Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27283 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 29/12/2016, (ud. 27/11/2015, dep.29/12/2016),  n. 27283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATORE Roberto – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.E., rappresentato e difeso dall’avv. Guido R. Corti

e dall’avv. Marcello Caprio, presso il quale è elettivamente

domiciliato in Roma al viale Regina Margherita n. 262;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 103/44/07, depositata il 15 novembre 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27

novembre 2015 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

udito l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per il

controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.E. propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate relativo alle sanzioni, e rigettando l’appello incidentale del contribuente, ha confermato la legittimità l’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF per l’anno 1999, notificato il 24 novembre 2004, con il quale veniva accertato un maggior reddito costituito dalla maggiore (rispetto a quanto dichiarato) plusvalenza realizzata in occasione della cessione di aree edificabili in (OMISSIS), ed ha altresì confermato la legittimità dell’irrogazione delle relative sanzioni per infedele dichiarazione, una volta esclusa ogni difficoltà interpretativa delle norme applicate.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto, con riguardo al valore accertato per la medesima cessione del bene ai fini dell’imposta di registro e dell’INVIM con avviso notificato nel luglio 2001, che era impossibile che ai fini fiscali potessero aversi due diversi valori per la stessa unità immobiliare, in quanto l’art. 49 Cost. imponeva all’amministrazione, in osservanza del dovere di imparzialità, una uniforme valutazione del bene il cui trasferimento è colpito da diversi tributi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso il contribuente denuncia per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione la sentenza impugnata per aver escluso la ricorrenza della carenza di motivazione dell’atto impugnato, da esso ricorrente dedotta soprattutto in considerazione della ragione per cui erano stati disattesi ai fini della determinazione della plusvalenza i valori dichiarati nell’atto di cessione dell’immobile, vale a dire la circostanza che era stato assunto a riferimento il valore accertato ai fini dell’imposta di registro, senza che ciò fosse evidenziato nell’avviso ora impugnato, essendo stato ciò palesato dall’ufficio solo all’atto della costituzione in primo grado; con il secondo motivo denuncia la sentenza per violazione di legge, in relazione alla detta carenza di motivazione dell’avviso impugnato (vedi quesito chiaro); con il terzo motivo, denunciando violazione di legge, contesta la determinazione del valore ai fini della plusvalenza sulla base dell’accertamento compiuto, tanto in ordine al valore iniziale che al valore finale, ai fini dell’imposta di registro e dell’INVIM; con il quinto motivo, denuncia la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 18, comma 2 in ordine al dovere del responsabile del procedimento di provvedere d’ufficio all’acquisizione e alla produzione in giudizio di documenti in possesso dell’amministrazione; con il sesto motivo assume non possa utilizzarsi il valore assegnato agli immobili ai fini del registro e dell’INVIM quale unico presupposto per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 2, ai fini delle imposte sul reddito, in relazione alle plusvalenze dichiarate dal contribuente ex artt. 81 e 82 del tuir e realizzate col medesimo trasferimento; con il settimo motivo censura la sentenza d’appello in ordine al regolamento delle spese.

I primi due motivi del ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente legati, sono fondati.

Questa Corte ha da tempo chiarito come “nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto correttamente motivato l’atto con cui l’Ufficio aveva rettificato, ai fini dell’imposta di registro e dell’INVIM, il valore di un immobile dichiarato in un contratto di compravendita, richiamando in comparazione altro atto di cessione di bene, ritenuto della stessa natura, senza allegarlo integralmente, ma riportandone soltanto alcuni stralci significativi” (Cass. n. 6914 del 2011, n. 9032 del 2013, n. 1906 del 2008).

Nella specie, mentre nell’atto di cessione del terreno si riportava che la vendita veniva “fatta ed accettata per il prezzo di Lire 315.150.000”, nell’avviso di accertamento impugnato – che il ricorrente allega e trascrive nel ricorso – si legge che “la plusvalenza è costituita dalla differenza tra i corrispettivi percepiti, al netto dell’invim, e il prezzo di acquisto del bene, e viene così determinata: a)valore della cessione attribuita al contribuente Lire 515.700.000; valore iniziale del terreno Lire 0; b)invim pagata Lire 19.021.000. Plusvalenza (a-b) Lire 496.679.000”.

Non vengono quindi esplicitate in alcun modo le ragioni per cui l’ufficio ha determinato i “corrispettivi percepiti in Lire 515.700.000”, ed il riferimento ad un precedente atto impositivo rimane del tutto implicito e non palesato al contribuente, e sarà reso noto dall’ufficio con la costituzione in giudizio.

I primi due motivi devono essere pertanto accolti, con assorbimento dell’esame degli ulteriori motivi, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente e segnatamente delle domande dirette alla nullità dell’avviso per carenza di motivazione.

Le spese dell’intero processo vanno compensate fra le parti in considerazione dell’epoca di formazione della giurisprudenza di riferimento.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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