Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27296 del 05/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27296 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 31826-2007 proposto da:
COMUNE di BASSANO DEL GRAPPA 00168480242, in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, LARGO ANTONIO SARTI 4, presso lo studio
dell’avvocato CAPPONI BRUNO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BRUSADIN SERGIO;
– ricorrente –

2013
2189

contro

LORENZETTO ANNALISA LRNNLS49R59A515Z, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA 9, presso lo studio
dell’avvocato RICCI ROSELLINA, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 05/12/2013

difende unitamente agli avvocati ROCCHI ANTONELLA,
MAGNABOSCO PAOLO;
– controricorrente nonchè contro

BONOTTO MARIA GIOVANNA;

avverso la sentenza n. 1639/2006 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 20/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato SERGIO BRUSADIN difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato ANTONELLA ROCCHI difensore della
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– intimata –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.-

Con atto di citazione notificato il 1 ° aprile 1996 Annalisa

Lorenzetto conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Bassano del
Grappa il Comune di quella città esponendo che :

dichiarato Rolando Stecchini unico ed esclusivo proprietario, per
intervenuta usucapione, dell’immobile sito in Bassano del Grappa, censito
alla sez. A, foglio 3 lettera F, piazza dell’Angelo, costituito da
oratorio privato sotto il titolo dell’Angelo Custode, aperto al pubblico;
che alla data di notificazione dell’atto di citazione al convenuto
Girolamo Stecchini, costui era deceduto da quasi diciotto anni;
con atto 23/3/1978 – notaio Grispigni Manetti di Bassano del Grappa
(n.44.160 di rep.) – Rolando Stecchini aveva donato al Comune di Bassano
del Grappa l’immobile in questione e i beni mobili che in esso si
trovavano, donazione accettata dal Comune in data 14/12/1978 a seguito di
deliberazione consiliare del 14/7/1978;
con atto 11/4/1995 Beatrice Stecchini, unica erede di Girolamo Stecchini,
aveva ceduto ad essa attrice ogni suo diritto sui beni in questione
(“tutte le azioni ed i diritti se ed in quanto a lei spettanti
sull’immobile, nonché sugli arredi e le pertinenze di cui in premessa e
cosi come sopra donati dal signor Stecchini Rolando al Comune di Bassano
del Grappa”);
tanto premesso, l’attrice chiedeva che il Tribunale, ritenuta
l’inesistenza della sentenza emessa dal Pretore in data 21/5/1976 e la
conseguente inefficacia del successivo atto di donazione, la dichiarasse

con sentenza n.192 del 21/5/1976 il Pretore di Bassano del Grappa aveva

unica ed esclusiva proprietaria dell’oratorio privato e condannasse
l’ente convenuto a restituirle quanto indebitamente donatogli.
Il Comune di Bassano del Grappa chiedeva il rigetto della domanda.
Deduceva la nullità, per difetto di forma, dell’atto di cessione

Stecchini fu Leonardo – intestatario catastale del bene – fosse il padre
di Beatrice Stecchini (essendone realtà il bisnonno), assumendo la
propria assoluta buona fede in ordine alla sentenza di usucapione.
In via subordinata e riconvenzionale, chiedeva di essere dichiarato
proprietario dell’immobile in questione per intervenuta usucapione ex
artt.1159 o 1158 cod. cìv. e dei beni mobili ex art. 1153 o 1160/1 ° e 2 °
co. cod. civ.; in via ulteriormente subordinata, chiedeva la condanna
dell’attrice alla rifusione di tutte le spese sostenute per il restauro e
la manutenzione dell’oratorio e dei beni mobili in esso contenuti.
Provvedeva altresì, su autorizzazione del giudice istruttore, a chiamare
in giudizio Bonotto Maria Giovanna, quale unica erede di Stecchini
Rolando, nel frattempo deceduto, per essere da lei manlevato da ogni e
qualsiasi domanda formulata nei suoi confronti dall’attrice e per
ottenere dalla stessa, in caso di accoglimento della domanda, la
rifusione di tutte le spese sostenute per il restauro e la manutenzione
dell’oratorio e dei beni mobili in esso contenuti.
La Bonotto contestava sia la pretesa dell’attrice sia quella avanzata nei
suoi confronti dal convenuto, sul rilievo che il donante non aveva
assunto alcun obbligo di garanzia nei confronti del Comune.
Con sentenza del 13 ottobre 1999 il Tribunale rigettava la domanda
2

intervenuto tra Beatrice Stecchini e la Lorenzetto, negando che Girolamo

proposta dall’attrice.
Secondo il primo giudice non poteva ritenersi che intestatario del
l’immobile de quo fosse Girolamo Stecchini fu Leonardo morto nel 1958,
padre di Beatrice Stecchini; il Comune aveva in ogni caso maturato

