Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2728 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2728 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 1894-2007 proposto da:
NICOLETTI

FRANCO

ALFREDO

C.F.NCLFNC63A21F205T,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI 76,
presso lo studio dell’avvocato DODARO DOMENICO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2013
2569

SIDA SPA IN LIQUID. COATTA AMMINISTRATIVA IN PERSONA
DEL COMMISSARIO LIQUIDATORE;

PEPE ARTURO;
– intimati

Data pubblicazione: 06/02/2014

sul ricorso 4225-2007 proposto da:
PEPE

ARTURO

C.F.PPERTR45A07C361S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 10, presso lo
studio dell’avvocato ANGELINI MASSIMO, rappresentato e
difeso dall’avvocato POLVERINO GIORGIO;

contro

NICOLETTI FRANCO ALFREDO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato
DODARO DOMENICO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata
il 25/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito

l’Avvocato

Angelini

Massimo

con

delega

depositata in udienza dell’Avv.Polverino Giorgio
difensore di Pepe Arturo che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 26.7.2005 Arturo Pepe proponeva opposizione, ex art. 170 D.P.R. 115/2002, avverso il

Tribunale di Roma, nell’ambito del procedimento di opposizione allo stato passivo, ex art. 98 RD. N. 267/1942,
vertente tra lo stesso Pepe e la SIDA s.p.a. in liquidazione cotta amministrativa, liquidava al C.T.U., Franco
Alfredo Nicoletti,l’importo di € 6.794,56, a titolo di onorari e di C 1.091,54 per spese, per un ammontare complessivo di € 7.886,10 oltre IVA.
La C.T.U. era volta ad accertare”l’ammontare delle spettanze del ricorrente sulla base delle prospettazioni contenute nel ricorso ed in relazione alla contrattazione collettiva vigente all’epoca delle prestazioni”.
Nei motivi di opposizione il Pepe deduceva l’eccessività
di detto compenso ex art. 10 della tabella all.ta al D.M.
30.5.2002, nonché delle spese liquidate per l’ausiliario
del C.T.U.
Con ordinanza depositata il 25.10.2006, il G.I. del Tribunale di Roma, accoglieva parzialmente i motivi di ricorso ed, in applicazione dell’art. 10 della tabella di cui
al D.M. cit., relativo al compenso con onorario fisso, liquidava al C.T.U. Nicoletti la minor somma di € 2.255,64
di cui € 1.164,10 per onorari ed € 1091,54 per spese, ri-

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decreto ingiuntivo, in data 14.6.2005, con cui il G.I. del

conosciuto l’aumento degli onorari sino al doppio, ai
sensi dell’art. 52 del T.U. n. 115/2002, oltre accessori di
legge; confermava l’importo già liquidato a titolo di spe-

il consulente ad avvalersi di un ausiliario e che, al riguardo, il ricorrente aveva sollevato “contestazioni del
tutto generiche”;dichiarava interamente compensate fra
le parti le spese del procedimento.
Per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso,
ex art. 111 Cost., Franco Alfredo Nicoletti, formulando
tre motivi. Ha resistito con controricorso Arturo Pepe,
svolgendo, in via incidentale, due cesure illustrate da
successiva memoria illustrativa. Il ricorrente principale,
a sua volta, ha resistito con controricorso.
ricorrente ha depositato atto di inte-

Il difensore del

grazione del contraddittorio nei confronti della S.I.D.A.
s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, in esecuzione dell’ordinanza collegiale 10.1.2013 emessa
all’udienza del 10.1.2013.
Motivi della decisione
il ricorrente, con il primo motivo, deduce tre diversi
profili di censura :
a)illegittimità dell’art. 10 del D.M. 30.5.2002 per violazione dei limiti di delega di cui all’art. 50 T.U.
115/2002; b) in via subordinata, illegittimità costituzio-

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se, rilevando che il G.I. aveva espressamente autorizzato

nale dell’art. 50 D.P.R. cit. in combinato disposto con
l’art. 10 del D.M. 30.5.2002, per violazione degli artt. 3
e 41 Cost.; c) incompatibilità con l’art. 49 del Trattato

l’art. 10 del D.M. cit mtia rimessione alla Corte di
Giustizia delle Comunità Europee della questione sui limiti tariffari inderogabili, posto che l’art. 50, nel fare riferimento alla tariffe professionali esistenti… “contemperate con la natura pubblicistica dell’incarico” e, cioè,
all’unico criterio della “natura pubblicistica
dell’incarico”, escludeva il diverso parametro della tutela del lavoratore mediante la previsione della tariffa
massima per le prestazioni del C.T.U. in materia di rapporto di lavoro, ex art. 10 del D.M. 30.5.2002; tale disposizione andava, quindi, disapplicata dal Giudice in
quanto eccedente i limiti della delega di cui all’art. 50
del D.P.R. cit.
La previsione di detta tariffa massima determinava, peraltro,una ingiustificata disparità di trattamento tra il
compenso per “scaglioni”, dovuto al C.T.U. in materia
contabile e fiscale,ai sensi dell’art. 2 del D.M. 30.5.2002
e quello dovuto nell’ambito di un procedimento in materia di rapporti di lavoro,per il medesimo oggetto contabile e fiscale, determinato in misura fissa, ai sensi dell’art.
10 del medesimo D.M.; del resto, la Corte di giustizia,

