Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27290 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 29/12/2016, (ud. 04/12/2015, dep.29/12/2016),  n. 27290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

EDIL FORTUNATA 88 srl in Liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 79/38/08, depositata il 13 giugno 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04

dicembre 2015 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

udito l’avvocato dello Stato Carla Colelli per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGEMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, accogliendo l’appello della srl Edil Fortunata in liquidazione, ha annullato due avvisi di accertamento ai fini dell’IRPEG e dell’ILOR per gli anni 1996 e 1997 con i quali era stata contestata la deduzione di interessi passivi scaturenti da un contratto di conto corrente con altra società del gruppo, la srl Aura. Secondo l’ufficio le operazioni di compravendita immobiliare erano fittizie e di conseguenza anche i finanziamenti effettuati dalla detta Aura alle altre società del gruppo per porle in essere.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto che non vi erano prove della inesistenza delle operazioni contestate, essendo riscontrabili dei neri sospetti; in tale senso deponeva anche la insufficienza della risposta dell’ufficio all’ordinanza istruttoria con la quale si disponeva l’esibizione dei contratti di finanziamento stipulati con la srl Aura e dei contratti delle compravendite immobiliari pertinenti.

La società contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, denunciando violazione di legge, l’amministrazione ricorrente, con riguardo alle contestate operazioni economiche fittizie, censura la decisione assumendo spettare al contribuente di assolvere l’onere probatorio sull’effettività e veridicità dell’attività economica esercitata e dei costi effettivamente sostenuti; con il secondo motivo denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per aver annullato gli avvisi “ritenendo insussistenti elementi di fatto a sostegno della tesi dell’amministrazione circa la inesistenza di contratti di finanziamento, dispensando la parte dal provare l’effettività di tali operazioni commerciali, laddove, invece, l’ufficio aveva dedotto un sufficiente quadro indiziario che, senza invertire l’onere della prova, dimostrava l’inesistenza di documentazione giustificativa della realtà di detti costi.

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto legati, sono infondati.

Questa Corte ha chiarito come in base al criterio stabilito in via ordinaria dall’art. 2697 cod. civ., l’Amministrazione finanziaria, qualora faccia valere la simulazione assoluta – che sembrerebbe ravvisabile nella specie – o relativa di un contratto stipulato dal contribuente, ai fini della regolare applicazione delle imposte, non è dispensata dall’onere della relativa prova, la quale, tenuto conto della qualità di terzo dell’Amministrazione, può essere offerta con qualsiasi mezzo, e quindi anche mediante presunzioni; peraltro, incidendo l’accordo simulatorio sulla volontà stessa dei contraenti, detta prova non può rimanere circoscritta ad elementi di rilevanza meramente oggettiva, ma deve necessariamente proiettarsi anche su dati idonei a disvelare convincentemente i profili negoziali di carattere soggettivo; l’onere probatorio non può pertanto ritenersi validamente assolto in base al mero positivo riscontro di una sommatoria di effetti che, in concreto ricollegati a negozi distinti, sono astrattamente suscettibili anche di riconduzione ad una diversa e più ampia causa negoziale (Cass. n. 17221 del 2006). Si è del resto affermato, con riguardo all’accertamento delle imposte sui redditi che qualora sia contestata la deducibilità dei costi documentali da fatture relative ad operazioni asseritamene inesistenti, l’onere di fornire la prova che l’operazione rappresentata dalla fattura non è stata mai posta in essere incombe all’Amministrazione finanziaria la quale adduca la falsità del documento (e quindi l’esistenza di un maggior imponibile), e può essere adempiuto, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, non ostandovi il divieto della doppia presunzione” (Cass. n. 1023 del 2008).

Nella specie il giudice d’appello ha ritenuto prive di fondamento, perchè basate su presunzioni inidonee, in quanto generiche, le affermazioni circa l’inesistenza delle operazioni poste in essere dalla contribuente, “e quindi in sostanza del finanziamento che ha prodotto gli interessi di cui si è negata la deducibilità”; ed ha poi ritenuto che, “oltre la formulazione della natura fittizia del complesso delle operazioni effettuate dalle società del gruppo sulla base di una riconsiderazione di atti pur risultanti dalla contabilità e dalla documentazione reperita nel corso dell’ispezione, non vi sono ulteriori elementi di fatto a sostegno della tesi dell’Amministrazione finanziaria circa la inesistenza dei finanziamenti che qui interessano. Nel ricorso di primo grado, e la circostanza non è contraddetta neanche nel verbale della Guardia di finanza, si afferma che le somme ricevute a titolo di finanziamento dalla società contribuente sono state esposte in bilancio tra i debiti della situazione patrimoniale ed i relativi interessi sono stati addebitati nel conto profitti e perdite. In altri termini, non vi è nel caso di specie all’una prova della inesistenza delle operazioni contestate e ci si muove nell’ambito dei neri sospetti che non possono essere valutati come prove in questa sede”.

Ulteriore specifico elemento valutato dal giudice d’appello è stata “la circostanza che l’Amministrazione, in sede di risposta all’ordinanza istruttoria con cui si disponeva l’esibizione dei contratti di finanziamento stipulati (dalla società contribuente) con Aura srl e dei contratti delle compravendite immobiliari pertinenti ai fatti di causa, si sia limitata a depositare la copia del verbale della Guardia di finanza, depone nel senso della mancanza di un’autonoma valutazione dell’ufficio degli elementi di sospetto indicati dagli agenti che avevano svolto l’operazione e prova, da altra angolazione, la carenza di una prova concreta della inesistenza delle operazioni contestate”.

Il giudice d’appello, infine, dopo aver precisato che la sentenza resa da questa Corte nei confronti di “altra società del gruppo sulle questioni qui in esame” era pervenuta ad un “diverso orientamento” perchè fondata “su un presupposto di fatto, accertamento nel merito dell’inesistenza delle operazioni di cui trattasi, che non ricorre nel caso di specie”, ha correttamente osservato che “i presupposti di fatto che possono portare a ritenere sussistente la simulazione devono essere indicati dall’amministrazione finanziaria, se essa fonda su tali elementi la sua pretesa tributaria, nel che si sostanzia, da altra angolazione, il difetto di prova di cui si è detto e si caratterizza ulteriormente in negativo la mancata esibizione degli atti di cui il collegio aveva chiesto l’acquisizione”.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività da parte dell’intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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