Con sentenza dep. il 20 ottobre 2006 la Corte di appello di
Venezia, in riforma della decisione impugnata dall’attrice, accoglieva
la domanda dalla medesima proposta, dichiarando la medesima esclusiva
proprietaria del bene de quo.
Era innanzitutto disattesa la eccepita nullità dell’acquisto a
favore della Lorenzetto sul rilievo che : l’atto di cessione non poteva
configurarsi come donazione, essendo stato previsto ed era risultato
versato il corrispettivo di cui alla quietanza contenuta nel rogito, ma
semmai di negotium mixtum cum donatione

che è sottratto ai requisiti di

forma previsti per la donazione; l’oggetto del contratto era ben
individuato, mentre la formulazione della clausola relativa alla
previsione dei diritti aveva avuto la funzione di precisare la natura
controversa dell’atto di cessione e i rischi per le possibili conseguenze
da ciò derivanti.
Quindi, premesso che la sentenza del 21/5/1976 del Pretore di
Bassano del Grappa di accoglimento della domanda di usucapione a favore
di Rolando Stecchini era da ritenersi inesistente perché il giudizio era
stato celebrato nei confronti di un convenuto già deceduto, veniva
ritenuto affetto da nullità l’atto di donazione dell’immobile de quo dal
medesimo effettuato a favore del Comune, tenuto che detto bene era di
3

l’usucapione decennale.

proprietà di Beatrice Stecchini quale figlia ed unica erede di Girolamo
fu Leonardo morto nel 1958, il quale doveva considerarsi proprietario in
virtù della intestazione catastale avvenuta a suo favore protrattasi per
oltre un ventennio fino alla data del suo decesso. Al riguardo, era

Beatrice, Girolamo fu Leonardo deceduto nel 1901, tenuto conto che le
operazioni di rilevamento per la costituzione del catasto urbano del
Regno di Italia, istituito con la legge n. 3682 del 1886, iniziarono
soltanto nel 1902, cioè successivamente al decesso del predetto, e che
Leonardo figlio di Girolamo e nonno di Beatrice morì il 28-6-1908.
I Giudici rilevavano ancora che la part. 2839, intestata a
Stecchini Girolamo fu Leonardo, era riportata in base a voltura
trascritta apparentemente nel 1918, successivamente alla partita n.2838
aperta il 3-8-1917 e prima di quella n.2840 aperta il 9-4-1919, e quindi
necessariamente l’iscrizione era quanto meno contestuale al 3-8-1917,
quando il padre di Beatrice aveva 32 anni, cioè un età in cui poteva
essere acquirente dell’immobile. Mentre l’omonimia spiegava le iscrizioni
intervenute a nome di Girolamo fu Leonardo nel periodo di tempo 18721946, lo stesso Rolando Stecchini aveva identificato la persona che aveva
convenuto in giudizio nel cugino Girolamo l’intestatario del bene de
quo.
Peraltro, era respinta la domanda di usucapione decennale proposta
in riconvenzionale dal Comune per difetto di buona fede, eccepita
dall’attrice in primo grado con la memoria di replica : dopo avere
ritenuto che il requisito in questione è oggetto di una eccezione
4

escluso che intestatario potesse essere considerato l’omonimo bisnonno di

rilevabile di ufficio e che, pertanto, può essere sollevata dalla parte
anche oltre il termine di cui all’art. 183 quinto comma cod. proc. civ. ,
i Giudici – nell’evidenziare che Rolando Stecchini aveva donato
l’immobile de quo al Comune in base a sentenza di usucapione emessa in un

