Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2725 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2725 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: FALASCHI MILENA

assoluta Prova
Interrogatorio
formale

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 10293/07) proposto da:
PIZZI AMERIGO e ANGELONI ALBERTA, rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a
margine del ricorso, dall’Avv.to Roberto Sacchi del foro di Lucca e dall’Avv.to Edmondo Tomaselli
del foro di Roma ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via
Piemonte n. 39/A;
– ricorrenti contro
NEW ETRUSCON PROPERTIES COMPANY Limited in liquidazione, in persona del liquidatore
pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.to Giovanni Cocco (deceduto) del foro di Roma, in
virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, domiciliata in Malta, Suite 1-17, in
Sir A. Bartolo street;

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Data pubblicazione: 06/02/2014

- controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 232 depositata il 15 febbraio 2006.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 23 ottobre 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

Core, che — in assenza delle parti – ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso,
l’accoglimento del secondo, del terzo, del quarto e del quinto, assorbito il sesto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 3 novembre 1999 Americo PIZZI e Alberta ANGELONI
evocavano, dinanzi al Tribunale di Lucca, la NEW ETRUSCON PROPERTIES COMPANY
Limited esponendo di avere costituito il 17.12.1982 la Calzaturificio FAB s.r.l. e che a causa della
crisi economica della società, avevano chiesto finanziamenti bancari e sottoscritto fideiussioni,
consentendo iscrizioni ipotecarie suoi propri beni personali; aggiungevano che essendo la
situazione patrimoniale della società divenuta sempre più gravosa, si erano rivolti all’Avv. Fausto
Salerno, che consigliava loro, allo scopo di sottrarre i propri beni ai creditori, di cederli a terzi,
riservando per alcuni l’usufrutto, indicando come possibile acquirente la società maltese NEW
ETRUSCON PROPERTIES; proseguivano che il 27.11.1992 era stati convocati a Roma, presso
lo studio del notaio Andrea Fedele ed avevano sottoscritto contratto di vendita della piena
proprietà di alcuni beni e della nuda proprietà di altri, per il prezzo complessivo di £. 825.000.000,
che dall’atto risultava versato, mentre i venditori non avevano ricevuto alcunchè, per cui lo stesso
notaio li invitava a cautelarsi, garanzie che chiedevano all’Avv. Salerno, presente all’operazione, il
quale consegnava loro fotocopia informale di una procura speciale a vendere gli stessi immobili,
rilasciata dalla società acquirente, assicurando che avrebbe consegnato l’originale in un momento
successivo, promessa cui però non dava corso; concludevano che resisi conto del raggiro subito,

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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sergio Del

gli attori avevano immediatamente avvisato gli istituti bancari creditori dell’occorso, i quali
chiedevano, perciò, il fallimento del Calzaturificio FAB, dichiarato con sentenza del 9.12.1994, ed
avevano denunciato l’Avv. Salerno. Tanto premesso, chiedevano di sentire dichiarare nullo e
quindi revocare il contratto di compravendita del 27.11.1992 per illiceità della causa, tendendo a

la simulazione assoluta dello stesso contratto.
Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della NEW ETRUSCON PROPERTIES COMPANY
Limited in liquidazione, la quale dichiarava che il suo attuale rappresentante non era a
conoscenza dei fatti, essendo stato nominato solo successivamente agli eventi esposti in
citazione, e comunque assumeva di avere regolarmente acquistato i beni elencati nella
compravendita, il giudice adito, istruita la causa con la sola produzione documentale, respingeva
le domande attoree.
In virtù di rituale appeiie interposto dai PIZZI a dalla ANGELONI, con il gualw kliwd~nd
dichiarare la simulazione assoluta del contratto di compravendita del 27.11.1992, censurando la
decisione del giudice di prime cure di non ammettere le prove orali, la Corte di appello di Firenze,
nella resistenza della società appellata, rigettava l’appello e per l’effetto confermava la decisione
impugnata.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale preliminarmente rilevava che non poteva
trovare accoglimento l’istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della

sottrarre fraudolentemente i beni alla garanzia dei creditori e, in via subordinata, sentire dichiarare

definizione del procedimento penale nei confronti dell’Avv. Salerno in difetto di un rapporto di
pregiudizialità giuridica, considerata l’ampiezza del giudizio penale ed il suo oggetto, che
raffrontato a quello civile, al più avrebbe potuto ipotizzare l’eventuale passaggio in giudicato della
pronuncia di accoglimento della domanda di simulazione assoluta con efficacia pregiudiziale nel
processo penale, non potendo fare stato nei confronti della società acquirente l’eventuale
condanna degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta.

