Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27277 del 05/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27277 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 27291-2010 proposto da:
BERARDINELLI

ROBERTO

BRRRRT69D16E335N,

CIRCOLONE

ANTONIO CRCNTN72B21F280D, CRISANTE VITO
CRSVTI71B19C632M, MARANO CESIDIO MRNCSD56DO7D501B,
MARCHEGGIANI GIANCARLO MRCGCR6OL22G482S, MASTRIPPOLITO
FRANCO MSTFNC58B01C776J, MINUCCI RENATO
2013
2809
t

MNCRNT49E19A431X,IMOTTALINI

MILEiNa

PACIOCCO MAURIZIO

PCCMRZ60R12D763N, PUGLIELLI CARMINE PGLCMN60M01F6460,
SETTE PIETRO STTPTR70M09L113K, ZAPPACOSTA DONATO
ZPPDNT70M06Z700U, domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

Data pubblicazione: 05/12/2013

CASSAZIONE, rappresentati e difesi diltavvocatAiNOTTAL14//
rilt_G-4/5q
SINIBALDI MARINA, MEDINA ALBERTO, giusta delega in
atti;
– ricorrenti contro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G.
FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MORRICO
ENZO, che la rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– controricorrente nonchè contro

GHIZZONI S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 870/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 06/11/2009 R.G.N. 1439/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato SINIBALDI MARINA;
udito l’Avvocato MORRICO ENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale DOTT. SERVELLO GIANFRANCO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

SAIPEM S.P.A. in persona del legale rappresentante pro

,

RG 27291-10

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Milano, con la sentenza di cui si chiede la
• cassazione,in riforma della sentenza del Tribunale di Milano, rigettava la

Saipem e Ghizzoni diretta ad ottenere l’accertamento dell’insussistenza del
trasferimento del ramo di azienda denominato “Costruzioni terra Italia”
dalla prima alla seconda delle dette società.

A fondamento del

decisum

la Corte del merito,innanzitutto, poneva il

rilievo secondo il quale il ramo d’azienda, trasferito con cessione del 23
novembre 2000, doveva ritenersi effettivo risultando, sia l’esistenza del
ramo d’azienda “Costruzioni terra Italia”- come comprovato dalla
valutazione tecnica agli atti – da cui era desumibile l’attività di
progettazione e posa di reti di condotte di grande diametro e di macchinari
per tali lavori nonché di personale ivi addetto – , sia la preesistenza di
detto ramo alla cessione come dimostrato dall’accordo per la mobilità del
20 aprile 1999.

Escludeva, inoltre, la Corte di Appello che i vari precedenti tentativi di
aprire procedure di mobilità che avevano comunque comportato periodi di
CIGS potevano rappresentare sequenza di fatti atti ad avvalorare la
prospettazione della cessione del ramo di azienda in frode alla
– legge,potendo, piuttosto, il ricorso successivo alla cessione del ramo di
azienda, previo richiamo dei lavoratori già collocati in mobilità,

1

domanda dei lavoratori in epigrafe, proposta nei confronti delle società

rappresentare una soluzione alternativa, consentita dalla legge n. 223 del
1991, per far fronte alla crisi.

Riteneva, infine, la Corte territoriale che i

lavoratori ricorrenti

appartenevano tutti al ramo d’azienda ceduto dovendosi tanto desumere dai

curricula

e dalla circostanza che tutti erano stati assegnati al

cantiiere di terra in Sicilia e, poi, sospesi in CIG dal giugno 1999.

Avverso questa sentenza i lavoratori in parola ricorrono in cassazione
sulla base di sei censure.

Resiste la società Saipem con controricorso illustrato da memoria

La società Ghizzoni non svolge attività difensiva.

La società Saipem deposita brevi osservazioni ai sensi dell’art. 379, ult.
comma, cpc.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso i lavoratori deducono violazione dell’art.
2112 cc nella formulazione vigente al novembre 2000 e delle direttive CEE
77/187 e 98/50 per avere 191Corte territoriale attribuito al complesso di
beni ceduto da Saipem spa a Ghizzoni spa e denominato “costruzioni terra
Italia” i requisiti necessari a qualificarlo come ramo d’azienda
preesistente alla cessione con conseguente violazione dell’art. 1406cc.

