Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27284 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 29/12/2016, (ud. 27/11/2015, dep.29/12/2016),  n. 27284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

BALLOON gpa, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Ferreri,

presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma al viale

Antonio Gramsci n. 54;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 163/08, depositata il 18 dicembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27

novembre 2015 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

udito l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per raccoglimento del secondo

motivo del ricorso, respinti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, ed accogliendo quello incidentale della spa Balloon, ha annullato in toto l’avviso di accertamento, ai fini dell’IRPEG e dell’IRAP, per l’anno 2000, con il quale l’ufficio aveva rettificato il reddito dichiarato effettuando tre recuperi: costi non deducibili, per la svalutazione di una partecipazione non deducibile dal reddito; costi non deducibili, relativi ad interessi passivi; e costi non di competenza, con conseguente determinazione di maggiori imposte.

La società contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, denunciando “totale carenza di motivazione. Nullità della sentenza. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (art. 360 c.p.c., n. 4)”, l’amministrazione ricorrente assume che la sentenza di appello che respinge il gravame dell’ufficio riportando, nella propria parte motiva, pedissequamente il contenuto della memoria di parte appellata e appellante incidentale senza propria valutazione critica dei motivi di appello formulati dall’ufficio sarebbe nulla ai sensi della disposizione in rubrica.

Il motivo è infondato, alla luce dell’insegnamento delle Sezioni unite (Cass. 16 gennaio 2015, n. 642), secondo cui “nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità nè dei contenuti nè delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato”.

Con il secondo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione dell’art. 2624 c.c. nonchè dell’art. 61 e art. 66, comma 1 bis, tuir, nel tempo vigente ratione temporis”, l’amministrazione ricorrente sostiene che “una società di capitali – in relazione all’anno d’imposta IRPEG 2000 – che abbia acquistato il capitale sociale di una società estera ed, adottando il metodo del costo ai sensi dell’art. 2624 c.c., abbia indicato il costo per tale acquisto tra le immobilizzazioni finanziarie – partecipazioni – imprese controllate, nell’attivo dello stato patrimoniale, non possa azzerare nell’anno 2000 il valore suddetto, mantenuto invariato nei precedenti esercizi 1998 e 1999, pur in presenza di registrazione di perdite nel patrimonio della controllata, considerate “temporanee” nelle note integrative al bilancio, e svalutare nel conto economico 2000 l’importo del costo di acquisizione suddetto, ai fini della completa deduzione fiscale dell’IRPEG dovuta, e che sarebbe perciò illegittima per violazione dell’art. 61 e art. 66, comma 1 bis, tuir la sentenza che ritenga legittima tale svalutazione in assenza di diminuzione patrimoniale formatasi tra il momento in cui si procede alla valutazione e quello in cui la partecipazione è stata acquistata”.

Il motivo è fondato.

Secondo il generale principio applicabile ai componenti negativi del reddito, “il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 66 (ora art. 101) che prevede la deduzione delle sopravvenienze passive, quali componenti negative del reddito d’impresa, se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, va interpretato nel senso che l’anno di competenza per operare la deduzione stessa deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perchè in quel momento si materializzano gli elementi “certi e precisi” della sua irrecuperabilità, in quanto, diversamente, si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che è criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d’impresa” (Cass. n. 27296 del 2014).

Nella specie i titoli rappresentativi delle partecipazioni nella controllata britannica erano stati qualificati come immobilizzazioni finanziarie, in quanto elementi destinati ad essere utilizzati durevolmente nell’impresa (e non come facenti parte del capitale circolante), secondo una scelta discrezionale degli amministratori che, una volta compiuta, comporta l’obbligo di iscrivere detti titoli nel documento contabile secondo il criterio del costo (D.Lgs. n. 87 del 1992, art. 18) (cfr. Cass. n. 4911 del 2005).

Per la valutazione in sede di bilancio l’art. 2426 cod. civ. stabilisce al n. 3 che “l’immobilizzazione che, alla data della chiusura dell’esercizio risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i nn. 1 e 3 deve essere iscritta a tale minore valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata”.

