Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27270 del 07/10/2021

Cassazione civile sez. III, 07/10/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 07/10/2021), n.27270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33651/2018 proposto da:

Z.R., in qualità di erede di T.A.,

rappresentato e difeso dall’avv.to FELICE DE SIMONE, domiciliato

presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO CHINOTTO 1, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

CARNEVALE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

C.S.;

– intimato –

contro

C.A., rappresentato e difeso dall’avv.to Giuseppe

Colavita, giusta procura speciale in atti domiciliato in Roma,

presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 4340/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Z.R., in qualità di erede di T.A., ricorre, affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che – riformando la pronuncia con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni derivanti dal sinistro stradale occorso nel (OMISSIS) e causato dalla collisione fra due motoveicoli, condotti rispettivamente dal T. e da C.A. (collisione dalla quale erano derivate lesioni personali ad entrambi), ritenendo insufficiente la prova raggiunta sulla dinamica del sinistro – aveva riconosciuto il concorso di colpa nella causazione dell’evento fra i conducenti di entrambi i motoveicoli coinvolti ed aveva liquidato la somma a ciascuno spettante, respingendo, tuttavia, la domanda nei confronti della Generali Ass.ni Spa (già Alleanza Toro Spa) in qualità di impresa designata dal FGVS (evocata in giudizio L. n. 669 del 1969, ex art. 19, lett. b), per mancanza di prova della scopertura assicurativa di entrambi i veicoli.

2. Hanno resistito sia C.A., spiegando anche ricorso incidentale sulla scorta di due motivi, sia la compagnia Generali Ass.ni Spa con controricorso.

3. Entrambi hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2733 e 2697 c.c. e degli art. 115 e 116 c.p.c..

1.1. Lamenta che la Corte d’Appello aveva violato l’art. 116 c.p.c., in quanto aveva fatto prevalere il proprio libero convincimento sulle emergenze processuali, fondate sulle prove legali raccolte, quali l’interrogatorio formale deferito alla controparte (dal quale emergeva, in termini confessori, l’assenza di copertura assicurativa del motoveicolo da lui condotto), e le prove testimoniali assunte che avevano confermato la medesima circostanza.

1.2. Deduce, altresì, la violazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto la decisione aveva omesso di considerare che la parte convenuta aveva spiegato una difesa del tutto generica sulla circostanza relativa alla scopertura assicurativa, proponendo solo nella comparsa conclusionale una eccezione più argomentata ma, comunque, tardiva.

1.3. Si duole, inoltre, della violazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, secondo il quale chi eccepisce l’inefficacia dei fatti dedotti deve provare quelli su cui l’eccezione si fonda: tale principio, in thesi, era rimasto del tutto inosservato dalla Corte, tanto più che si trattava di una situazione caratterizzata dalla “vicinanza della prova”, visto che la compagnia di assicurazioni avrebbe certamente ed agevolmente potuto compiere indagini sull’esistenza della copertura assicurativa dei due motoveicoli.

1.4. Lamenta, infine, che non era stata assegnata alcuna valenza al fatto che la Compagnia aveva spiegato azione di rivalsa nei confronti dello stesso C., rendendo una motivazione, pertanto, del tutto contraddittoria.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole inoltre, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte territoriale non aveva tenuto conto né delle risultanze della prova testimoniale (dalla quale era emersa la scopertura assicurativa del mezzo), né delle dichiarazioni confessorie rese in sede di interrogatorio formale dall’odierno controricorrente, né della condotta processuale delle parti in relazione alla mancata tempestiva contestazione della scopertura assicurativa.

3. Con il ricorso incidentale proposto da C.A., preceduto dalla espressa adesione ai motivi prospettati nel ricorso principale, vengono dedotte due censure, contenenti argomentazioni ad esso sovrapponibili.

3.1. Con la prima, infatti, si lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame delle risultanze istruttorie e delle prove testimoniali con violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 116 c.p.c., comma 1 e dell’art. 2967 c.c..

