesta di pagamento degli interessi moratori;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso A.S.T. s.n.c. dei F.lli B., affidato a due motivi di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del Reg. Ce n. 1186 del 2009, art. 107, e della Dir. 2004/74/Ce, art. 11, per non avere correttamente interpretato il concetto di “serbatoi normali” alla luce del contenuto delle suddette previsioni normative, dovendosi considerare in esso rientranti i serbatoi effettivamente installati sull’automezzo al momento del primo acquisto e della prima immatricolazione del veicolo e coincidenti con quelli che il costruttore prevede di montare sul medesimo modello e rientranti, quindi, nel range di caratteristiche e capienza installabile dal costruttore su un determinato tipo di veicolo, mentre sarebbe errato ritenere che la suddetta nozione sia limitata ai soli serbatoi originariamente montati dal costruttore;

in particolare, parte ricorrente evidenzia che, al fine di interpretare correttamente la nozione in esame, dovrebbe essere presa in considerazione la capienza del serbatoio compresa tra il minimo ed il massimo previsto dal costruttore per un dato modello, ed in questo ambito, considerare l’installazione fino al momento dell’immatricolazione;

il motivo è infondato;

il Reg. (CE) 16 novembre 2009, n. 1186 del 2009, art. 107, ha previsto, nell’ambito della disciplina di casi speciali in cui l’importazione può essere effettuata beneficiando di un regime di franchigia che esonera le merci dall’applicazione dei dazi all’importazione cui sarebbero normalmente soggette, che è ammesso in franchigia dai dazi all’importazione, fra l’altro, il carburante contenuto nei serbatoi normali degli autoveicoli commerciali che entrano nel territorio doganale della Comunità;

lo stesso articolo, inoltre, ha precisato che si intendono per “serbatoi normali”: “i serbatoi che sono fissati in modo stabile dal costruttore su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo del veicolo considerato e la cui sistemazione permanente consente l’utilizzazione diretta del carburante, sia per la trazione dei veicoli sia, all’occorrenza, per il funzionamento, durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione e degli altri sistemi”;

circa la interpretazione della nozione in esame, la Corte di giustizia (03/12/1998, n. 247/97, Transports A.M. Schoonbroodt SPRL), ha ricordato, in primo luogo, che, quando emana norme che concedono sospensioni di dazi doganali, il Consiglio deve tener conto delle esigenze della certezza del diritto e delle difficoltà alle quali devono far fronte le amministrazioni doganali nazionali (sentenza 18 marzo 1986, causa 58/85, Ethicon, Racc. pag. 1131, punto 12) sicchè siffatte disposizioni devono essere interpretate restrittivamente, conformemente alla loro formulazione, pertanto non possono essere applicate, in contrasto con il loro tenore letterale, a prodotti che non sono da esse menzionati (sentenza 12 dicembre 1996, cause riunite da C-47/95 a C-50/95, C-60/95, C81/95, C-92/95 e C-148/95, Olasagasti e a., Racc. pag. 1-6579, punto 20);

partendo da tale linea interpretativa, ha quindi precisato che la formulazione della definizione di “serbatoi normali” figurante sia al Reg. n. 918 del 1983, art. 112, n. 2, lett. c), come modificato dal Reg. n. 1315 del 1988, sia alla Dir. n. 298 del 1968, come modificato dalla Dir. n. 347 del 1985, è chiara: per costituire oggetto di una siffatta qualifica, tali serbatoi devono essere, in particolare, fissati dal costruttore e su tutti i veicoli o contenitori del medesimo tipo;

è proprio sulla linea dei principi espressi dalla Corte di giustizia che si è pronunciata la sentenza del giudice del gravame;

nella motivazione in esame, in particolare, viene posta particolare attenzione al profilo relativo alla necessità che i serbatoi siano fissati su tutti i veicoli o contenitori dello stesso tipo ed ha precisato che la questione prospettata dalla contribuente, relativa al momento in cui erano stati installati nell’autoveicolo, ribadita anche con il presente motivo di ricorso, non risultava decisiva, posto che non era stata data la prova, il cui onere gravava sulla contribuente, trattandosi di far valere un diritto ad una agevolazione, che il serbatoio complementare risultasse come dotazione su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo di quello di cui trattasi;

in sostanza, il giudice del gravame ha ritenuto che non era stata data alcuna prova che gli ulteriori serbatoi installati potessero essere conformi alla tipicità progettuale e costruttiva prefissata dallo stesso costruttore e da individuarsi mediante la denominazione del modello nella scheda tecnica;

la suddetta considerazione è corretta, in quanto il concetto di tipicità deve essere valutato in relazione a quanto corrisponde, per identità di caratteristiche tecniche, al modello predeterminato dal costruttore;

sotto tale profilo, correttamente il giudice del gravame ha valutato l’irrilevanza della questione del momento in cui è avvenuta l’installazione: nella fattispecie, non è questione del quando l’installazione sia avvenuta, ma di cosa sia stato installato, profilo da definirsi alla luce delle specifiche caratteristiche tecniche predeterminate dal costruttore per ciascun modello di autoveicolo realizzato;