Sostengono i ricorrenti al riguardo che la Corte del merito si è limitata a
• recepire

una sommaria descrizione di beni e persone senza neppure

verificare la relazione esistente tra gli stessi ed in particolare il loro

2

loro

preesistente rapporto organizzativo e funzionale con l’attività che si
asserisce ceduta.

Affermano i lavoratori che la Corte del merito ha negato di fatto la
necessità di valutare l’esistenza di una effettiva organizzazione di beni e

economica organizzata e funzionalmente autonoma, limitandosi, invece, a
rilevare il mero trasferimento sia di lavoratori che di beni così violando
l’art. 2112 cc.

Richiamano, infine, i lavoratori i rilievi mossi alla stima Provasoli ed
insistono nel prospettare che l’entità trasferita non rientra nella
fattispecie regolata dall’art. 2112 cc.

Con la seconda critica i ricorrenti denunciano omessa o comunque
insufficiente motivazione circa l’esistenza e preesistenza di un ramo
d’azienda.

Assumono i lavoratori che il

decisum

della Corte di appello si fonda

esclusivamente sulla perizia «glmativa e su di un verbale sindacale senza
tener conto delle eccezioni sollevate da essi lavoratori e della prova
orale articolata.

Con la terza censura i ricorrenti prospettano violazione dell’art. 111
Cost. e dell’art. 2697 cc in relazione alla prova della preesistenza del
ramo d’azienda.

3

di persone idonea ad attribuire al complesso ceduto la qualità di entità

Affermano i lavoratori, in proposito, che la Corte del merito si è basata
unicamente sui documenti prodotti dalla società non dando ingresso alle
prove da loro articolate.

Le censure che in quanto strettamente connesse da punto di vista logico e

Devesi, innanzitutto ribadire, il principio di diritto affermato da questa
Corte in una vicenda del tutto sovrapponibile alla presente secondo il
quale in materia di trasferimento di parte (c.d. ramo) di azienda, tanto la
normativa comunitaria (direttive CE nn. 98/50 e 2001/23) quanto la
legislazione nazionale (art. 2112, comma quinto, cod. civ., sostituito
dall’art. 32 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276) perseguono il fine di
evitare che il trasferimento si trasformi in semplice strumento di
sostituzione del datore di lavoro, in una pluralità di rapporti
individuali, con altro sul quale i lavoratori possano riporre minore
affidamento sul piano sia della solvibilità sia dell’attitudine a
proseguire con continuità l’attività produttiva. La citata direttiva del
1998 richiede, pertanto, che il ramo d’azienda oggetto del trasferimento
costituisca un’entità economica con propria identità, intesa come insieme
di mezzi organizzati per un’attività economica, essenziale o accessoria, e,
analogamente, l’art. 2112, quinto coma, cc si riferisce alla “parte
d’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività
economica organizzata”. Deve, quindi, trattarsi di un’entità economica
organizzata in modo stabile e non destinata all’esecuzione di una sola
opera (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 24 gennaio 2002, C-51/00),
ovvero di un’organizzazione quale legame funzionale che renda le attività
4

giuridico vanno trattate unitariamente sono infondate.

dei lavoratori interagenti e capaci di tradursi in beni o servizi
determinati, là dove, infine, il motivo del trasferimento ben può
consistere nell’intento di superare uno stato di difficoltà economica(Cass.
– 8 giugno 2009 n. 13171) .

quanto, dopo averlo esplicitamente richiamato, ha, appunto accertato la
sussistenza e preesistenza alla cessione di una attività
caratterizzata da un complesso di macchinari e di persone funzionalmente
organizzata alla progettazione, realizzazione e posa in opera – in terra di reti di condotte di grande dimensione distinto dalla restante attività
della Saipem relativa a progetti che si svolgono in mare e prevalentemente
all’estero.

Tanto la predetta Corte ha desunto, con motivazione adeguata e priva di
illogicità, rispettivamente da una perizia tecnica sulla consistenza
dell’attività in questione e da un accordo di mobilità del 20 aprile 1999
relativo alla collocazione in CIGS proprio degli addetti a siffatta
attività.

Né a diverse conclusioni può indurre il precedente di questa Corte
(sentenza dell’8 giugno 2009 n. 13180) in quanto in tale occasione la
sentenza della Corte di Appello di Milano, confermata in cassazione, che
aveva accolto la domanda del lavoratore, era fondata sostanzialmente sul
rilievo della non inerenza della posizione lavorativa del lavoratore
all’azienda ceduta.