3.2. Con la seconda si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, error in iudicando ed error in procedendo, con violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115c.p.c. e art. 116 c.p.c., comma 1 e della L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. b).

4. Deve preliminarmente respingersi l’eccezione sollevata dalla compagnia di assicurazione in relazione al difetto di notifica del ricorso principale e di quello incidentale: si assume, al riguardo, che la notifica a mezzo PEC di entrambi i ricorsi sarebbe priva dell’indicazione dell’elenco da cui era stato estratto l’indirizzo PEC del destinatario, come previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter.

Da ciò deriverebbe, in thesi, la nullità della notifica ed il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

4.1. Il rilievo è infondato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare la prevalenza del principio del raggiungimento dello scopo degli atti processuali, in ragione del quale va esclusa l’efficacia invalidante della mancata indicazione, nella relata di notifica, dell’elenco pubblico – tra quelli previsti dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter, da cui è stato estratto l’indirizzo di posta elettronica del destinatario (cfr. Cass. Sez. U., 7665/2016; Cass. 6079/2017, 30927/2018).

4.2. E’ stato specificamente affermato, al riguardo, che “le Sezioni Unite di questa Corte, valorizzando l’introduzione del cd. “domicilio digitale”, hanno ritenuto valida la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo PEC risultante dall’albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6-bis, atteso che, proprio in virtù di tale disposizione, il difensore è obbligato a darne comunicazione al proprio ordine e quest’ultimo è a sua volta obbligato ad inserirlo sia nei registri INI-PEC, sia nel ReGIndE, che sono, per l’appunto, pubblici elenchi” (Cass. Sez. U., 23620/2018). Numerose pronunce hanno poi ribadito la piena legittimità di notifiche eseguite presso l’indirizzo PEC risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC) istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico, espressamente incluso fra i pubblici elenchi del D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16-ter (ex multis Cass. 9893/2019), ribadendo espressamente “il principio, enunciato dalle S.U. n. 23620/2018 (ma, nello stesso senso, già Cass. n. 30139/2017), per cui “in materia di notificazioni al difensore, in seguito all’introduzione del “domicilio digitale”, previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modif. dalla L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv. con modif. dalla L. n. 114 del 2014, è valida la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo PEC risultante dall’albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest’ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest’ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della Giustizia” (Cass. 29749/2019)” (cfr. Cass. 20039/2020 in motivazione).

5. Passando all’esame congiunto, per la sostanziale sovrapponibilità, del ricorso principale e di quello incidentale, il Collegio ritiene che essi siano entrambi infondati.

5.1. La motivazione della Corte territoriale, infatti, pur sintetica in quanto sommariamente riferita alla circostanza che gli attori non avevano affatto fornito la prova della scopertura assicurativa della quale erano onerati, “nemmeno attraverso la prova orale da ognuno indicata” (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata), resiste a tutte le critiche prospettate.

5.2. Per ragioni di antecedenza logica deve essere preliminarmente esaminato il secondo motivo del ricorso principale,che risulta inammissibile.

5.3. Infatti, la critica, ricondotta al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia l’omesso esame di tutto il materiale probatorio raccolto lamentando che la Corte “avrebbe omesso di considerare il fatto decisivo per cui risulta dagli atti, dalle risultanze istruttorie e dalle mancate contestazioni di controparte che i veicoli coinvolti nel sinistro fossero entrambi privi di copertura assicurativa” (cfr. pag. 17 u. cpv. del ricorso): in tal modo, la doglianza si risolve in una critica generica della intera motivazione (non più consentita), non essendo stato indicato quale fosse il fatto storico, principale o secondario, e decisivo per una diversa soluzione della controversia, che la Corte avrebbe omesso di considerare per giungere alla motivazione resa.