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N1/4)6

Nel merito, l’azione prospettata nell’atto introduttivo era da ricondurre nell’ambito della
simulazione assoluta, assumendo gli attori che le parti avevano voluto la sola stipulazione formale
dell’atto di acquisto, per la quale trovavano applicazione le limitazioni alla facoltà di prova previste
dagli artt. 1417 e 2722 c.c. ovvero circa la configurabilità della situazione di impossibilità morale di

Aggiungeva quanto al deferito interrogatorio formale, che pur rivolto a provocare la confessione
giudiziale della persona fisica autorizzata a rappresentare in giudizio la società appellata, era
nella specie completamente inutile, perché rivolto a soggetto che obiettivamente non aveva
alcuna conoscenza dei fatti di causa, oltre ad essere irrilevanti le circostanze dedotte ai capi 1 e 2
e a non provare la simulazione assoluta la confessione del mancato pagamento del prezzo,
neanche nella diversa versione difensiva esposta dagli appellanti nella comparsa conclusionale
circa le articolate modalità di non corresponsione del corrispettivo, definita tardiva la produzione di
nuovi documenti nel giudizio di impugnazione.
Concludeva nel senso della irrilevanza della prova della simulazione assoluta anche dei due atti
del procedimento penale richiamati, avviso di sottoposizione ad indagini e fotocopia di procura
speciale a vendere gli stessi beni oggetto della compravendita del 27.11.1992, che costituivano
esclusivamente dimostrazione dell’ipotesi accusatoria a sostegno dell’imputazione di bancarotta
fraudolenta, non idonea di per sé a provare l’esistenza della dedotta simulazione.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Firenze hanno proposto ricorso per
cassazione i PIZZI — ANGELONI, articolato su sei motivi, al quale ha replicato la NEW
ETRUSCON PROPERTIES COMPANY con controricorso.
Fissata pubblica udienza al 13.3.2013, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo perché vanamente
tentata la comunicazione alla sede della società controricorrente, in Malta, dell’udienza di
discussione, risultato deceduto l’unico difensore, comunicazione che veniva nuovamente disposta
sia in Malta sia presso la cancelleria di questa Corte.

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procurarsi la prova scritta ex art. 2724 n. 2 c.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE
Rileva preliminarmente il Collegio che essendo stato il ricorso proposto avverso sentenza
depositata il 15 febbraio 2006 e quindi in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgvo n. 40

conclusione di ciascuna censura.
Osserva, altresì, che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del
processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare ed impedire
comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano
certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità
superflue, perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal
rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla
partecipazione al processo in condizioni di parità dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale
è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione
infondato o inammissibile — come nella specie, alla luce delle argomentazioni che di seguito si
illustreranno — appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, non essendovi la prova
in atti del buon esito alla New Etruscon della comunicazione della data di udienza, la fissazione di
una nuova udienza per il rinnovo di detta attività, atteso che il rinvio si tradurrebbe, oltre che in un
aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione,
senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti
(in tal senso, Cass. 8 febbraio 2010 n. 2723; Cass. SS.UU. 22 marzo 2010 n. 6826; Cass. 13
ottobre 2011 n. 21141).
Tanto chiarito, con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione o falsa applicazione
dell’art. 295 c.p.c. in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. per non avere ritenuto la corte di merito
ricorrere una pregiudizialità dell’accertamento penale rispetto a quello civile, senza tenere conto