diciotto anni prima, ritenevano che il Comune era a conoscenza della
comproprietà della chiesa da parte degli eredi Stecchini, atteso che
predetti erano stati convocati dall’Ente nel 1975 al fine di concordare
con il Comune la donazione e consentirgli di effettuare i lavori di
restauro della chiesa, e fra questi non vi era Girolamo Stecchini fu
Leonardo morto nel 1958 ma la figlia Beatrice. D’altra parte, il decreto
del Prefetto, che aveva autorizzato la donazione a favore del Comune,
aveva fatto espresso obbligo al Sindaco di compiere preventivi
accertamenti sul diritto di proprietà e sul possesso del donante,
accertamenti che non vennero affatto compiuti, nonostante che, prima che
Rolando avesse iniziato il giudizio di usucapione, lo stesso Sindaco
avesse convocato gli eredi, senza che fra i convocati vi fosse Rolando
mentre vi era Beatrice. Poiché il Sindaco non poteva non sapere del vizio
insanabile della sentenza emessa a favore del donante, la malafede del
rappresentante si tramette ai sensi dell’art. 1391 cod. civ. all’ente
rappresentato.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Comune di
Bassano del Grappa sulla base di dodici motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’intimata.

5

giudizio instaurato nei confronti di Girolamo Stecchini fu Leonardo morto

MOTIVI DELLA DECISIONE

l.- Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt. 948,1158,2697,2727 e 2729 cod. civ., censura la decisione gravata

catastale, peraltro erroneamente ritenuta riferibile al padre di
Beatrice, e alla sua protrazione per oltre un ventennio senza che fosse
stato allegato o prodotto alcun titolo, dal quale derivasse un titolo
di acquisto a titolo derivativo idoneo a segnare presuntivamente il
momento iniziale del possesso né fosse stata data prova della intervenuta
maturazione della prescrizione acquisitiva, neppure prospettata, tanto
più che nel menzionato adempimento catastale non si faceva alcun
riferimento ad alcun atto negoziale o di accertamento.
Evidenzia come la possessi° ad usucapionem

postula non soltanto il

possesso ma anche l’esercizio animo domini, di cui non era stata offerta
alcuna prova.
2.-

Il secondo mezzo reitera il motivo sotto il profilo

della

omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto
controverso decisivo, osservando anche l’omessa esame di documentazione
da cui doveva evincersi la mancanza di possesso da parte di Stecchini
Girolamo dell’ immobile de quo.
3.-

Il terzo

motivo, lamentando violazione e falsa applicazione

dell’art. 1142 cod. civ., censura la sentenza che aveva ritenuto il
possesso intermedio facendo leva esclusivamente sul possesso remoto ovvero l’intestazione catastale (all’apparenza

risalente al 1918)6

che aveva accolto la domanda di rivendicazione in base alla intestazione

presumendo da questa la continuità e la conservazione del possesso per
oltre venti anni ovvero il possesso futuro e omettendo qualsiasi indagine
sul possesso attuale.
4.-

Il primo, il secondo, il terzo motivo – che, per la stretta

La sentenza, nell’accogliere la domanda di rivendicazione, ha ritenuto
valido l’acquisto compiuto dall’attrice sul rilievo che la venditrice era
divenuta iure bereditario proprietaria dell’immobile per successione al
genitore Girolamo Stecchini fu Leonardo deceduto nel 1958: quest’ultimo è
stato considerato a sua volta legittimo proprietario perché intestatario

connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono fondati.

catastale del bene per oltre venti anni e fino al momento della sua \
morte.
In sostanza, la questione che la sentenza ha affrontato ha avuto per
oggetto esclusivamente la identificazione del soggetto che doveva
considerarsi l’intestatario catastale del bene : avendolo individuato nel
padre di Beatrice Stecchini e avendo accertato che il medesimo era stato
per oltre venti anni intestatario catastale del bene, ha affermato
l’esistenza di un acquisto a titolo originario in forza della suddetta
intestazione.
Il convincimento dei Giudici è erroneo.
Giova solo accennare che, in tema di azione di rivendicazione, l’attore
ha l’onere di offrire la c.d. probatio diabolica, che può essere assolto
con la dimostrazione dell’acquisto del bene a titolo derivativo e della
titolarità del diritto di proprietà in capo ai precedenti danti causa,
fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, o dell’avvenuto
7

compimento in suo favore dell’usucapione.
Ciò premesso, la sentenza ha dato rilevanza alla mera intestazione
catastale dell’immobile e al suo protrarsi per oltre venti anni,
prescindendo del tutto dall’esistenza di qualsiasi titolo in virtù del

