Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2727 del 08/02/2010
Cassazione civile sez. lav., 08/02/2010, (ud. 05/11/2009, dep. 08/02/2010), n.2727
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 21658-2006 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
V.M.R. E V.R. quali eredi della signora
B.V. vedova D.V.C., elettivamente domiciliate
in ROMA, VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell’avvocato D’AMATO
ANTONIO, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CHIANESE SERENA in virtù di mandato conferito dalla signora V.
M.R., giusta procura speciale atto Notar ARNO’ ANNIBALE in
Tuglie del 26/07/06 rep. n. 83045 e dalla signora V.R.
giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrenti –
e contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI
CLEMENTINA, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO,
giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 3739/2005 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata
il 21/11/2005 R.G.N. 46913/1997;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/11/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI Pietro che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Napoli, in riforma della sentenza di prime cure, ha condannato il Ministero del Tesoro (divenuto poi Ministero dell’Economia e delle Finanze) al pagamento, in favore di B. V., della somma di Euro 12.600,18, oltre interessi legali dal 14 aprile 1992 al saldo, a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria maturati su ratei relativi a prestazioni assistenziali. Ha rigettato invece la domanda proposta da B.V. nei confronti dell’INPS. In particolare il giudice del merito affermava che il credito azionato, in quanto derivante da crediti assistenziali, era sottoposto a termine di prescrizione decennale. Sotto altro profilo, premesso che il credito concernente la rivalutazione e gli interessi legali ha la stessa natura del credito relativo alla prestazione previdenziale o assistenziale, attribuiva agli atti di riliquidazione posti in essere dal Ministero il valore di riconoscimento di debito anche per i accessori e quindi affermava la loro efficacia interruttiva del termine prescrizionale.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze affidato ad un unico motivo.
B.V. resiste con controricorso. L’INPS è rimasto intimato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 2943 e 2944 cod. civ. nonchè vizio di motivazione in relazione alla statuizione della sentenza impugnatale ha escluso l’estinzione del credito azionato per intervenuta prescrizione. Deduce infatti che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non è possibile attribuire a una nuova liquidazione degli arretrati relativi a benefici assistenziali valore di riconoscimento del debito anche per gli accessori con conseguente effetto interruttivo della prescrizione relativamente a questi ultimi. Manca infatti nella fattispecie la condizione prevista dalla citata giurisprudenza secondo cui per aversi il suddetto effetto interruttivo occorre che l’ente erogatore abbia considerato parziale il pagamento con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori.
Da ciò consegue, ad avviso dell’Amministrazione ricorrente, che, anche a voler considerare applicabile al caso di specie il termine decennale di prescrizione, il diritto fatta valere in giudizio era comunque almeno in parte estinto a ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 1 alla data della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado avvenuta 12 settembre 1994, Il ricorso è fondato.
Come risulta da quanto fin qui esposto l’Amministrazione ricorrente non contesta il principio, peraltro pacifico in giurisprudenza (cfr.
Cass. S.U. 25 luglio 2002 n. 10955), della prescrizione decennale relativamente ai crediti concernenti rivalutazione e interessi sulle prestazioni carattere previdenziale o assistenziale; l’oggetto della censura è riferito esclusivamente alla statuizione secondo cui le nuove liquidazioni delle somme dovute dovrebbero essere considerate come riconoscimento di debito anche relativamente agli accessori e quindi, nei confronti di questi ultimi, dovrebbero avere efficacia interruttiva del termine di prescrizione decennale.
La censura è fondata. Con la sentenza prima citata le S.U. della S.C. dopo aver affermato che il credito per rivalutazione monetaria ed interessi legali, dovuti sui ratei delle prestazioni assistenziali corrisposti in ritardo, si prescrive in dieci anni a decorrere, per le somme calcolate sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di ciascuno di essi, hanno altresì precisato che non si può attribuire al mero pagamento dei ratei arretrati l’effetto interruttivo di cui all’art. 2944 cod. civ., salvo che il solvens non abbia considerato parziale il pagamento stesso, con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori. In senso conforme cfr., ex plurimis, Cass. 8 maggio 2003 n. 7030 nonchè, da ultimo, Cass. 23 febbraio 2009 n. 4353.
Poichè nel caso di specie non risulta (non essendo mai stato allegato) che l’atto di riliquidazione del credito assistenziale contenesse alcuna riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori, la censura formulata dall’Amministrazione ricorrente deve essere accolta.
La sentenza deve essere pertanto cassata con rinvio ad altro giudice, designato in dispositivo, il quale, in applicazione dei principi sopra affermati, dovrà verificare se sussista ancora un credito di B.V. derivante dalle causali de quibus e non prescritto e, in caso positivo, ne determinerà l’ammontare. Il giudice del rinvio provvedere altresì, ex art. 385 cod. proc. civ., sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010