Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27250 del 07/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 07/10/2021), n.27250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PONTERIO Carla – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10190-2020 proposto da:

S.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato LORENZO GIULIANI;

– ricorrente –

contro

U.C.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 809/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA

LEO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 12.12.2019, ha accolto parzialmente il gravame interposto da U.C.E., nei confronti di S.T. e, in parziale riforma della sentenza del primo giudice, ha condannato quest’ultima al pagamento, in favore della U., della somma di Euro 8.212,81, oltre accessori, a titolo di differenze retributive per le prestazioni di lavoro domestico rese dall’1.8.2012 al 15.1.2014, con riferimento all’inquadramento spettante nel livello BS del CCNL Lavoro domestico per l’attività di assistenza a persona anziana autosufficiente e per le attività connesse alle esigenze di pulizia della casa e del vitto svolte per il nucleo familiare dell’appellata presso cui viveva l’assistita.

2. I giudici di secondo grado, per quanto ancora di rilievo in questa sede, hanno osservato che “costituisce giurisprudenza pacifica sul punto quella per cui “In materia di mansioni del lavoratore, qualora sia richiesto in giudizio il riconoscimento di una determinata qualifica, superiore a quella di inquadramento formale, il giudice – senza con ciò incorrere nel vizio di ultrapetizione – può riconoscere l’inquadramento in una qualifica intermedia tra quella richiesta dal lavoratore e quella attribuita dal datore di lavoro purché il lavoratore prospetti adeguatamente gli elementi di fatto relativi allo svolgimento di mansioni della qualifica intermedia (cfr. Cass. n. 22872 del 2013)”.

3. Per la cassazione della sentenza S.T. ha proposto ricorso affidato a due motivi; U.C.E. non ha svolto attività difensiva.

4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi del codice di rito, art. 380-bis.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con il primo motivo di ricorso si censura la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, in relazione all’art. 116 c.p.c., in riferimento alla valutazione delle prove testimoniali, difetto di motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, motivazione apparente, manifesta ed irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa ed incomprensibile”, per avere la Corte territoriale riformato la sentenza di primo grado sul presupposto che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della S. fosse priva di fondamento e per avere, conseguentemente, “ricondotto il rapporto di lavoro in capo alla esponente anche per il periodo 1.7.12/17.12.12, dopo avere ritenuto pienamente attendibili i testi C.B., ed i figli G. e D., circostanza che il Tribunale di Teramo aveva invece escluso”.

6. Con il secondo motivo si denunzia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 1388,1389 e 2094 c.c., della L. n. 339 del 1958, art. 1, del D.P.R. n. 223 del 1989, art. 4, del CCNL Colf e Badanti, art. 10, nonché contraddittoria motivazione in riferimento all’eccepito difetto di legittimazione passiva della attuale ricorrente”.

7. I due motivi sono entrambi inammissibili sotto diversi e concorrenti profili: il primo per la formulazione non più consona con le modifiche introdotte all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012, applicabile, ratione temporis, al caso di specie, poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata il 12.12.2019. Ed invero, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Orbene, poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata depositata, come riferito in narrativa, in data 12.12.2019, nella fattispecie si applica, come innanzi anticipato, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (v. Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; né, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”. E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale dei giudici di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015), che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche congrue poste a fondamento della decisione impugnata.

Inoltre, il primo motivo tende, all’evidenza, ad una rivalutazione del merito attraverso una nuova valutazione delle prove, non consentita in questa sede (Cass. n. 17611 del 2018; Cass. n. 13054 del 2014; Cass. n. 6023 del 2009).

8. Il secondo mezzo di impugnazione, in particolare, solleva diverse censure senza il rispetto del canone della specificità del motivo, che determina, nella parte argomentativa dello stesso, la difficoltà di scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio e, dunque, di effettuare puntualmente l’operazione di interpretazione e di sussunzione delle censure (cfr., tra le molte, Cass. n. 21239 del 2015, Cass. n. 7394 del 2010, Cass. n. 20355 del 2008, Cass. n. 9470 del 2008).

Peraltro, nel secondo motivo, alcune delle violazioni lamentate attengono all’esegesi del CCNL Colf e Badanti, art. 10, che non è stato prodotto (e neppure indicato nell’elenco dei documenti offerti in comunicazione unitamente al ricorso per cassazione), né trascritto per intero, in violazione del principio, più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente (arg. del codice di rito, ex art. 366, comma 1, n. 6) quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (v., ex plurimis, Cass. n. 14541 del 2014). Il ricorso di legittimità deve, infatti, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 10551 del 2016; Cass. n. 23675 del 2013; Cass. n. 1435 del 2013). Per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità delle doglianze svolte, al riguardo, dalla ricorrente.

8. Per le considerazioni innanzi svolte, il ricorso va dichiarato inammissibile.

9. Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di legittimità, poiché U.C.E. è rimasta intimata.

10. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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