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CEE dell’art. 50 D.P.R. cit. in combinato disposto con

’v

con la sentenza del 5.12.2006, aveva già ritenuto che la
fissazione dei minimi tariffari fosse incompatibile con
l’art. 49 del Trattato CEE “sia sotto il profilo della limi-

servizi legali con la conseguente impossibilità di realizzare una concorrenza più efficace nello stesso mercato,
sia sotto il profilo della limitazione di scelta dei destinatari di servizi in Italia”.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt.2 e 10 del D.M.
30.5.2002, posto che, secondo la sentenza della S.C. n.
4818/1997, sono comprese nella previsione dell’art. 10
del D.M. cit. soltanto “le consulenze direttamente riferibili ad un rapporto di lavoro in quanto destinate a fornire
gli elementi di carattere tecnico utili alla decisione su
suoi aspetti controversi,mentre ne sono escluse se il rapporto in contestazione è diverso, anche ove consistano
nella determinazione di retribuzione, o contributi previdenziali, assicurativi, assistenziali e fiscali” ; nella specie, l’incarico peritale era stato conferito al Nicoletti
nell’ambito di un giudizio ordinario e non di un giudizio
“retto dallo speciale rito del lavoro” ad aveva avuto ad
oggetto una complessa ricostruzione contabile ai fine di
determinare l’ammontare dei crediti vantati dal Pepe e
non ammessi nello stato passivo della liquidazione coatta

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tazione dell’accesso dei prestatori al mercato interno dei

amministrativa della SIDA.
Con il terzo motivo il Nicoletti deduce omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo per il giudi-

10 del D.M. cit. affermando che l’elaborato peritale era
afferente “al calcolo delle spettanze professionali asseritamente non percepite nel corso del rapporto di lavoro”,
non considerando che la perizia era stata disposta in un
procedimento ordinario e non innanzi al giudice del lavoro e che nessun accertamento tecnico era stato svolto con
riferimento al rapporto di lavoro in sé.
Con il ricorso incidentale Arturo Pepe lamenta:
A)violazione degli artt. 51 e 52 del T.U. 115/2002;
l’ordinanza impugnata aveva riconosciuto il doppio
dell’onorario nonostante l’incompletezza della perizia
(circostanza che aveva costituito uno dei motivi di opposizione), prescindendo, inoltre, dagli altri due elementi
previsti dagli artt. 51 e 52 T.U. cit. che consentono il
raddoppio del compenso quando “le prestazioni siano di
eccezionale importanza, complessità e difficoltà”; nel caso in esame il raddoppio del compenso era stato giustificato da un “impegno superiore all’ordinario” , sulla base
di una valutazione riguardante le modalità di assolvimento dell’incarico anziché l’oggetto della prestazione;
B)violazione degli artt. 50 e 56 del T.U. 115/2002, con

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zio, laddove l’ordinanza impugnata aveva applicato l’art.

riferimento all’art. 10 del D.M. 30.5.2002 , in relazione
agli artt. 111 Cost. e 360 n. 3 c.p.c.; il Nicoletti era stato
autorizzato ad avvalersi di un ausiliario di segreteria,

lità per i C.T.U. di avvalersi di “altri prestatori d’opera
per attività strumentali rispetto ai quesiti posti con
l’incarico; il riconoscimento della spesa in relazione ad
una generica attività svolta da un “ausiliario di segreteria” era, quindi, illegittimità e, peraltro, tale spesa andava specificata e documentata.
Deve disporsi la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c.,
in quanto proposti avverso il medesimo provvedimento.
Va premesso che l’ordinanza che abbia deciso
sull’opposizione proposta ai sensi dell’art. 170, 1° co.
D.P.R. n. 115 del 2002, è impugnabile con ricorso per
cassazione ai sensi dell’art. 111, 7 0 co. Cost. e che, trattandosi di ordinanza depositata il 20.10.2006, avverso di
essa sono proponibili, ex art. 360 c.p.c., come modificato dal D. Lgs. n. 40/2006, censure per vizio di motivazione. Passando all’esame del ricorso principale, quanto al primo motivo va rilevato che i quesiti di diritto,
formulati a pag. 13 del ricorso, relativamente alle questioni di costituzionalità e di compatibilità comunitaria,
non assurgono, per la loro genericità ed astrattezza, al
livello minimo di ammissibilità ed, in ogni caso, le que-

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mentre l’art. 56 del T.U. 115/2006 prevedeva la possibi-

stione di legittimità costituzionale è, inammissibile, avendo ad oggetto un decreto ministeriale che, in quanto
privo del carattere di norma di rango primario, non è