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del 2006, non si farà luogo alla trascrizione dei quesiti di diritto, pur riportati nell’atto a

che pur in mancanza di identità dei soggetti fra i due giudizi e la possibilità della sentenza penale
di costituire giudicato esterno nel procedimento civile, tuttavia per la regola del giusto processo,
che impone la realizzazione dell’effettività della tutela, evitando eccessivi formalismi, avrebbe
dovuto provvedere nel senso di una decisione fondata sull’accertamento veritiero dei fatti.

diritto di difesa, essendo contrario a logica che ‘qualora una parte… non abbia a disposizione tutto
il materiale probatorio necessario, che deve in parte essere raccolto nel processo penale
pregiudiziale “logicamente”, non possa ottenere la sospensione del processo e venga così lesa
nel proprio diritto di difesa’. L’evidente rilevanza della intestazione fittizia degli immobili alla
società resistente quale accertamento penale risulta anche dal corretto criterio di interpretazione
della fattispecie alla luce delle disposizioni di cui al D.Lg.vo 8.6.2001 n. 231.
Il motivo è privo di pregio.
Deve in primo luogo osservarsi che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte
(cfr., da ultimo, Cass. 17 giugno 2013 n. 15112), poiché nel nuovo codice di procedura penale
non è stata riprodotta la disposizione di cui all’art. 3, comma 3, del codice abrogato, si deve
ritenere che il nostro ordinamento non sia più ispirato al principio dell’unità della giurisdizione e
della prevalenza del giudizio penale su quello civile, essendo stato dal legislatore instaurato il
sistema della pressoché completa autonomia e separazione fra i due giudizi, nel senso che,
tranne alcune particolari e limitate ipotesi di sospensione del processo civile previste dall’art. 75,
comma 3, del nuovo codice di procedura penale, da un lato il processo civile deve proseguire il
suo corso senza essere influenzato dal processo penale e, dall’altro, il giudice civile deve
procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità (civile) con pienezza di
cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale. La Corte
territoriale non era pertanto vincolata a sospendere il processo de quo in attesa della definizione
del giudizio penale al quale hanno fatto riferimento i ricorrenti.

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Conseguenza della pronuncia di diniego di sospensione del processo è stato il pregiudizio del

Ciò premesso deve sottolinearsi che la Corte ha adeguatamente motivato il proprio rifiuto di
sospendere il processo, avendo osservato che le circostanze di fatto rilevanti ai fini del decidere
— in difetto di un rapporto di pregiudizialità giuridica e stante l’ampiezza del processo penale ed il
suo oggetto — ad un raffronto con il giudizio civile, al più avrebbe potuto determinare l’eventuale

quindi una pregiudizialità invertita, non potendo fare stato nei confronti della società acquirente
l’eventuale condanna degli imputati (Pizzi ed Angeloni) per il reato di bancarotta fraudolenta.
Il contrasto, pertanto, riguarda il solo accertamento della natura simulata della compravendita,
che la Corte ha però chiarito che ove accertata avrebbe avuto efficacia di giudicato proprio nel
giudizio penale, a favore del quale si chiedeva la sospensione.
La censura dei ricorrenti, tesa ad evidenziare l’esigenza di un accertamento “veritiero dei fatti”
sottoposti alla valutazione del giudice penale, non appare idonea a porre in discussione la logicità
della motivazione posta dalla Corte di merito a base del rigetto dell’istanza di sospensione. Si
tratta infatti di contraddizioni che la Corte, con un giudizio di fatto, di esclusiva competenza del
giudice di merito, ha ritenuto, sulla base di una motivazione congrua, sostanzialmente irrilevanti
al fine del decidere.
Per completezza di analisi delle tesi svolte dai ricorrenti va evidenziato che la responsabilità
inquadrata nel paradigma di cui all’invocato D.Lg.vo n. 231 del 2001 attiene esclusivamente alla
responsabilità “amministrativa da reato” dei soggetti collettivi (di cui è dubbia la natura penale o

passaggio in giudicato della pronuncia di accoglimento della domanda di simulazione assoluta e

extrapenale) e la società acquirente non era parte del giudizio penale per bancarotta per
distrazione relativamente agli immobili venduti dai ricorrenti alla medesima società, di cui si
discute, con la conseguenza che la sentenza pronunciata in esito allo stesso non avrebbe potuto
avere alcuna efficacia nel giudizio civile proposto nei confronti della New Etruscon per le
restituzioni.

