Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27254 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 24/10/2019), n.27254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2651-2018 proposto da:

AZIENDA AGRICOLA S.M., in persona dell’omonimo titolare,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COLUCCI FRANCO;

– ricorrente –

contro

M.N., titolare dell’omonima DITTA di COSTRUZIONI EDILI,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ODDI PIERLUIGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1050/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 13/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ORICCHIO

ANTONIO.

Fatto

RILEVATO

Che:

è stata impugnata dall’Azienda Agricola S.M. la sentenza n. 1050/2017 della Corte di Appello di L’Aquila con ricorso fondato su un unico articolato motivo e resistito con controricorso della parte intimata.

Deve, per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogarsi, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale ha rigettato l’impugnazione innanzi ad essa interposta dall’odierna parte ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 612/2016.

Con tale decisione il Giudice di prime cure rigettava l’opposizione proposta dalla stessa odierna parte ricorrente avverso il D.I. emesso, per Euro 59.362,58, in favore dell’intimante appaltatore M.N., quale dovuto residuo corrispettivo di opere edilizie di cui alla fattura n. 12/2006.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. – Col motivo del ricorso si censura, rispettivamente sotto il duplice profilo dell’inesistenza della prova del credito e della mancata prova della sua entità, il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1 – L’impugnata sentenza, nel confermare la precedente conforme pronuncia del Tribunale di prima istanza, ha fatto corretta applicazione delle norme e dei principi applicabili nella fattispecie.

Peraltro lo stesso motivo del ricorso, al di là di ripetitive note relative, in generale, alla procedura monitoria, nulla dice di specifico al fine di cogliere eventuali errori della decisione gravata.

Quest’ultima, peraltro, non risulta neppure essere incorsa nel lamentato errore di violazione dell’art. 2697 c.c..

Infatti non ricorre alcuna violazione della stessa invocata norma.

Tale violazione “si configura solo nella ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata, secondo le regole dettate da quella norma, non quando – a seguito di una valutazione delle acquisizioni istruttorie- abbia viceversa ritenuto che la parte onerata abbia o meno assolto tale onere. In tale caso (ed, eventualmente, nella fattispecie in esame) vi è soltanto un erroneo apprezzamento dell’esito della prova sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5″ (Cass. 16 maggio 2007, n. 11216).

” Con la proposizione del ricorso per cassazione il ricorrente non può, difatti, rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento dei fatti svolto dai giudici di merito, tratto dall’analisi degli elementi disponibili ed in sè coerente, atteso -per di più- che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità” (Cass. civ., Sez. VI – Quinta, Sent. 7 aprile 2017, n. 9097).

Il motivo ed il ricorso sono, quindi, del tutto inammissibili.

2. – Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

3. – Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

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