Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27295 del 05/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27295 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 30751-2007 proposto da:
PIRREDDA

LUIGI

PRRLGU49D08E425Q,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 27, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresentato

e

ANTONELLA,

TOMASSINI

difeso

dall’avvocato

CHIRONI

SEBASTIANO;
– ricorrente contro

PUDDINU EMILIA PDDMLE47P41G046E, per sé e quale
procuratrice generale dei fratelli ANTONIA, NICOLINA,
NICOLA, GIOVANNA MARIA, RITA e GIANFRANCO, giusta

Data pubblicazione: 05/12/2013

procura rogito Notaio Maurizio Anni di Cagliari in
data

20

marzo

2000,

rep.

79848,

domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE

elettivamente
104,

presso lo..2

2— DE ANGELIS ANTONIA, rappresentata
e difesa dall’avvocato CHESSA GUIDO;

avverso la sentenza n.

514/2007 della CORTE D’APPELLO ))I

actL4A,P

V5EZ.DIST. DI di SASSARI, depositata il 03/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

29/10/2013

dal Consigliere Dott. EMILIO

MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato ANTONELLA TOMASSINI, con delega
dell’avvocato SEBASTIANO CHIRONI difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato GUIDO CHESSA difensore dei resistenti
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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– controricorrenti –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Emilia Puddinu, quale procuratore generale di
Giovanna Maria Puddinu, conveniva in

giudizio avanti al

Tribunale di Tempio Luigi Pirredda, esponendo che :

incaricate da Luigi Pirredda avevano eseguito lavori di
recinzione in agro della estensione di ettari 19.42.19,
posto in Località Pulicinu Arzachena contraddistinto al
foglio 18 mappale 51 e lavori ristrutturazione di un
fabbricato ivi esistente;
detti beni erano pervenuti a Giovanna Maria Puddinu in
virtù di successione ereditaria al marito Paolo
Filigheddu, deceduto ;

qr

r Fertanto, l’istante – premesso che la domanda cautelare da
lei proposta era stata disattesa – chiedeva l’accertamento
che i beni in oggetto di cui premessa erano di proprietà
della Puddinu Giovanna Maria e degli altri eredi di Paolo
Filigheddu con la condanna del Pirredda alla loro
riconsegna e al al risarcimento dei danni.
Si costituiva il Pirredda, chiedendo il rigetto della
domanda.
Intervenuta la morte di Giovanna Maria Puddinu, il
giudizio era proseguito da Emilia Puddinu, per sé e quale
procuratrice dei fratelli, Antonia, Nicolina, Nicola
Giovanna Maria,Rita e Gianfranco, eredi di Giovanna Maria

nella primavera estate del 1992 alcune persone

è

Puddinu.
Con sentenza 377/2003 il Tribunale rigettava la domanda, ritendo
non provata la domanda di rivendica..
Con sentenza dep. il 3 settembre 2007 la Corte di appello di

impugnata dagli eredi dell’attrice, accoglieva la domanda dichiarando il
terreno con annesso fabbricato di cui al mapp. 51 del fg.18 di ha
19.42.19 di proprietà degli appellanti con la condanna del convenuto al
suo rilascio.
Nell’accogliere la domanda di rivendica, i Giudici osservavano che,
secondo quanto accertato dal consulente di ufficio e non contestato
dalle parti, il fabbricato di cui si discute sorge sul terreno
contraddistinto al mapp. 18 map. 51 del Comune di Arzachena; che
l’attrice, vedova di Paolo Filigheddu aveva dimostrato l’acquisto a
titolo derivativo sul rilievo che l’immobile era stato oggetto di un
atto di donazione intervenuto nel 1965 fra il donante Giovanni
Filigheddu e il figlio Paolo Filigheddu; a sua volta il bene era
pervenuto a Giovanni in virtù di atto di divisione intercorso nel 1942
con il fratello Pasquale. Ed invero, in base alla ricostruzione compiuta
dal c.t.u. alla stregua degli atti di trasferimento delle singole quote
del fondo di cui era originariamente proprietario Michele Piredda successivamente cedute dai suoi eredi ai fratelli Giovanni e Pasquale
Filigheddu – questi ultimi erano divenuti comproprietari dell’immobile
de quo ad eccezione della quota di cui era titolare Gian Luca Piredda
che, per effetto di frazionamento catastale conseguente a divisione
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Cagliari sez. distaccata di Sassari, in riforma della decisione

amichevole intervenuta con i predetti Filigheddu, diede luogo alla part.
51/c e quindi al mapp. 61.
Seppure la prova dell’acquisto a titolo derivativo rendeva
superfluo l’esame della domanda di acquisto per usucapione, i Giudici