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Np-\

Con il secondo motivo viene denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 1417
e 2733 c.c. per non avere la corte distrettuale ammesso l’interrogatorio formale sul presupposto
che il legale rappresentante della società in comparsa di costituzione aveva già dichiarato di non
essere personalmente a conoscenza dei fatti di causa essendo stato nominato successivamente

la confessione giudiziale tout court.

Con il terzo motivo viene dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1414, 1417,
2733, 2727 e 2729 c.c. per non essere stato ammesso l’interrogatorio formale per irrilevanza,
effettuando comunque un giudizio prognostico sull’esito della prova che lede il diritto di difesa.

I due mezzi, tra loro strettamente dipendenti, vertendo sulla medesima questione della mancata
ammissione dell’interrogatorio formale del legale rappresentante della società resistente — per cui
meritano di essere trattati congiuntamente – non possono dirsi fondati.
Ritiene il Collegio di dovere preliminarmente affrontare la concreta valenza dell’obbligo di prova
scritta della simulazione. Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di prova
della simulazione di contratti di compravendita di immobili, che esigono la forma scritta ad
substantiam, l’interrogatorio formale, in quanto diretto a provocare la confessione del soggetto cui
è deferito, è ammissibile anche tra le parti solo se sia rivolto a dimostrare la simulazione assoluta
del contratto, perché in tal caso oggetto del mezzo di prova è l’inesistenza della compravendita

agli eventi riportati in citazione, senza tenere conto che l’interrogatorio formale tende a provocare

immobiliare, e non anche se il mezzo probatorio tenda a dimostrare la simulazione relativa del
contratto stesso (v. Cass., sentt. n. 1011 del 1992, n. 13584 del 1991; più di recente, Cass. 24
novembre 2008 n. 27887).
Da tale premessa consegue che vertendosi pacificamente nella specie in ipotesi di simulazione
assoluta, le limitazioni poste dall’ad. 1417, comma 2, c.c. non riguardano l’interrogatorio formale
(in precedenza Cass. n. 13584 del 1991) ma solo la prova testimoniale e, correlativamente (ai

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Ng/

sensi dell’art. 2729, comma 2, c.c.) e quella per presunzioni, essendo l’interrogatorio formale un
mezzo di prova diretto ad ottenere l’effetto legale tipico della confessione. E’ stato, inoltre,
precisato che attraverso le risposte date dall’interessato in sede di interrogatorio formale può
essere utilmente acquisita sia la prova piena che un principio di prova, nel caso in cui le risposte

prova testimoniale in deroga al normale divieto.
Va, inoltre, rilevato che la parte ricorrente ha adempiuto all’obbligo di riproduzione dei capitoli
d’interrogatorio formale non ammessi nel ricorso, così come richiesto a pena d’inammissibilità
della censura, sotto il profilo del vizio di motivazione, dalla giurisprudenza di legittimità (cfr Cass.
n. 5043 del 2009 in relazione alle pagg. 7 e 8 del ricorso) .
Di interesse in questo percorso argomentativo è, altresì, l’orientamento assunto da questa Corte
con riguardo all’ammissione dell’interrogatorio formale secondo cui non può essere negata solo
per il fatto che la parte interroganda abbia, in atti processuali pregressi, smentito quanto dedotto
nell’interrogatorio, atteso che l’interrogatorio formale ha proprio lo scopo di provocare la
confessione (cfr Cass. n. 5884 del 1993).
Ed ha ancora statuito che la valutazione del giudice in ordine all’ammissibilità ed alla rilevanza di
un interrogatorio formale va effettuata, ai sensi dell’art. 187 c.p.c., sulla base del contenuto dei
capitoli in rapporto ai termini della controversia, e non in base al supposto esito del mezzo
istruttorio, perché altrimenti la detta valutazione si risolverebbe in un apprezzamento fondato su
una supposizione (cfr Cass. n. 3380 del 1995).
A conclusione della ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali nel tema che ci occupa va,
infine, riportato l’indirizzo di questa Corte secondo cui il giudice del merito non è tenuto ad
ammettere ulteriori mezzi di prova richiesti dalle parti, allorché, sulla base delle risultanze
istruttorie acquisite al processo sia già in grado di formarsi un convincimento (cfr., ad esempio,
Cass., 20 giugno 1994, n. 5925, nonché Cass., 10 maggio 1995, n. 5106). Ne deriva che

