Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27262 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. I, 30/11/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 30/11/2020), n.27262

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 35371/2018 proposto da:

U.I., rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Villanova,

presso il cui studio in (OMISSIS) elettivamente domicilia, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di VENEZIA n. cronol. 5837/2018 del

26 ottobre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Venezia, con decreto del 26.10.2018, ha respinto la domanda di U.I., cittadino (OMISSIS), di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o, in subordine di quella umanitaria.

Il tribunale ha ritenuto generico e non credibile il racconto di U., il quale aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese in quanto ricercato dalla polizia – con la certezza di subire una condanna a morte se catturato – per aver partecipato, dietro pagamento e fungendo da “palo”, ad un attentato dinamitardo contro la struttura del segretariato del partito (OMISSIS), ed ha pertanto escluso che ricorressero i presupposti per la concessione dello status o della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); ha ritenuto insussistente anche il presupposto di cui alla lett. c) dell’art. cit. rilevando che il richiedente non aveva evidenziato di essere esposto a concrete ed individuali minacce in ragione del conflitto che affligge il (OMISSIS); ha infine affermato che dalla vicenda narrata non emergevano profili di particolare vulnerabilità del ricorrente e che la sua integrazione in Italia non poteva essere considerato fatto determinante ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

4. U.I. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a quattro motivi.

5. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con i primi due motivi il ricorrente prospetta questioni di legittimità costituzionale del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, e, in particolare, del suo art. 1, per violazione dell’art. 77 Cost., art. 10 Cost., comma 2 e art. 117 Cost., comma 1.

1.1 Le questioni sono inammissibili, per difetto del requisito della rilevanza, in quanto il giudice del merito non ha fatto applicazione della norme introdotte dal D.L. citato, ma ha esaminato e respinto le domande alla luce della previgente disciplina.

2. Con il terzo motivo U.I. denuncia la violazione dell’art. 111 Cost. e del principio del contraddittorio; lamenta che il tribunale non abbia svolto alcun approfondimento in sede di audizione, limitandosi a chiedergli conferma delle dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione Territoriale, salvo poi respingere le domande in ragione della loro genericità.

2.1 Il motivo va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il ricorrente non solo non ha allegato i fatti, idonei a chiarire la vicenda narrata, sui quali il giudice avrebbe dovuto sentirlo a chiarimenti (Cass. nn. 3010/2012, 16038/013), ma neppure ha specificamente contestato il giudizio di complessiva inattendibilità delle sue dichiarazioni sul quale il giudice ha fondato il rigetto delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

3. Con il quarto motivo U.I. lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per avere il Tribunale respinto la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit. limitandosi a rilevare che egli non era aveva dichiarato di esser esposto a concrete minacce a causa del conflitto, ritenuto esistente, che affligge la regione di sua provenienza.

3.1 Il motivo è fondato.

Come ripetutamente affermato da questa Corte, l’onere di allegazione del richiedente la protezione sussidiaria, nell’ipotesi descritta nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), diversamente dalle ipotesi di protezione sussidiaria cd. individualizzanti, previste dall’art. 14, lett. a) e b), e in conformità con le indicazioni della CGUE (sentenza 17 febbraio 2009, causa C-465/07), è infatti limitato alla deduzione di una situazione oggettiva di generale violenza indiscriminata – dettata da un conflitto esterno o da instabilità interna – percepita come idonea a porre in pericolo la vita o l’incolumità psico-fisica per il solo fatto di rientrare nel paese di origine, disancorata dalla rappresentazione di una vicenda individuale di esposizione al rischio persecutorio (cfr. Cass. nn. 13940/2020, 14350/2020, 25083/017). Ne consegue che il giudice che, come nella specie, abbia ritenuto sussistente tale situazione oggettiva, non può respingere la domanda per il solo fatto che il richiedente non ha allegato di essere esposto in via diretta al pericolo.

4. Il decreto impugnato va pertanto cassato, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, per un nuovo esame della domanda ancora in contestazione e per la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri motivi, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

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