L’ufficio ha contestato che già nel 1998, l’anno dell’acquisizione del 90% del capitale sociale della Balloon UK Ltd di Londra per Lire 3 miliardi, il bilancio approvato dagli azionisti della società contribuente evidenziava una perdita pari a circa la metà di quel valore, che nondimeno nella nota integrativa veniva considerata “temporanea”, di guisa che non veniva effettuata alcuna svalutazione corrispondente; una analoga considerazione in ordine alla temporaneità di un’ulteriore perdita, verificatasi nel 1999, non portava ad effettuare alcuna svalutazione del patrimonio netto della società. Solo in relazione al bilancio del 2000, ed alla relativa nota integrativa alla voce immobilizzazioni finanziarie il valore era azzerato e nel conto economico veniva indicata in diminuzione la somma totale costituente il costo di acquisto del 90% della società controllata. Correttamente, quindi, veniva recuperato a tassazione tale importo, intempestivamente contabilizzato come svalutazione di partecipazioni, avendo la contribuente contraddittoriamente nel 2000 ritenuto prevalenti le perdite nei due esercizi precedenti considerate temporanee e contingenti.

Trova applicazione sul piano tributario, infatti, per la valutazione di azioni e titoli similari esistenti al termine dell’esercizio l’art. 61, comma 3, lett. b), del tuir, nella vecchia numerazione, secondo cui il valore unitario va ridotto “in misura proporzionalmente corrispondente alle diminuzioni patrimoniali risultanti dal confronto fra l’ultimo bilancio regolarmente approvato dalle società o enti emittenti anteriormente alla data in cui le azioni vennero acquistate e l’ultimo bilancio o, se successive, le deliberazioni di riduzione del capitale per perdite”.

Con il terzo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione dell’art. 63, comma 1 e comma 2, lett. a), tuir, vigenti ratione temporis”, la contribuente chiede, ponendo il relativo quesito di diritto, “se nella dichiarazione dei redditi del 2001 di una società di capitali debba essere inserita, tra altre “variazioni in diminuzione” la percentuale degli interessi passivi corrisposti nell’esercizio considerato, calcolati secondo quanto stabilito dall’art. 63 tuir, sull’intero ammontare dei ricavi e proventi, compresi anche quelli esenti, oppure possa essere inserito tra le “altre variazioni in diminuzione” direttamente l’importo globale degli interessi passivi corrisposti nell’esercizio considerato e conseguentemente sia illegittima la sentenza che ritenga deducibile l’importo globale degli interessi passivi”.

Il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito di diritto, che per un verso non corrisponde compiutamente a quanto esposto nel motivo stesso, e per altro verso si limita a porre una questione giuridica astratta senza un esplicito collegamento con la fattispecie concreta.

Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 74 tuir nel testo vigente ratione temporis, la società contribuente assume che “i costi sostenuti da una società di capitali per l’acquisto di nuovo sistema informatico gestionale non possano essere ricompresi in conto economico tra le spese relative a studi e ricerche, con deducibilità completa nell’esercizio di sostenimento, pur non essendo stati effettuati studi per lo sviluppo del software stesso, e debbano, invece essere imputati tra le spese di utilizzazione pluriennale, deducibili pro quota, trattandosi di spese di ristrutturazione informatica aziendale utilizzata nell’intero ciclo commerciale”.

Il motivo va disatteso, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza sul punto, muovendo dall’erroneo presupposto che tali spese siano state ricomprese in conto economico tra le spese relative a studi e ricerche – disciplinata dal detto art. 74, comma 1 -, con deducibilità completa nell’esercizio di sostenimento, laddove il giudice d’appello ha richiamato il comma 3 del medesimo art., “che prevede che le altre spese ad utilizzazione pluriennale sono deducibili fiscalmente nei limiti della quota imputata a conto economico in ciascun esercizio. Pertanto, si ribadisce la correttezza dell’operato della Società in ordine alla deducibilità delle spese sostenute per l’acquisto del software, in quanto al 31 dicembre 2000 non esistevano i presupposti civilistici per la capitalizzazione delle stesse, nonchè l’arbitrarietà delle eccezioni sollevate dall’ufficio in materia civilistica e l’erroneità della disciplina fiscale da questo applicata”.

Il quinto motivo, con il quale si denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, è infondato, in quanto si limita a prospettare una diversa interpretazione del contratto di acquisto del sistema informatico, in ordine alla quale il giudice d’appello aveva fornito la sua coerente interpretazione (“… in quanto al 31 dicembre 2000 non esistevano i presupposti civilistici per la capitalizzazione delle spese sostenute…”).

In conclusione, va accolto il secondo motivo del ricorso, mentre vanno rigettati il primo, il quarto ed il quinto motivo e dichiarata l’inammissibilità del terzo motivo, la sentenza va cassata in relazione al motivo come accolto e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Tazio in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, il quarto e il quinto e dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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