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siano tali da rendere verosimile la simulazione, con la conseguenza di rendere ammissibile la

l’interrogatorio formale, essendo diretto a provocare la confessione della parte alla quale è
deferito è sempre ammissibile, purché concludente e non in contrasto con gli elementi probatori
già acquisiti, si da apparire dilatorio e defatigatorio (Cass. 9 maggio 1996 n. 4370).
Alla luce di siffatto quadro giurisprudenziale non può non condividersi l’assunto dei

del richiesto interrogatorio formale del legale rappresentante della New Etruscon è erronea
laddove ha argomentato con la mancanza di una percezione diretta dei fatti da parte dell’attuale
liquidatore della società, essendo al riguardo sufficiente il riconoscimento della stipula
dell’accordo simulatorio da parte del soggetto (la New Etruscon) nei confronti del quale si
dispiegano, in via esclusiva, gli effetti del medesimo. Del resto un tale ragionamento (necessità
della conoscenza diretta delle circostanze a contenuto confessorio) determinerebbe un regime
derogatorio in favore di tutti i soggetti diversi dalla persona fisica, del tutto irragionevole anche
sotto il profilo della compatibilità costituzionale secondo i parametri degli artt. 3 e 24 Cost..
Nonostante ciò le censure non possono essere accolte posto che nella specie il giudicante ha,
adeguatamente e congruamente, motivato la mancata ammissione del dedotto interrogatorio
anche sulla considerazione che le circostanze dedotte erano irrilevanti a provare la simulazione
assoluta, in particolare, quella relativa ad accordi antecedenti (con soggetto terzo, l’Avv.to
Salerno: capitolo 2) alla stipula del contratto, cui la New Etruscon non avrebbe mai preso parte
(per ammissione degli stessi ricorrenti) ed al mancato pagamento del prezzo (capitolo 3), pacifici i
fatti dedotti ai capitoli 1 (l’essersi la New Etruscon resa disponibile ad acquistare la piena o la
nuda proprietà degli immobili dei ricorrenti per il prezzo di £. 820.000.000) e 4 (mai fatta pervenire
ai ricorrenti procura notarile dalla nuova proprietaria degli immobili, consegnata agli stessi, il
giorno del rogito, solo la fotocopia di una procura).
Orbene, in tema di accertamento della simulazione assoluta, in assenza di controdichiarazione, la
prova è indiziaria e presuntiva, e trovano applicazione i principi da tempo affermati in materia di

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ricorrenti secondo il quale la motivazione adottata dalla Corte di appello per negare l’ammissibilità

presunzioni (semplici), e cioè che: rientra nei compiti del giudice del merito la ricerca e la
valutazione in termini di idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano
secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit; i requisiti della gravità, della precisione e della
concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricercati in relazione al complesso degli indizi,