Le censure riferite all’eventuale disapplicazione del decreto ministeriale citato, sono, comunque, prive di pregio, considerato che il vizio di violazione di delega e
cioè dei principi fissati dal decreto delegato, non sussiste; i criteri di osservare erano, infatti, quelli riferiti
alle tariffe professionali “contemperate con la natura
pubblicistica dell’incarico” e, nel caso di specie, è certamente ravvisabile tale natura, trattandosi di incarico
svolto all’interno del giudizio, su designazione del giudice, sicché non è dato comprendere come e perché sarebbe stata violata la norma primaria.
Infondata è pure la cesura sulla violazione dell’art. 3
Cost. poiché fondata sulla premessa erronea della comparazione della C.T.U. svolta in materia contabile e/o
fiscale,. Tale incarico è, evidentemente, del tutto diverso, sicché la dedotta omologazione con l’incarico in questione, rende manifestamente infondata la asserita violazione del principio di eguaglianza.
Del tutto inconferente è, poi,i1 richiamo all’art. 41
Cost.,perchè non invocabile in relazione
all’espletamento di attività all’interno del processo, co-

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soggetta allo scrutinio della Corte costituzionale.

me la C.T.U.
Del pari priva di pregio è la questione di compatibilità
comunitaria, poiché omette di tener conto delle norme

che l’art. 49 trattato CE, evocato dal ricorrente quale
norma con cui contrasterebbe il D.M., stabilisce, fra
l’altro, che le disposizioni degli artt. 51 e 54 sono applicabili “alla materia regolata dal presente capo”, sicché, in virtù dell’art. 51, comma 1, “sono escluse
dall’applicazione delle disposizioni del presente capo,
per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionaimente,all’esercizio dei pubblici poteri”.
Orbene, trattandosi nel caso in esame di compenso da
liquidare ad un ausiliare del giudice che, in quanto tale
ha la qualità di pubblico ufficiale (V.Cass.n.
14652/2012), non può escludersi che l’attività svolta
all’interno del processo rientri nell’esercizio di pubblici
poteri e, pertanto, la doglianza sul puunto è priva di
fondamento.
Le questioni poste con il secondo motivo sono, del pari,
prive di fondamento. Correttamente, infatti, con il
provvedimento impugnato è stato applicato l’art. 10 del
D.M. 30.5.2002, considerato che la materia oggetto della
C.T.U. concerneva quella in tema di “accertamento di

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applicabili nella specie. Va, in particolare, evidenziato

retribuzioni o di contributi previdenziali, assicurativi,
assistenziali e fiscali” ed è ininfluente,a1 fine della individuazione del criterio di attribuzione della competenza

plicare, la circostanza che una delle parti fosse sottoposto ad una procedura concorsuale.
Al riguardo questa Corte ha affermato che la liquidazione del compenso ai periti e consulenti va effettuato, ex
art. 10 del D.M. 30.5.2002, se riguarda l’accertamento di
retribuzioni o di contributi previdenziali, assicurativi,
assistenziali e fiscali e ogni altra questione in materia
di rapporto di lavoro( Cass. n. 5707/2013).
Consegue che anche sotto l’ulteriore profilo con cui si
assume che la C.T.U. fosse di natura contabile, la censura è infondata, avuto riguardo al fatto che l’incarico era
riconducibile proprio alla materia di cui all’art. 10 cit. la
cui ratio, sulla contenuta entità del compenso, è giustificata dal fatto che esso può gravare sul prestatore di
lavoro, se soccombente.
In ordine al primo motivo del ricorso incidentale si osserva che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la
possibilità di aumentare fino al doppio i compensi liquidati al C.T.U., prevista dall’art. 52 del D.P.R.
30.5.2002, n.115, costituisce espressione di un potere
discrezionale del giudice, che lo esercita sulla base del

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sulla controversia e della disciplina processuale da ap-

prudente apprezzamento degli elementi a sua disposizione e, pertanto, l’esercizio di tale potere, ove congruamente motivato, ( come avvenuto nel caso di specie, ove

alla particolare complessità dell’incarico, insita nella
circostanza “che ha comportato un impegno superiore
all’ordinario”), esula dal sindacato di legittimità ( Cass.
n. 20235/2009).
La contestazione sulla liquidazione del compenso
all’ausiliario del giudice è inammissibile, proponendo
questioni che, da un lato sono nuove, non risultando
proposte negli stessi termini nella fase di merito, avendo l’ordinanza espressamente sottolineato la genericità
dei rilievi svolti in tale fase; dall’altro, vengono avanzate questioni sulla facoltà di nomina dell’ausiliario,
riservata alla discrezionalità del giudice, senza peraltro
che venga dedotta la violazione dell’art. 56 del D.P.R.
115/2002 che, per la quantificazione del compenso, rinvia alla tabella richiamata dall’art. 50 del medesimo
D.P.R.
Alla stregua dei rilievi svolti entrambi í ricorsi vanno
rigettati. Ricorrono giusti motivi, considerata la complessità della questioni trattate e la reciproca soccombenza del ricorrente e del controricorrente Arturo Pepe,
per compensare fra le parti stesse le spese del presente

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la maggiorazione è stata giustificata con il richiamo

giudizio di legittimità; nulla per le spese nei confronti
della SIDA, non avendo essa svolto attività difensiva.
P.Q.M.

Spese compensate fra le parti costituite.
Così deciso in Roma il 10.12.2013

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta.

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