5

A tale principio la Corte del merito si è scrupolosamente attenuta in

Quanto alle, denunciet ex art. 360 n.5n rileva la Corte che

Lik stessq /

risolvendosi in una istanza di rivalutazione delle emergenze istruttorie
come tale inammissibile in sede di legittimità.

Infatti è principio di diritto nella giurisprudenza di questa Corte che
al giudice del merito spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le
prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra
le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente
idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti
(salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di
legittimità non è conferito il potere di riesaminare il merito dell’intera
vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di
controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza
logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito(Cass.
12 febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n.2049).

Con il quarto motivo i ricorrenti assumono violazione dell’art. 1344 cc ed
omessa o comunque insufficiente motivazione circa l’esistenza di un negozio
in frode alla legge.

Deducono i lavoratori che la motivazione della sentenza impugnata è
totalmente silente circa i motivi per i quali non viene ravvisato l’intento
elusivo.

Il motivo è infondato.

6

e:

/

Invero la Corte territoriale fornisce sul punto una articolata e
formalmente coerente argomentazione rilevando che i vari precedenti
tentativi di aprire procedure di mobilità, che avevano comunque comportato
• periodi di CIGS, non potevano rappresentare sequenza di fatti atti ad
avvalorare la prospettazione della cessione del ramo di azienda in frode

di azienda, previo richiamo dei lavoratori già collocati in mobilità,
rappresentare una soluzione alternativa, consentita dalla legge n. 223 del
1991, per far fronte alla crisi.

La mera circostanza che una tale motivazione non risponde alle aspettative
dei lavoratori non può di per sé, a fronte di un logico

iter

motivazionale,comportare l’annullamento della sentenza impugnata.

Con la quinta censura i ricorrenti assumono omessa motivazione circa la
dedotta violazione dell’art. 47 della legge n. 428 del 1990.

Sostengono i lavoratori che la Corte territoriale nulla motiva in ordine a
quanto da loro eccepito sul punto in oltre cinque pagine della memoria di
appello.

L’assunto non è condivisibile.

Infatti la Corte del merito dopo aver richiamato l’orientamento di questa
Corte

ex

sentenza n. 23 del 2000 secondo il quale è irrilevante la

comunicazione della cessione alle RSU ai fini della validità del negozio di
cessione, rileva che in ogni caso la Saipem ha tempestivamente documentato

7

alla legge,potendo, piuttosto, il ricorso successivo alla cessione del ramo

l’invio della comunicazione e la partecipazione della RSU all’esame
congiunto del 23 novembre 2000.

Con l’ultima critica i ricorrenti prospettano violazione dell’art. 2112 cc
in relazione alla ritenuta loro inerenza al ramo ceduto.

che almeno con riferimento a Circolane e

Berardinelli in considerazione della tipica operatività di Saipem, che si
realizza con strutture periferiche, si dovrebbe eludere l’inerenza al ramo
d’azienda ceduto.

La critica non può essere accolta.

La Corte di appello, difatti, sulla base della documentazione in atti, ed
in particolare dei

curricula

dei lavoratori in causa, assume la loro

inerenza al ramo d’azienda ceduto e tanto anche con riferimento a quei
lavoratori assegnati in passato a cantieri non di terra o non in Italia,
in quanto alla conclusioni di tali lavori vennero tutti assegnati al
cantiere di terra in Sicilia e poi collocati in CIGS dal giugno del 1999.

Si tratta all’evidenza di un accertamento di fatto che in quanto sorretto
da congrua motivazione sfugge al sindacato di questa Corte.

Né può essere sottaciuto che la censura di violazione di legge impingendo
nella valutazione dei fatti è inammissibile.

In conclusione il ricorso va rigettato.

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Affermano i lavoratori

Le spese dl giudizio di legittimità seguono la soccombenza in favore della
società Saipem. Nulla deve disporsi per le spese nei confronti della
società Ghizzoni non avendo la stessa svolto attività difensiva.

P.Q.M.

delle spese del giudizio di legittimità che liquida in E. 100,00 per
esborsi ed E. 4000,00 per compensi oltre accessori di legge in favore della
società Saipem. Nulla per le spese nei confronti della società Ghizzoni.

Così deciso in Roma nella camera di Consiglio in data 8 ottobre 2013

Il Presidente

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento

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