Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27290 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 24/10/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 24/10/2019), n.27290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Rel. Consigliere –

Dott. DI NAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11984/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

domicilia;

– ricorrente –

contro

CVA TRADING s.r.l. (C.F: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof.

Maurizio Logozzo e dall’Avv. Rocco Agostino, con domicilio eletto

presso l’Avv. Rocco Agostino, con studio in Roma in Viale delle

Milizie n. 34;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 3382/11/2016, pronunciata il 25 ottobre 2016

e depositata il 29 novembre 2016;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 30 maggio 2019

dal Consigliere Fabio Antezza.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (“A.D.”) ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di accoglimento dell’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 88/01/2012 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione proposta avverso avviso di pagamento per accise sul consumo di energia elettrica, e relativa addizionale, oltre che contro il conseguente atto di contestazione di sanzioni (rispettivamente, avviso n. 22 A, prot. (OMISSIS) del 13 maggio 2010 e atto contest. sanz. n. 38/A, prot. (OMISSIS), del 14 maggio 2010).

2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte emerge quanto segue circa i fatti di causa, limitatamente a ciò che ancora rileva in questa sede.

All’esito di verifica fiscale emerse, come da PVC dell’8 febbraio 2010, che la società contribuente espose nella dichiarazione di consumo di energia elettrica per l’anno 2005 (presentata nel 2006) somme relative ad accise ed addizionali versate in più del dovuto con successiva detrazione dai successivi versamenti in acconto inerenti gli anni successivi, fino al 2010 (D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, ex art. 56, Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative, di seguito: “TUA”). L’Amministrazione, ritenendo operante nella fattispecie il termine decadenziale biennale di cui all’art. 14 TUA, comma 2, decorrente dalla data della dichiarazione per il 2005 (presentata nel 2006), recuperò le somme detratte oltre il termine di due anni (quindi, sostanzialmente, dal febbraio 2008), ritenendole indebitamente detratte, con applicazione della relativa sanzione (oltre interessi).

3. L’adita CTP rigettò il ricorso con statuizione riformata in secondo grado.

4. La CTR, difatti, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione ed in accoglimento dell’appello, interpretò il combinato disposto degli artt. 56 e 14 TUA nel senso dell’operatività del termine decadenziale biennale con riferimento all’istanza di rimborso d’imposta solo all’esito della definizione del rapporto e non con riferimento alle detrazioni (dai successivi versamenti in acconto) di quanto versato in più del dovuto (e risultante dalla dichiarazione annuale di consumo).

5. Contro la sentenza d’appello l’A.E. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, ed il contribuente si difende con controricorso, sostenuto da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Con l’unico motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 56 TUA.

In sostanza ci si duole dell’interpretazione data dalla CTR (invece condivisa dal controricorrente) del combinato disposto degli artt. 56 e 14 TUA, nel senso dell’operatività del termine decadenziale biennale con riferimento all’istanza di rimborso d’imposta all’esito della definizione del rapporto e non con riferimento alle detrazioni (dai successivi versamenti in acconto) di quanto versato in più del dovuto (e risultante dalla dichiarazione annuale di consumo). Per l’Amministrazione, quindi, anche in ragione di quanto statuito all’ cit. art. 56, comma 7 (attuale comma 6), il termine decadenziale di cui innanzi opererebbe anche con riferimento alle singole detrazioni che, dunque, diverrebbero indebite a partire dal secondo anno successivo alla presentazione della dichiarazione (annuale).

2.1. Il motivo è infondato, per le ragioni e nei termini di seguito evidenziati.

La questione di diritto inerisce l’interpretazione del combinato disposto dell’art. 56 TUA e dell’art. 14 TUA, comma 2 ed in particolare l’individuazione della data di decorrenza del termine biennale di decadenza, ex art. 14, comma 2, cit. (nella formulazione ratione temporis applicabile), per l’esercizio del diritto al rimborso del credito di accisa sul consumo di energia elettrica.

2.2. Sul tema, la giurisprudenza prevalente di questa Corte (sez. 5, n. 3471 del 2014; n. 3470 del 2014; n. 3469 del 2014, nello stesso senso, sez. 5, n. 13724 del 2017) ha affermato che “A norma del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 14, il rimborso dell’accisa (…) indebitamente versata va richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, che segna il momento dal quale indefettibilmente decorre il termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituzione, fissato per finalità di interesse pubblico e non disponibile neppure dalla stessa P.A., restando ininfluenti le cause per cui il pagamento non è dovuto; nè l’avvenuta detrazione del credito di imposta, operata dal contribuente per le annualità successive, è idonea a spostare in avanti il dies a quo del suddetto termine” (Cass., sez. 5, n. 24056 del 2011).