documentazione era emerso l’esercizio di poteri dominicali da parte di
. Giovanni Filigheddu, prima, e del figlio Paolo Filigheddu dopo.
Infine, era respinta l’eccezione con la quale l’appellato aveva
dedotto che il mandato relativo al giudizio di appello sarebbe stato
conferito al difensore dalla sola Emilia Piddinu e non anche quale
procuratrice degli altri eredi : i Giudici, al riguardo, osservavano che
nell’atto di appello era espressamente chiarito che la predetta agiva
per sé nonchè nella qualità di procuratrice dei germani.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Luigi Pirredda
sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso l’intimata anche nella spiegata qualità.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione
dell’art. 83 cod.proc. civ. nullità della sentenza per violazione
dell’art. 99 cod.proc. civ., censura la decisione gravata che avrebbe
ritenuto non necessaria nel mandato conferito al difensore la indicazione
delle altre parti in nome delle quali sia stata anche rilasciata la
procura, posto che nella specie la procura era stata sottoscritta
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ritenevano che in base alle deposizioni dei testi escussi e alla

soltanto dalla

Puddinu senza alcun riferimento alla qualità di

procuratrice dei fratelli.
1.2.- – Il motivo va disatteso
La sentenza ha chiarito che la qualità di procuratrice dei germani con

espressamente indicata nell’atto di appello a margine del quale la
procura era stata rilasciata. Qui è appena il caso di ricordare il
principio secondo cui il mandato alle liti a margine o in calce all’atto
sul quale è apposto fa corpo con il contenuto dell’atto cui accede di
guisa che la indicazione di procuratore generale degli eredi Puddinu
indicata nell’ atto di appello, in cui era richiamata la procura generale
conferita dagli eredi all’appellante, è sufficiente per ritenere che il
mandato sia stato conferito in detta qualità dalla parte che ha
sottoscritto la procura.
2.1. –

Il secondo motivo, lamentando nullità della sentenza per

violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., censura la decisione che aveva
dichiarato la proprietà esclusiva a favore degli appellanti quando invece
con l’atto di citazione e con l’atto di appello era stata chiesta la
declaratoria di comproprietà con gli eredi di Paolo Filigheddu.
2.2.- Il motivo va disatteso
Il ricorrente non ha interesse a formulare la censura

de qua, posto che

parte eventualmente pregiudicata dalla decisione potrebbero essere gli
eventuali comproprietari, che peraltro non sono stati parti del presente
giudizio, dovendo qui ricordarsi che legittimato ad agire in
rivendicazione è ciascun comproprietario del bene rivendicato.
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cui aveva agito in giudizio conferendo il mandato al difensore era

3.1.- Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione
degli artt.2697,832 e 948, 1350 cod. civ. cod. nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia, censura la sentenza impugnata laddove, nel disattendere i

assolutamente irrilevante la situazione possessoria contestata dal
convenuto, il quale aveva dedotto espressamente che oggetto degli atti di
acquisto a favore dei Filigheddu fosse il bene rivendicato.
In particolare, censura l’affermazione secondo cui nell’asse ereditario
di Michele Piredda deceduto nel 1917 figurava il terreno contraddistinto
al mapp. 18 map. 51 esteso circa 20 ettari del Comune di Arzachena,
tenuto delle diverse risultanze della denuncia di successione circa la
descrizione e le dimensioni del terreno in essa indicato , di guisa

principi in materia di prova della rivendicazione, aveva ritenuto

A
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che gli atti di trasferimento degli eredi Piredda non potevano che
riferirsi a terreni di ben più piccola dimensione.
Censura le apodittiche considerazioni del C.T.U., recepite dalla sentenza
impugnata e formulate in contrasto con quanto documentalmente emerso a
proposito dei singoli atti di trasferimento degli eredi Piredda,
dell’atto di divisione del 1942 e di quanto rilevato a proposito della
divisione amichevole, che deve avvenire per atto scritto.
3.2.- Il motivo va disatteso.
In primo luogo occorre osservare che la sentenza, nel ritenere che il
bene rivendicato si identificava con quello contraddistinto al mapp. 18
map. 51, ha affermato che le conclusioni alle quali era pervenuto
l’ausiliario non erano state contestate dalle parti; ha quindi proceduto
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sulla scorta del indagini condotte dal consulente alla ricostruzione dei
vari atti di trasferimento da parte degli eredi Piredda a favore dei
fratelli Filigheddu fra i quali l’atto di divisione in virtù del quale
divenne proprietario esclusivo Giovanni, che ebbe a donarli a Paolo,

Seppure si fa riferimento a una serie di acquisti a titolo derivativo,
in virtù dei quali l’immobile de quo era poi pervenuto all’attrice, la
ricostruzione compiuta dai Giudici ha consentito di individuare quello
che, secondo gli accertamenti compiuti dal consulente, recepiti dall
Corte, era da considerarsi

l’originario

proprietario del bene in

questione, di guisa che la parte attrice aveva fornito la prova rigorosa
richiesta dall’ art. 948 cod. civ., anche se poi i Giudici hanno comunque
verificato, secondo il prudente apprezzamento delle risultanze
istruttorie loro riservato, anche il possesso utile ad usucapione.
Orbene, le doglianze si risolvono nella censura degli accertamenti di
fatto riservati al giudice di merito e che sono incensurabili in sede di
legittimità se non sotto il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 n. 5
cod. proc. civ.( peraltro neppure denunciato) che deve consistere in un
errore intrinseco al

ragionamento del giudice che deve essere verificato

in base al solo esame del contenuto

del provvedimento impugnato e non

può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle
risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a
cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza,
ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la ( dedotta ) erroneità della
decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che
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marito dell’attrice.

