Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2729 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2020, (ud. 18/06/2019, dep. 05/02/2020), n.2729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12019-2018 proposto da:

B.D., B.A., nella qualità di eredi di

P.C., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO

CITTADINO;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, NICOLA VALENTE, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 409/2017 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME,

depositata il 03/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

il Tribunale di Lametia Terme, in sede di opposizione ad ATP ex art. 445 bis c.p.c., ha rigettato la domanda di P.C., rivolta a sentir accertare la sua condizione di cecità ai fini del godimento dei benefici contemplati dalla legge per lo status di non vedente;

recependo gli esiti della CTU, che aveva concluso di non essere nelle condizioni di rispondere al quesito posto in presenza delle resistenze della paziente nel sottoporsi agli esami strumentali necessari a stabilire in termini oggettivi il grado di compromissione del visus, il giudice del merito ha rigettato la richiesta di rinnovo della consulenza medica, ritenendola non risolutiva in mancanza della necessaria collaborazione da parte dell’opponente;

la cassazione della sentenza è domandata dagli eredi di P.C., nel frattempo deceduta, B.D. e A., sulla base di tre motivi; l’Inps ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, parte ricorrente lamenta che il Tribunale nel motivare il rigetto della richiesta di una nuova CTU abbia sottovalutato le condizioni reali in cui versava la paziente, allettata, ottantacinquenne e già sottoposta a visita geriatrica domiciliare, ed abbia valorizzato unicamente l’elemento della non suscettibilità di riconoscimento della prestazione richiesta in mancanza di esami strumentali;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta l’acritico recepimento delle conclusioni della CTU, sì come riferite all’impossibilità di rispondere al quesito posto per mancanza di collaborazione da parte della Perri, e l’omesso esame e l’omessa valutazione della documentazione allegata agli atti di causa da parte del Tribunale;

col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta l’erroneità della sentenza là dove il giudice del merito, decidendo sulla base degli atti di causa, avrebbe mancato di esaminare e valutare la documentazione allegata e non avrebbe motivato in ordine ai rilievi e alle osservazioni di volta in volta formulati dal difensore su fatti decisivi e controversi, da ciò deducendo che la motivazione non darebbe modo di conoscere il percorso logico che ha indotto a una siffatta conclusione del giudizio;

il primo motivo è inammissibile;

la censura si colloca fuori dei parametri dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; il motivo, che deduce il vizio di motivazione si rivela inammissibile, atteso che la relativa doglianza non fa riferimento all’omesso esame “di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”(Cass. S.U. n. 8053/2014);

le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che “…nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. S.U. n. 8053/2014);

la formulazione del motivo finisce per denunciare non già l’omesso esame di un fatto storico decisivo, bensì la mancata valorizzazione di risultanze istruttorie, che si assumono erroneamente valutate dalla Corte territoriale;

il secondo e il terzo motivo, esaminati congiuntamente per connessione, sono inammissibili;

la censura concernente la presunta acritica adesione al parere medico legale collide con l’orientamento di legittimità con cui si afferma che “…il richiamo per relationem all’elaborato peritale implica una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente. Perciò, qualora il giudice del merito aderisca al parere del CTU non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni, poichè l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità” (Cass. n. 15147 del 2018);

nel caso in esame, in particolare, l’adesione è stata esplicitamente affermata dal giudice del merito, il quale ha ritenuto di non dover disporre una nuova consulenza in quanto ha giudicato corrette le affermazioni, contenute nelle conclusioni peritali, secondo cui, non essendovi la possibilità di svolgere gli esami strumentali necessari (esame elettrofunzionale della vista), non era stato possibile (nè, evidentemente, lo sarebbe stato da parte di un nuovo perito, rimanendo inalterata la situazione d’indisponibilità della Perri) rispondere al quesito relativo all’accertamento del grado di compromissione oculare dell’opponente;

in merito infine alla doglianza secondo cui la formulazione del decisum non consentirebbe di apprezzare il percorso logico che ha indotto al rigetto dell’istanza prospettata dalla parte ricorrente, la stessa – per come proposta – sembra voler sollecitare una rivalutazione del merito, inibita in sede di legittimità;

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; non si provvede sulle spese per l’allegazione da parte dei ricorrenti, della dichiarazione di esenzione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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