5.4. Per il resto, in relazione ai motivi prospettati in entrambi i ricorsi, si osserva preliminarmente come le censure in essi contenute non contengano la contestazione di una errata ripartizione degli oneri probatori fra le parti: ed anzi, il ricorrente principale lamenta, in relazione al primo motivo, “una valutazione imprudente della prova” che si risolverebbe in una interpretazione arbitraria del giudice (cfr. pag. 13 terzo cpv. del ricorso principale), mentre il ricorrente incidentale dà perfino atto di essere consapevole che “la prova della scopertura assicurativa incombe in capo al danneggiato” (cfr. pag. 16 secondo cpv. del suo ricorso) anche se può essere affidata a presunzioni, soprattutto nel caso in cui non sia intervenuta alcuna autorità e non siano stati redatti i relativi verbali.

5.5. Pertanto, pacifico, in relazione al caso di specie, che la scopertura assicurativa rappresenti l’elemento costitutivo della domanda di garanzia spiegata nei confronti della compagnia designata dal FGVS, anche se si tratta di una prova negativa (cfr. in termini Cass. 384/2007; Cass. 14854/2013 e, più specificamente Cass. 26991/2017), le censure proposte, lungi dal denunciare alcuna effettiva violazione del paradigma dell’art. 2697 c.c., nonché di quello dell’art. 116 c.p.c., si limitano a lamentare unicamente una pretesa erronea valutazione di risultanze probatorie.

5.6. Preliminarmente, non è inutile rimarcare come la violazione dell’art. 2697 c.c., si configuri nel caso in cui il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (cfr. Sez. U., Sentenza n. 16598 del 05/08/2016): in buona sostanza, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 11892/2016).

6. Nel caso di specie, i ricorrenti errano nel ritenere che nell’istruttoria siano state raccolte “prove legali”, in quanto il compendio probatorio è costituito dalle prove testimoniali assunte e dall’interrogatorio formale deferito ad una parte che era (ed e’) litisconsorte necessario della compagnia di assicurazione evocata in giudizio dall’altra (L. n. 990 del 1969, ex art. 23, applicabile ratione temporis, norma successivamente trasposta nel D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 291, comma 4), qualità che, ex art. 2733 c.c., comma 2, preclude di assegnare valore di prova legale alla confessione su fatti che riguardino entrambi, visto che la norma teste’ richiamata, in tali casi, rimette esplicitamente al libero apprezzamento del giudice la valutazione delle dichiarazioni rese.

7. Per il resto, le censure si risolvono in una critica alla motivazione.

Vale solo la pena di rilevare, al riguardo, che l’esame della prova testimoniale è rimessa all’insindacabile funzione valutativa del giudice di merito, essendo fondata sul principio del libero convincimento; che la circostanza, apparentemente contraddittoria, rappresentata dall’azione di rivalsa spiegata dalla compagnia, non configura una condotta processuale significativa e significante, volta a dimostrare l’ammissione della scopertura assicurativa contestata, in quanto essa era ragionevolmente imposta da un comportamento difensivo prudenziale; infine, il principio di “vicinanza della prova” è stato invocato in modo talmente generico da risultare recessivo rispetto a tutte le altre argomentazioni prospettate, anche in ragione della circostanza opposta dalla compagnia di assicurazione, concernente l’assenza, all’epoca dei fatti (2003), di un sistema informatico tale da consentire una agevole verifica della copertura assicurativa dei veicoli interessati.

8. Pertanto, il Collegio ritiene che la Corte territoriale sia pervenuta ad una valutazione delle emergenze istruttorie che, pur con motivazione sintetica, mostra di essersi attenuta alla ripartizione degli oneri probatori affermati dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, tanto da poter essere considerata al di sopra della sufficienza costituzionale: essa, infatti, può essere agevolmente ricondotta alle ragioni sopra illustrate che rendono entrambi i ricorsi – principale ed incidentale – infondati.

9. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui sono tenuti per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuti.

PQM

La Corte;

rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Condanna il ricorrente principale e quello incidentale, in solido, alle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente, spese che liquida in Euro 2900,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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