Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2728 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 05/02/2020), n.2728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21111-2018 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI

SEVERANO 35, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FERRI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GUGLIELMO GUERRA;

– ricorrente –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 32, presso lo

studio dell’avvocato MATTEO MUNGARI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

A.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 384/2018 del TRIBUNALE di RIMINI, depositata

il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. P.S. conveniva in giudizio, dinnanzi al Giudice di Pace di Rimini, A.A. e Unipolsai Assicurazioni S.p.a., per sentirli condannare, in solido tra di loro, al risarcimento dei danni patrimoniali subiti a seguito del sinistro stradale avvenuto il 10/12/2012 in Misano Adriatico.

L’attrice assumeva che mentre era in sosta nel parcheggio della scuola con lo sportello destro aperto, per consentire al passeggero di scendere, l’autovettura di A.A., in fase di parcheggio, urtava lo sportello della auto in sosta.

Si costituiva la sola Unipolsai S.p.a. contestando la fondatezza della domanda attorea ed, in particolare, deducendo la colpa concorrente dei conducenti dei veicoli coinvolti.

Il Giudice di Pace con sentenza n. 161/2016 rigettava la domanda proposta da parte attrice, ritenendo sussistente la pari responsabilità per il sinistro di causa ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 2, pertanto, riteneva satisfattiva la somma già corrisposta nella fase stragiudiziale da Unipolsai, e per l’effetto, condannava l’attrice alla refusione delle spese di giudizio in favore dell’Assicurazione.

2. Avverso tale sentenza, proponeva appello P.S..

Il Tribunale di Rimini con sentenza n. 384/2018 del 24/04/2018, riformava parzialmente la pronuncia di primo grado.

Accoglieva il primo motivo, ritenendo errata la sentenza di prime cure che, da un lato aveva riconosciuto la rinuncia alla contestazione dell’assicurazione in ordine al quantum e dall’altro, contraddittoriamente aveva ridotto l’ammontare del danno dovuto, per i costi di riparazione del veicolo rispetto a quello richiesto dall’attrice.

Per il resto confermava quanto affermato dal giudice di prime cure che aveva applicato correttamente al caso di specie la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, ritenendo non raggiunta, in base all’apprezzamento delle prove istruttorie, la prova della responsabilità esclusiva del conducente del veicolo di A.A.. Pertanto condannava la Unipolsai s.p.a. e Antonio Angeli, in solido tra di loro, al risarcimento dei danni subiti da Silvia Pronti nei limiti del grado di colpa attribuito ex lege del 50% in base alla presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, al pagamento della somma residua di Euro 362,75. Compensava le spese.

3. Avverso tale pronuncia, P.S. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi. Unipolsai Assicurazioni S.p.a. resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Entrambe le parti depositano memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole della “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2054”.

Il Tribunale non avrebbe correttamente interpretato l’art. 2054 c.c., comma 2, poichè l’iter argomentativo del Giudice, secondo cui tale norma deve essere applicata ogni volta che non si raggiunga la prova della piena colpevolezza di una parte, avrebbe posto nel nulla le infinite graduazioni della colpa, ricomprese fra la colpa esclusiva e la colpa presuntivamente dichiarata al 50%. Il giudice non avrebbe poi valutato in concreto le modalità del sinistro e le condotte tenute dai conducenti coinvolti, sottraendosi all’obbligo di individuare il grado effettivo di responsabilità sul quale parametrare il conseguente obbligo risarcitorio.

Il motivo è inammissibile in quanto richiede una nuova valutazione dei fatti di causa, attività preclusa al giudice di legittimità, non rinvenendosi nella motivazione sviluppata alcun vizio logico o giuridico idoneo ad inficiare la validità del dispositivo.

Inoltre, il ricorso proposto per cassazione per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, atte a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto nella pronuncia impugnata debbano intendersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, ovvero con la loro interpretazione. In difetto, il ricorso è inammissibile non potendosi all’uopo ritenere sufficiente una apodittica affermazione non seguita da alcuna dimostrazione, stante l’onere del ricorrente di porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la gravata pronuncia (Cass. 11868/2015; Cass. civ. Sez. 2, 12 febbraio 2004 n. 2707; Cass. civ. Sez. 1, 17 maggio 2006 n. 11501; Cass. civ. Sez. 3, 5 giugno 2007 n. 13066).

Nel caso di specie la ricorrente, con il primo motivo di ricorso, pur avendo denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, non ha sviluppato argomentazioni idonee a superare il vaglio dell’inammissibilità.

5.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1, n. 3, in relazione all’art. 1282 c.c., comma 1, ed in relazione all’art. 1277 c.c.”.

Il Tribunale non avrebbe liquidato gli interessi e la rivalutazione monetaria senza alcuna motivazione.

L’attrice sostiene che, essendo il credito richiesto un debito di valore e avendo ad oggetto il ripristino del suo capitale, il Giudice avrebbe dovuto liquidare gli interessi, prima dell’avvenuto fatto illecito, trattandosi di una somma di danaro liquida ed esigibile.

Inoltre, la rivalutazione monetaria ha la funzione di reintegrare il danneggiato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non si fosse verificato, adeguando l’importo della somma in valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale, effettuata, di solito, avvalendosi del coefficiente di rivalutazione elaborato dall’ISTAT.

Il motivo in parte è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. E’ inammissibile, per quanto riguarda la prima parte del credito pagato dall’assicurazione in fase stragiudiziale, perchè ai fini del rituale adempimento dell’onere imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda (e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza), è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza di detto atto processuale, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza di documentazione dello svolgimento del processo nel suo complesso, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame.

Il ricorrente, nel dolersi del mancato riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria del suo credito, non ha adeguatamente indicato in ricorso là dove aveva posto la questione nei gradi di merito.

Qualora il giudice di primo grado nel liquidare un debito di valore non abbia provveduto a riconoscere sulla relativa somma gli interessi compensativi, totalmente o anche solo parzialmente (come nel caso in cui li abbia riconosciuti dalla data della propria sentenza anzichè da quella del fatto dannoso) la mancata impugnazione da parte del creditore con gravame principale o incidentale autonomo di tale implicita statuizione di rigetto osta, per preclusione nascente da giudicato interno, all’attribuzione da parte del giudice di secondo grado dei suddetti interessi (Cass. 8657/2006).

5.2.1. E’ invece fondato per parte del credito riconosciuto dal giudice di secondo grado per la somma di E 362,75, non avendo quegli tenuto conto degli accessori maturati dalla data del fatto al primo pagamento e di quelli successivi.

6. Tanto comporta l’accoglimento, sia pure in parte qua, del secondo motivo e la conseguente cassazione della gravata sentenza, con evidente assorbimento del terzo motivo (con cui la parte ricorrente denunciava la “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, in relazione all’art. 91 c.p.c., ed in relazione all’art. 92 c.p.c.”), devoluta ogni statuizione sulle spese del giudizio al giudice del rinvio, che si identifica nel medesimo tribunale ma in diversa composizione, sulla base dell’esito complessivo della lite.

7. Pertanto, del ricorso va accolto per quanto di ragione il secondo motivo, con assorbimento del terzo e cassazione della gravata sentenza, con rinvio al Tribunale di Rimini, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo e assorbe il terzo; cassa la gravata sentenza in relazione alla censura accolta e rinvia al Tribunale di Rimini, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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