il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale
probatorio, atteso che tale indagine è sottratta al controllo di
legittimità della Cassazione.
In particolare, per quel che riguarda la censura circa le apodittiche ed

la sentenza aderisca agli accertamenti e alle valutazioni
dell’ausiliario nominato dal giudice , richiamandoli con motivazione per
relationem, come

è appunto avvenuto nella specie, il ricorrente – il

quale denunci errori o lacune della consulenza tecnica d’ufficio – deve
dimostrare la decisività del proprio assunto, riportando i passi salienti
della relazione, in modo da consentire alla Corte di verificare la
fondatezza delle critiche che devono essere formulate in modo specifico e
motivato con riferimento evidentemente al contenuto complessivo
dell’elaborato del consulente.
Nella specie, il ricorso non consente di

ricostruire le indagini

effettivamente svolte e il percorso argomentativo dell’ausiliario e,
quindi, la fondatezza o meno della critiche da essa formulate : le
critiche si risolvono nella censura della valutazione e interpretazione
dei vari atti di cessione, che sono evidentemente sottratti al controllo
di legittimità, posto la interpretazione del contratto, avendo a oggetto
un accertamento di fatto, in sede di legittimità è censurabile,
denunciando – alla stregua del contenuto specifico dell’atto – l’erronea
applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod.
civ., che nella specie non è stata in alcun modo dedotta.
Per quel che concerne la divisione amichevole, di cui pure si cenno nella
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erronee conclusioni del consulente di ufficio, va ricordato che qualora

sentenza impugnata, i Giudici hanno in effetti escluso dal bene
rivendicato la quota di cui era rimasto per l’appunto titolare Gian Luca
Piredda, per cui la censura appare priva di rilievo.
4.1. – Il quarto motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria

impugnata laddove, in contrasto con quanto emerso delle deposizioni rese
dai testi indicati dal convenuto, aveva ritenuto una situazione di
possesso da parte di Giovanni e Paolo Filigheddu, che era invece da
escludere.
4.2.- Il motivo è inammissibile.

motivazione su un punto decisivo della controversia) censura la sentenza

…/

Ai sensi dell’ art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall’art. 6 del
d.lgs. n. 40 del 2006, ratione temporis applicabile, i motivi del
ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di
inammissibilità (art. 375 n.5 cod. proc. civ.,) dalla formulazione di un

esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art.360 primo comma
n.1),2),3),4) cod. proc. civ.,e qualora il vizio sia denunciato anche
ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere , a pena di inammissibilità, la chiara indicazione
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione.
Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di
diritto nei casi previsti dall’art.360 primo comma n.1),2),3),4) cod.
proc. civ., nell’ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi
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dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la relativa censura deve contenere,
un momento di sintesi

(omologo del quesito di diritto),separatamente

indicato in una parte

del ricorso a ciò specificamente

deputata e

distinta dall’esposizione de/ motivo,che ne circoscriva puntualmente i

del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità ( S.U.20603/07).In
. tal caso,l’illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del
fatto controverso con la precisazione del

vizio del procedimento logico-

giuridico che,incidendo nella erronea ricostruzione del fatto,sia stato
determinante della decisione impugnata. Pertanto,non è sufficiente che il
fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua
esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la
verifica che la denuncia sia ricondotta nell’ambito delle attribuzioni
conferite dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.al giudice di legittimità,
che deve accertare la correttezza dell’iter logico-giuridico seguito dal
giudice esclusivamente attraverso l’analisi del provvedimento
impugnato,non essendo compito del giudice di legittimità quello di
controllare l’esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso
l’esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono
consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice
del fatto. Si era,così,inteso precludere l’esame di ricorsi che,
stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione,
sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del
merito della causa.
Nella specie, in cui si denuncia il vizio di cui all’art. 360 n.5 cod.
9

i(
(

limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione

proc. civ., manca il momento di sintesi con la indicazione del fatto
controverso e il vizio di motivazione.
5.1.- Il quinto motivo deduce la nullità della sentenza impugnata in
relazione all’art. 102 cod. proc. civ. laddove il giudizio si era

atteso che anche Giuseppe Piredda era possessore dell’immobile
rivendicato.
5.2.- Il motivo è infondato.
L’azione di rivendicazione non dà luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio
necessario nei confronti di eventuali terzi che vantino o possano avere
interesse a vantare diritti sulla cosa contrastanti con il diritto di
proprietà fatto valere in giudizio dall’attore, poiché in tal caso
l’unica conseguenza sarà che la sentenza, facendo stato solo tra le parti
del giudizio, non sarà opponibile ai terzi interessati rimasti estranei
al giudizio stesso, non potendo, invece, essere considerata “inutiliter
data”( Cass. 10739/2001).
Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste in
solido a carico del ricorrente, risultato soccombente
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.Condanna il ricorrente al pagamento in favore del
resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in euro
3.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per onorari di
avvocato oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 ottobre 2013

celebrato nei confronti soltanto di uno dei possessori del bene de quo,

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