quo: conclusione questa che, oltretutto, è addirittura in contrasto con
quanto poi affermato dalla sentenza laddove, nel respingere per mancanza
di buona fede la domanda riconvenzionale del Comune di acquisto per
usucapione decennale, la Corte ha fatto riferimento alla circostanza che
il bene doveva ritenersi in comproprietà dei vari eredi Stecchini – fra i
quali anche Beatrice, figlia di Girolamo fu Leonardo morto nel 1958 – che

quale il medesimo avrebbe acquistato la proprietà esclusiva del bene de

per l’appunto vennero convocati nel 1975 per concordare le modalità ‘
9/
attraverso le quali procedere al restauro della chiesa, che il Comune
intendeva effettuare, e per autorizzare l’Ente a trasportare gli arredi
nel museo civico : dunque, ciò avrebbe dovuto escludere che il predetto
Girolamo Stecchini fu Leonardo morto nel 1958 potesse essere considerato
titolare esclusivo del bene,

che

iure

hereditarío

sarebbe stato

trasmesso alla figlia.
D’altra parte, la sentenza ha omesso qualsiasi verifica sulla esistenza
di un possesso utile ad usucapionem, possesso che evidentemente deve
estrinsecarsi in una situazione di fatto ovvero nell’esercizio sulla cosa
di un potere corrispondente al diritto di proprietà ( o di altro diritto
reale). Al riguardo, è appena il caso di rilevare come

l’intestazione catastale di un immobile, compiuta dall’ autorità
amministrativa nell’ambito di accertamenti di carattere fiscale per
8

individuare il titolare della proprietà, non comporta la dimostrazione
che l’intestatario, o gli intestatari, abbiano effettivamente esercitato
su di esso quel potere di fatto che, unitamente all’indispensabile
elemento intenzionale, è idoneo a produrre l’acquisto della proprietà per

fine richieste dalla legge.
D’altra parte, le indicazioni catastali non sono elementi decisive per
l’accertamento del diritto di proprietà.
5.- Il quarto motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un fatto controverso e decisivo, denuncia l’omesso esame
della attestazione della avvenuta intestazione catastale dell’immobile a
favore del Comune in base all’impianto del NCEU avvenuto negli anni 1937
e 1938, secondo le risultanze documentali e la deposizione del teste
Fusco, responsabile UTE di Vicenza: detta intestazione aveva da 48 anni
sostituito l’originaria.
6.- Il quinto motivo, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
su un fatto controverso decisivo, denuncia l’erronea attribuzione alla
persona di Girolamo fu Leonardo deceduto nel 1958 anziché a Girolamo fu
Leonardo morto nel 1901 l’intestazione catastale, non avendo i Giudici
valutato la documentazione prodotta dalla quale sarebbe risultato che
l’intestatario catastale era il nonno e non il nipote, padre di Beatrice;
che la Chiesa era rimasta in comproprietà di tutti gli eredi di Girolamo
fu Leonardo deceduto nel 1901, tant’ è vero che vennero contattati tutti
i predetti e non soltanto Beatrice, la quale non aveva mai rivendicato il
diritto di proprietà esclusiva a favore del padre e neppure aveva
9

il decorso del tempo ed il concorso di tutte le altre condizioni a tal

inserito il bene nella denuncia di successione del genitore, atteso che i
medesimi vennero convocati dal Comune nel 1975 per risolvere i problemi
relativi alla manutenzione della chiesa e fu adottata la decisione di
concentrare in unica quota i diritti spettanti ai vari comproprietari e,

usucapione da parte di Rolando che perciò intese citare in giudizio il
nonno. Evidenzia che, alla morte di Girolamo fu Leonardo deceduto nel
1901 – al quale l’immobile era stato lasciato da Pietro Stecchini con
testamento pubblicato il 3-1-1849 – si era determinata la comunione
ereditaria fra i suoi discendenti secondo quanto emerso dall’ atto di
divisione del 8-3- 1908, che in effetti costituiva 1″ultimo atto di
disposizione patrimoniale fra gli eredi Stecchini nel quale è menzionato
l’immobile de quo.
Pertanto, al momento della iscrizione in catasto della particella n.2839,
il bene era in comproprietà fra gli eredi del bisnonno di Beatrice, che
era rimasto l’ultimo proprietario esclusivo ; il che era comprovato dalla
notifica del 23-3-1926 del vincolo esistente a opera del Ministero della
Pubblica Istruzione.
7.- Il quarto e il quinto motivo, avendo a oggetto la questione relativa
alla identificazione del soggetto che doveva considerarsi
l’intestatario catastale, sono assorbiti per effetto dell’accoglimento
dei primi tre motivi.
8. – Il sesto motivo, lamentando nullità della sentenza per violazione
degli artt.112,180 co. 2 ,183 e 345 cod. proc. civ., censura la decisione
gravata che aveva ritenuto rilevabile d ufficio l’eccezione relativa alla
10