Secondo tale orientamento, invero, il diritto del contribuente al rimborso delle somme pagate indebitamente a titolo di accise (nel caso concreto per il consumo del gas metano), va attivato con richiesta proposta nel termine biennale suindicato, con decorrenza o dal pagamento (qualora intervenuto dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 504 del 1995) o dall’entrata in vigore di detto decreto (ove si tratti di pagamento avvenuto prima di tale data) (Cass.12045/08). Tali eventi segnano, infatti, il momento dal quale indefettibilmente decorre il predetto termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituzione, qualunque sia la causa per la quale il pagamento non sia dovuto, e perfino nel caso in cui l’accisa sia stata debitamente pagata, e sia sopravvenuta una causa di non debenza del tributo (Cass. n. 23515 del 2008; Cass. n. 24056 del 2011; Cass. n. 3363 del 2012; Cass. 13724 del 2017). Il termine decadenziale suindicato è fissato, invero, per finalità di interesse pubblico, sicchè esso non è disponibile neppure dalla stessa Amministrazione, restando del tutto irrilevanti ed ininfluenti le cause per le quali la non debenza venga a verificarsi (Cass. 24056/11, 3363/12; Cass. n. 1232/2014; Cass. 13724 del 2017).

2.3. Pronuncia dissonante, alla quale si intende tare seguito, come già fatto da questa Corte con recenti decisioni del 2019, è quella secondo cui “in materia d’imposta sulla produzione e sui consumi, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2, il rimborso (o la corrispondente detrazione) dell’accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni, decorrenti dalla data di presentazione della dichiarazione annuale, con la conseguenza che, nel caso di versamento di acconti risultati maggiori del dovuto, questi devono sommarsi con il credito d’imposta relativo all’anno successivo, derivandone che il saldo creditorio va a costituire un nuovo credito rispetto a quelli precedentemente maturati” (così, Cass., Sez. 5, 17.4.2013, n. 9283; si vedano anche le recenti: Cass., Sez. 5, 18.6.2019, n. 16261; Cass. Sez. 5, 26.3.2019, n. 12124, in motivazione; Cass. Sez. 5, 1.2.2019, n. 3051, in motivazione).

Tale ultimo orientamento, invero, valorizza la peculiarità del sistema di liquidazione dell’accisa (relativa al consumo del gas metano ed anche dell’energia elettrica) per cui, ai sensi dell’art. 26 TUA, comma 8: “l’accertamento dell’accisa viene effettuato sulla base delle dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d’imposta. Il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate mensili di acconto calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente, con eventuale conguaglio in fase di successiva dichiarazione di consumo”. Ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, comma 8, infatti, il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate di acconto mensili entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente e il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce, per cui le rate mensili di versamento dell’accisa non corrispondono ad autonomi adempimenti di autonomi debiti, bensì a modalità di adempimento di un unico debito, frazionato, appunto, in più rate (così, Cass., Sez. 5, 12.2.2014, n. 3100; Cass. n. 16261 del 2019 e Cass. n. 3051 del 2019).

L’impostazione di cui innanzi è peraltro rispettosa anche del meccanismo di compensazione prescritto ai sensi dell’art. 56 TUA, comma 1, operante fino all’esaurimento del rapporto tributario medesimo, secondo cui “Le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto”. L’accredito, invero, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto, risulta una modalità di pagamento dell’accisa sui consumi di energia elettrica (come di gas metano), per cui, in corso di rapporto tributario, non è configurabile come “pagamento indebito”, con conseguente inapplicabilità del termine di decadenza biennale ex art. 14 TUA, comma 2. Il versamento in più dell’accisa diventa quindi indebito nel momento in cui, terminata la somministrazione, rimane a conguaglio una maggiore somma versata che il contribuente non è più obbligato ad utilizzare in compensazione. Solo alla fine del rapporto tributario dunque, nel caso in cui emerga dall’ultima dichiarazione di consumo, un conguaglio a credito, quest’ultimo darà luogo a un “pagamento indebito” ed il contribuente, proprio come nel rapporto di conto corrente ordinario ex art. 1823 c.c., al momento della chiusura del conto, potrà esigere il credito medesimo con decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14 TUA, comma 2, dalla data del pagamento in eccesso che, in sostanza, coincide con il momento di presentazione dell’ultima dichiarazione annuale dalla quale sia risultato il credito di imposta.

Argomentando nei termini di cui innanzi la cit. Cass. sez. 5, n. 16261 del 2019, in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile alla presente, ha formulato il seguente principio di diritto, sostanzialmente applicato dalla CTR: “in tema di accise sull’energia elettrica, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale – costituendo una modalità di pagamento dell’imposta, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – non è reclamabile prima della chiusura del rapporto tributario, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza ai sensi del D.lgs. n. 504 del 1995 (TUA), ex art. 14, comma 2, per il rimborso dell’eventuale credito di imposta dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo”.

3. In conclusione, il ricorso è rigettato con compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità, in ragione di quanto innanzi evidenziato circa l’orientamento giurisprudenziale in merito alla questione di diritto.

L’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione, trattandosi di Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esente dal pagamento delle imposte e tasse, che gravano sul processo (ex plurimis: Cass. sez. Cass. sez. 6-4, 29/01/2016, n. 1778, Rv. 638714-01; Cass. sez. 6-4, 05/11/2014, n. 23514, Rv. 633209-01; Cass. sez. 3, 14/03/2014, n. 5955, Rv. 630550-01).

P.Q.M.

rigetta il ricorso, spese compensate.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

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