senza omettere un apprezzamento così frazionato al fine di vagliare preventivamente la rilevanza
dei vari indizi, di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto
articolato e globale; il giudizio di idoneità dei fatti posto a fondamento dell’argomentazione
induttiva, traducendosi in un accertamento relativo a una mera quaestio voluntatis, è rimesso al
potere discrezionale del giudice di merito; quindi, in ordine a tale mezzo probatorio, il controllo
della cassazione non può riguardare il convincimento del giudice sulla rilevanza probatoria degli
elementi indiziari o presuntivi, che costituisce un giudizio di fatto, ma solo la congruenza sul piano
logico e giuridico del procedimento seguito per giungere alla soluzione adottata (cfr Cass. 26
novembre 2008 n. 28224).
Nella specie la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di prova
presuntiva, affermando che la prova della simulazione assoluta del contratto di vendita stipulato
tra la società ed i ricorrenti non potesse ritenersi raggiunta nell’ottica del solo mancato pagamento
del prezzo, giacchè tendente non già alla confessione della simulazione dell’intero contratto, ma
della mera quietanza, anche alla luce dell’assunto degli stessi ricorrenti circa la esistenza di una
vicenda ben più complessa relativamente alla questione del pagamento del prezzo (prelievo da
parte di Ausilia Salerno dal conto corrente del fratello, Paolo Salerno, di £. 350.000.000,
consegnato il denaro alla New Etruscon ed emessi da quest’ultima assegni circolati per £.
350.000.000 intestati ai ricorrenti e loro consegnati, che poi li avrebbero cambiati e versato £.
350.000.000 ad Ausilia Salerno, che a sua volta li avrebbe riversati sul conto corrente del fratello).

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soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur

D’altro canto poiché l’interrogatorio formale mira a provocare la confessione della parte alla quale
è deferito, ne va esclusa o ritenuta l’ammissibilità in base non già al generale criterio di rilevanza
come ipotetica o potenziale idoneità del mezzo di prova ad acquisire elementi di conoscenza utili
per la decisione, bensì alla specifica natura del fatto indicato ed alla sua idoneità a formare

contenuto e dell’articolazione delle domande e delle eccezioni, sicché l’interrogatorio va
ammesso se veda su un fatto che, una volta che l’interrogando risponda affermativamente,
possa costituire prova contro di lui ai fini dell’accoglimento di domande o di eccezioni (cfr Cass.
24 marzo 2003 n. 4243).
Si sottrae, conseguentemente, a censura la corte di merito per avere, con giudizio di superfluità
ovvero di irrilevanza, non ammesso l’interrogatorio formale deferito alla New Etruscon sul rilievo
che il solo mancato pagamento del prezzo degli immobili (diversamente da quanto indicato
nell’atto di vendita) non costituiva prova della simulazione assoluta della vendita medesima, per
cui si presenta fuori di luogo la tesi difensiva dei ricorrenti secondo cui la corte avrebbe
erroneamente valutato gli elementi indizianti contenuti nei capitoli di prova esaminandoli
isolatamente e non nel loro complesso, mentre avrebbe dovuto porli in rapporto gli uni con gli altri
per accertarne la pregnanza conclusiva, essendo palesemente inconferenti rispetto alle
considerazioni sopra svolte.

Con il quarto motivo viene lamentata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414,
1417, 2724, 2729 e 1188 c.c. per avere il giudice distrettuale ritenuto che gli appellanti avevano
introdotto una prova documentale nuova tendente a dimostrare che in effetti un pagamento del
prezzo vi era stato, mentre di converso si voleva dimostrare che l’Avv. Salerno aveva ideato un
meccanismo che prevedeva una serie di passaggi di denaro privi del sottostante rapporto
causale e che quindi difettava dell’effetto solutorio.

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oggetto di confessione. A tale fine il carattere sfavorevole del fatto va determinato in funzione del

Il motivo prima che infondato è inammissibile.

Quanto alla produzione di documenti tendenti a dimostrare l’operazione bancaria di cui al mezzo
(parziale pagamento del prezzo da parte della New Etruscon, con la corresponsione di assegni

secondo la prima versione, sarebbe stato consegnato alla sorella dell’Avv.to Salerno, Ausilia
Salerno, tesi poi modificata, assumendo la dazione ai figli dell’Avv.to Salerno), il vizio denunciato
non si fa carico di smentire o censurare le argomentazioni con le quali, con esemplare puntualità,
la Corte territoriale ha affermato essere stati allegati alla comparsa conclusionale in grado di
appello.

Ne consegue che la doglianza prospetta una questione di un giro di denaro che involge un
evento su cui non risulta essersi in precedenza svolto il dibattito processuale, e, quindi, una
circostanza nuova, di cui, inoltre, in violazione del principio di specificità dei motivi del ricorso,
non si chiariscono gli estremi temporali di acquisizione in giudizio, dal momento che la stessa
corte afferma che l’assunto quanto al pagamento parziale del prezzo è stato “da ultimo modificato
nella comparsa conclusionale” (pag. 16 della sentenza impugnata).