a seguito di ciò, fu trovata la soluzione di iniziare un giudizio di

mancanza di buona fede del possesso posto a base della domanda
riconvenzionale di cui all’art. 1159 cod. civ., quando si trattava di una
eccezione in senso stretto – in quanto volta a contrastare la presunzione
legale di buona fede – che era stata tardivamente proposta e in forza

maturate le preclusioni di cui alle richiamate disposizione del codice .
9.- Il motivo è infondato.
La sentenza ha correttamente ritenuto rilevabile di ufficio e, pertanto,
non tardiva, l’eccezione sollevata dall’attrice dopo l’udienza di cui
all’art. 183 cod. pro civ., relativamente alla questione circa la
sussistenza o meno della buona fede, trattandosi di elemento inerente al
fatto costitutivo del diritto azionato ai sensi della previsione di cui
all’art. 1159 cod. civ.
Qui occorre ricordare che le eccezioni

non rilevabili

di ufficio

sono

solo quelle nelle quali la manifestazione della volontà della parte sia
strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie
difensiva, ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano
come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso
ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o
estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito.
Non può condividersi la tesi secondo cui sarebbe da qualificare come
eccezione non rilevabile di ufficio quella che, essendo diretta a
superare la presunzione (relativa) di buona fede del possesso ( art. 1147
cod. civ.), renderebbe necessaria la contestazione della controparte.
Occorre chiarire che le presunzioni legali operano sul piano probatorio
11

di allegazioni pure tardivamente formulate, per le quali si erano

e quelle relative, stabilendo l’inversione dell’onere della prova,
esonerano la parte da quello da cui altrimenti sarebbe gravata. Peraltro,
la esistenza di circostanze di fatto contrarie alla presunzione, che sia
emersa nel processo, deve essere verificata e rilevata di ufficio dal

invero, il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è
subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte, non è
soggetto alle preclusioni di cui agli art. 183 ed è ammissibile anche in
appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati
“ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del
valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione,
che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio
fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti
per le eccezioni in senso stretto ( ORD. S.U.10531/2013).
10.- Il settimo motivo, lamentando nullità della sentenza per violazione
dell’art. 1391 cod. civ., nel combinato disposto con l’art. 131 R.D.n.148
del 1915, censura la decisione gravata che aveva esteso al Sindaco
l’elemento soggettivo quando il contenuto dell’atto era stato
integralmente determinato dal Consiglio Comunale che, avendo la
competenza esclusiva a emettere la relativa deliberazione, aveva espresso
in maniera esaustiva la volontà dell’ ente, non lasciando alcun margine
di autonomia al rappresentante.
11.-. L’ottavo motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un fatto controverso decisivo, denuncia che dalla
documentazione in atti doveva escludersi la mala fede del Sindaco,
12

giudice alla stregua degli elementi probatori ritualmente acquisiti. Ed

tenuto conto che la convocazione degli eredi Stecchini era stata
effettuata dal Sindaco Pietro Fabris al quale sarebbe poi subentrato
l’avv. Martinelli che stipulò l’atto ; l’usucapione fu gestita dagli
Stecchini e il Sindaco Martinelli nulla sapeva della procedura né tanto

di citazione, non potendo non fare affidamento sulla competenza e sulla
correttezza dei legali patrocinatori dell’usucapione e del Giudice che
decise la causa; non fu lui a convocare la figlia di Girolamo deceduto
nel 1958.
12.- Il settimo e l’ottavo motivo, da esaminare congiuntamente stante la
stretta connessione, sono infondati.
La sentenza, nell’escludere la buona fede del Comune, ha evidenziato la
sua consapevolezza in merito a quella che doveva considerarsi la
condizione, anche proprietaria, della chiesetta de qua, attesa la
conoscenza di quelli che dovevano considerarsi gli attuali
comproprietari, che erano stati per l’appunto convocati al fine di
verificare le modalità per consentire al Comune di compiere gli
interventi necessari per la conservazione e per essere autorizzato al
trasporto degli arredi al museo civico: il che, del resto, è confermato
ancora da quanto esposto dal ricorrente circa la necessità di trovare al
riguardo una soluzione in presenza della comproprietà dei numerosi, e non
tutti