questa ratio decidendi della pronuncia in esame non è stata in alcun modo presa in considerazione con il presente motivo di censura, nuovamente incentrato su di una questione, il momento della istallazione dei serbatoi sull’autoveicolo, la cui rilevanza ai fini della decisione è stata esclusa dal giudice del gravame;

sicchè, anche l’argomento utilizzato con il presente motivo, in ordine alla ritenuta unicità di interpretazione della nozione di “serbatoi normali” posta a fondamento delle decisioni della Corte di Giustizia C-247/97 e C-152/13, al fine di sostenere la tesi della estensibilità della nozione anche alle ipotesi di installazione fino al momento dell’immatricolazione, è parimenti privo di rilevanza;

per completezza, va comunque precisato che il contenuto delle pronunce in esame non è utilizzabile in modo unitario, atteso il diverso campo in cui le stesse sono intervenute e la distinta finalità della disciplina cui le stesse hanno fatto riferimento: la prima pronuncia, invero, ha avuto riguardo al regime delle importazioni da territorio extracomunitario, e dunque finalizzato alla tutela dell’economia comunitaria, mentre la seconda era relativa al regime della movimentazione intracomunitaria, interpretando in termini più estensivi, in quest’ultimo caso, il concetto di “serbatoio normale” con specifico riferimento alla finalità perseguita dal legislatore unionale con la Dir. 2003/96/Ce, art. 24, paragrafo 2, che è quella di garantire la libera circolazione delle merci al fine di escludere il verificarsi di doppie imposizioni;

sotto tale profilo, è da escludere che sussistano i presupposti per una rimessione alla Corte di giustizia di una questione pregiudiziale interpretativa, come invece richiesto dalla ricorrente, in quanto il quesito prospettato attiene ad una questione, quella della individuazione del momento in cui viene ad essere installato il serbatoio, che, come detto, è stato correttamente ritenuto irrilevante dal giudice del gravame;

in ogni caso si osserva che la pronuncia della Corte di giustizia C247/97, sopra citata, ha chiaramente precisato la necessità di procedere ad una interpretazione restrittiva della nozione in esame, e la stessa ha, altresì, chiarito, con la pronuncia C-152/13, la diversità dell’ambito di riferimento di quest’ultima rispetto a quanto precisato dalla precedente;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2, nonchè dei principi generali di affidamento e di buona fede, per non avere ritenuto che, per quattro annualità, il veicolo era stato sottoposto al controllo della Guardia di finanza senza che fosse mai stato sollevato alcun addebito, sicchè doveva ritenersi che tale comportamento avesse ingenerato nella contribuente un affidamento legittimo sulla correttezza del proprio operato;

il motivo è infondato;

la L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, tutela il legittimo affidamento del contribuente quando lo stesso si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria o quando sussista un comportamento di fatto (ritardo, omissione o errore) dell’amministrazione stessa da cui sia derivato il comportamento del contribuente;

dunque, la previsione normativa prevede che la situazione di affidamento sia strettamente connessa ad un atto della pubblica amministrazione ovvero ad una situazione fattuale ascrivibile all’Amministrazione che, per potere fondare la sussistenza di una situazione tutelabile del contribuente, deve costituire la causa della condotta illecita, nel senso che deve essere riscontrabile un nesso di causalità diretta tra il “fatto”, riferibile al caso concreto, ed il comportamento del contribuente;

più in particolare, in quest’ultima ipotesi, la tutela del comportamento in buona fede del contribuente non è connessa ad un affidamento suscitato da una precedente attività, ma da una “inerzia” dell’amministrazione, che, nei casi di “omissione”, potrebbe essere ricondotta al fenomeno della c.d. tolleranza amministrativa che può essere definita come lo stato di inerzia dell’Amministrazione finanziaria nel caso di conoscenza dell’inadempimento degli obblighi fiscali da parte del contribuente;

ciò precisato in termini generali, va osservato che il giudice del gravame ha, in primo luogo, precisato che non vi è stato, nella fattispecie, alcun comportamento attivo dell’amministrazione doganale neppure sotto il profilo di una condotta apparente tale da ingenerare nella società contribuente il ragionevole affidamento della spettanza della franchigia daziaria;

con riferimento, poi, all’eventuale situazione fattuale, ha precisato che l’accertamento è conseguito solo dopo una indagine mirata presso la casa costruttrice mancando sui documenti di circolazione dei veicoli dati opportuni per risalire ai c.d. serbatoi normali;

tale precisazione assume particolare rilievo, in quanto implica che la “conoscenza” da parte dell’amministrazione doganale della violazione tributaria è stata conseguente ad una attività di verifica ispettiva presso la casa costruttrice, non avendo, quindi, fino a quel momento alcun elemento per potere muovere contestazioni nei confronti della contribuente;

ciò esclude che possa ritenersi, come invece viene argomentato con il presente motivo di censura, che il comportamento fattuale dell’amministrazione doganale, protrattosi per un certo periodo di tempo, abbia potuto ingenerare l’affidamento incolpevole della contribuente, non essendo i controlli protratti per quel tempo caratterizzati da una condizione di conoscenza della violazione tributaria e, quindi, valutabile in termini l’idoneità del comportamento amministrativo ad essere equiparato ad una determinazione tacita, idonea, quindi, a giustificare il legittimo affidamento del contribuente;

in conclusione, il primo e secondo motivo sono infondati, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessive Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

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