Con il quinto motivo viene denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 1414,
1417, 2724 e 2729 c.c. anche perché la mancata ammissione dell’interrogatorio formale non
avrebbe consentito ai ricorrenti di raggiungere quel principio di prova scritta idoneo a rendere
ammissibile la prova testimoniale allorchè le dichiarazioni rese fossero state tali da fare apparire
verosimile la simulazione e da cui sarebbe, peraltro, discesa l’ammissibilità della prova per
presunzioni.

Il mezzo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

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circolari per £. 350.000.000, denaro che sarebbe stato restituito dai venditori ai Salerno, che,

Sotto il primo profilo rileva il Collegio che la doglianza non tiene conto dell’affermazione
contenuta in sentenza secondo cui gli attori in appello non avevano neppure specificato le ragioni
per le quali la prova testimoniale avrebbe dovuto essere ammessa nonostante le limitazioni
stabilite dall’art. 1417 c.c. (v. pag. 10 della decisione impugnata). Infatti la giurisprudenza di

n. 1 in cospetto del quale può ritenersi ammissibile la prova testimoniale per accertare inter
partes la simulazione assoluta di un negozio richiedente ex art. 1350 c.c. forma scritta ad
substantiam, deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chieda detta prova o da un
terzo (v., tra le altre, Cass. 8210 del 2006; Cass. n. 2869 del 2004; Cass. n. 12813 del 1997).
Sulla scorta di tale convincente principio, dal quale non si ravvisano motivi per doversi discostare,
è palesemente infondata la tesi dei ricorrenti secondo cui la prova della mancanza di una volontà
solutoria e della mancanza di causa nel contratto di vendita costituirebbero di per sé principio di
prova scritta proprio per la inefficacia di tali assunti rimasti meramente allegati.

Inoltre laddove la doglianza fa riferimento alla motivazione della sentenza impugnata di
inammissibilità dell’interrogatorio formale, di converso fondante la richiesta di prova testimoniale,
costituisce argomento nuovo (peraltro assorbito dalla infondatezza dei motivi 2 e 3), in quanto
diretta a corroborare la confessione eventualmente resa in giudizio dal legale rappresentante
della società acquirente, di cui non vi è alcuna indicazione nella sentenza impugnata.

Con il sesto motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1417,
2724, 2729, 2719 c.c., 221 c.p.c. e della legge 20.12.1966 n. 1253 per avere la corte di merito
erroneamente ritenuto priva di valore la copia della procura speciale rilasciata dalla NEW
ETRUSCON PROPERTIES COMPANY con il solo disconoscimento da parte del mandante,
mentre trattandosi di procura autenticata da un pubblico ufficiale occorreva la querela di falso.

Anche detto motivo è inammissibile.

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legittimità è da anni univoca nell’affermare che il “principio di prova scritta” di cui all’art. 2724 c.c.,

Occorre preliminarmente rilevare che la fattispecie sottoposta all’attenzione del Collegio attiene
ad ipotesi di disconoscimento di conformità del documento di cui agli artt. 2712 — 2719 c.c. e non
già di disconoscimento di sottoscrizione ex art. 214 c.p.c..

probatoria della procura rilasciata dalla New Etruscon e prodotta dai ricorrenti, per irregolare e
generico disconoscimento dell’atto da parte della resistente, si configura come circostanza nuova
ex art. 346 c.p.c., per non essere stata riproposta in appello, emergendo dalla sentenza
impugnata che in secondo grado gli appellanti non avevano più fatto riferimento alla procura
speciale a vendere, sottolineato che si trattava di copia informale, di cui era stata disconosciuta la
conformità all’originale (pag. 23 della decisione).

In definitiva il ricorso va respinto, con ogni conseguenza sulle spese del giudizio di
legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di
Cassazione, che liquida in complessivi €. 8.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 23 ottobre 2013.

Tanto precisato, si rileva che la circostanza ora dedotta, in ordine alla validità ed efficacia

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