identificati,

eredi Stecchini. E fu, proprio in considerazione

della obiettiva incertezza da parte dell’Amministrazione sulla titolarità
del bene, che il decreto prefettizio, con il quale si autorizzava
l’accettazione della donazione da parte del Comune, incaricò il Sindaco
13

meno era a conoscenza del destinatario al quale venne notificato l’atto

di compiere gli accertamenti necessari per procedere alla verifica della
titolarità e del possesso del bene nella persona del donante: la mala
fede dell’organo rappresentativo sta – secondo la ricostruzione in fatto
compiuta dai Giudici – nel non avere il Sindaco, incaricato di stipulare

che era espressione della consapevolezza da parte dell’Amministrazione
dei dubbi sulla appartenenza del bene al donante.
Ne consegue che, da un lato, è del tutto irrilevante la circostanza che
non era stata la persona del Sindaco Martinelli ad effettuare le
convocazioni degli eredi Stecchini e a occuparsi della procedura, dovendo
rendersi conto con la ordinaria diligenza, richiesta dall’incarico
svolto, della obiettiva situazione esistente in merito alla titolarità
del bene a stregua di quella che era stata la manifestazione della
volontà dell’ Ente e della documentazione in atti; dall’altro, ove si
volesse sostenere che, essendo l’atto predeterminato nel suo contenuto,
non sarebbero rilevanti gli stati soggettivi del rappresentante il quale
non avrebbe avuto alcun margine di autonomia, allora – a stregua di
quanto si detto a proposito dall’attività svolta dall’ Amministrazione in
merito alla individuazione dei proprietari e alla ricerca di una
soluzione idonea per procedere agli interventi di restauro – avrebbe
dovuto trovare applicazione il secondo comma dell’ art. 1391 cod. civ.,
secondo cui in nessun caso la buona fede del rappresentante ( il Sindaco)
giova al rappresentato ( il Comune) che sia in mala fede, posto che
secondo quanto si è visto sopra, l’Amministrazione era comunque a
conoscenza dell’assetto proprietario del bene de quo.
14

l’atto, compiuto tale verifica, pur in presenza di uno specifico obbligo

13.-

Il nono motivo

sentenza d’appello

lamenta violazione di legge per avere la
nel ritenere determinato o determinabile

l’oggetto della convenzione dell’11.4.1995, e quindi valida la
convenzione medesima – omesso di prendere in considerazione

disposto dell’art. 1363 cod. civ..
Denuncia che, nel disattendere l’eccezione di indeterminatezza o
indeterminabilità del contratto di cessione, aveva erroneamente
interpretato la clausola

“tutte le azioni ed i diritti se ed in

quanto a lei spettanti sull’immobile, nonché sugli arredi e le
pertinenze di cui in premessa e così come sopra donati dal Sig.
Stecchini Rolando al Comune di Bassano del

Grappa’, che era equivoca e

intrascrivibile, mentre avrebbe dovuto esaminarla congiuntamente con
l’ altra, quella n.8, ove le parti avevano precisato non essere «dovuta
la dichiarazione INVIM in quanto non risulta trasferito col
presente

atto

rivalsa» : si

alcun

immobile bensì solo eventuali ragioni di

trattava di una specificazione che si affiancava

rafforzandola — a quanto precisato in chiusura della clausola 5 del
contratto, ove la cedente Stecchini Beatrice affermava

«che il

reddito fondiario dell’immobile urbano ora venduto non è stato da lei
dichiarato nell’ultima dichiarazione dei redditi per la quale il
termine di presentazione è scaduto alla data odierna per le
ragioni esposte in premessa».
14.-

Il

decimo motivo,

denunciando omessa,

insufficiente e

contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, ribadisce

alcune delle clausole della stessa pattuizione, in spregio al

le considerazioni sopra svolte circa la indeterminatezza e
indeterminabilità del contratto di cessione,

evidenziando la

intrascrivibilità dell’atto, atteso che opponibile ai terzi è la nota
di trascrizione.

stretta connessione, sono infondati.
La sentenza, nel procedere all’interpretazione del contratto de quo , ha
chiarito il significato della clausola contestata, spiegando che la
previsione ivi contenuta sula cessione di tutte /e azioni ed i diritti
se ed in quanto a lei spettanti sull’immobile,

aveva la funzione di

precisare la natura controversa dell’atto di cessione e quindi di evitare
eventuali azioni risarcitorie per il caso di evizione.
La critica, formulata anche con riferimento al mancato esame di altra
clausola, si risolve nella censura della interpretazione compiuta dai
Giudici attraverso una diversa ricostruzione della volontà negoziale e
del significato che ad essa dovrebbe attribuirsi secondo la
prospettazione del ricorrente.
Qui occorre ricordare che l’interpretazione del contratto, consistendo in
un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in
un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento
è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione
o per violazione delle regole ermeneutiche, che deve essere
specificamente indicata in modo da dimostrare – in relazione al contenuto
del testo contrattuale – l’erroneo risultato interpretativo cui per
effetto della predetta violazione è giunta la decisione, chè altrimenti
16

15.- Il nono e il decimo motivo, da esaminare congiuntamente stante la

sarebbe stata con certezza diversa la decisione. Ne consegue che non può
trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione
della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca
esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli

che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal
giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione
possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e
plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale
sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte
che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito,
dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata
l’altra.(Cass.7500/2007; 24539/2009).
16.-

L’undicesimo motivo lamenta violazione di legge per avere la

sentenza d’appello ritenuto che il contratto del 1995 non integrava
donazione, essendo risultato avvenuto il pagamento del prezzo, e ciò in
violazione dei principi in tema di efficacia probatoria della quietanza
che non è opponibile ai terzi.
17.- Il motivo va disatteso.
Il principio

di inopponibilità ai terzi della quietanza sta a

significare che costoro possono fornire la prova della simulazione
“senza limiti”, ai sensi dell’ art.1417 cod. civ., e, quindi, sia a mezzo
di testimoni, sia a mezzo di presunzioni. Ma allora il ricorrente avrebbe
dovuto dedurre, sotto il profilo del vizio di motivazione, il mancato
esame di elementi probatori da cui sarebbe dovuta emergere la prova della
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stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati: occorre ricordare

simulazione : tale onere non risulta in alcun modo ottemperato.
18.- Il dodicesimo motivo denuncia l’omesso esame da parte della Corte di
appello della domanda riconvenzionale con cui il Comune aveva comunque
riproposto in sede di gravame la domanda subordinata, rimasta assorbita

ventennale.
19.- Il motivo è infondato.
Il rigetto della domanda di usucapione ventennale è implicito nelle
stesse argomentazioni con le quali la sentenza ha respinto la domanda di
usucapione decennale, basata sulla donazione effettuata da Rolando
Stecchini, del quale è stato evidentemente escluso quanto meno il
possesso esclusivo del bene laddove è stato chiarito che : a) il bene era
in comproprietà dei vari eredi Stecchini, che per l’appunto vennero
convocati dal Comune; b) il giudizio di usucapione da Rolando promosso fu
un espediente trovato dagli eredi per addivenire alla soluzione che,
accentrando le quote in uno solo dei comproprietari, avrebbe consentito
il successivo trasferimento del bene al Comune; c) il decreto prefettizio
aveva incaricato l’accertamento anche sul possesso del donante.
In sostanza, tali considerazioni portavano i Giudici a escludere i
presupposti perché il Comune potesse unire il proprio possesso a quello
(insussistente) del suo dante causa, essendo il possesso del dante causa
necessario perché fosse maturato il periodo ventennale.
Allora, il ricorrente avrebbe dovuto denunciare l’eventuale vizio di
motivazione per censurare l’iter logico giuridico dei Giudici e non
l’insussistente difetto di attività del giudice per omesso esame di una
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in primo grado, con cui aveva chiesto l’acquisto per usucapione

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domanda (art. 112 cod. pro civ.) .
Pertanto, vanno accolti il primo, il secondo e il terzo motivo del
ricorso, assorbiti il quarto e il quinto, mentre sono da rigettare gli
altri; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio,

appello di Venezia.

P.Q.M.
Accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso, assorbiti
il quarto e il quinto, rigetta gli altri gli altri cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese
della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 ottobre 2013
Il Cons. estensore

Il Presidente

anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di

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