Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27249 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. I, 30/11/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 30/11/2020), n.27249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33378/2018 proposto da:

Y.O., elettivamente domiciliato in Isernia, via XXIV maggio n.

33, presso lo studio dell’avv. Paolo Sassi, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma, alla via

dei Portoghesi 12, presso la sede dell’Avvocatura Generale dello

Stato, che lo rappresenta e difende per legge.

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

03/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2019 dal Cons. Dott. LUCA SOLAINI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Campobasso, con decreto del 3 ottobre 2018, ha respinto il ricorso proposto da Y.O., cittadino del (OMISSIS) richiedente asilo, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il ricorrente aveva riferito di aver svolto l’attività di taglialegna, al servizio dell’azienda del patrigno, pur essendo privo della documentazione necessaria allo svolgimento del lavoro, di essere stato scoperto dalle guardie forestali e di aver deciso di lasciare il Paese per il timore di essere arrestato.

Il tribunale, sottolineata la vaghezza del racconto, ha ritenuto Y. inattendibile; ha poi escluso che il Senegal versi in una situazione di conflitto armato generalizzato ed ha infine rilevato che il richiedente non era esposto ad alcun pericolo personalizzato e non aveva allegato specifici profili di vulnerabilità ostativi al suo rimpatrio.

Contro il decreto Y.O. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente censura la decisione di rigetto delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 14 e art. 27, comma 1 bis, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 5, 7, 14, art. 16, comma 1, lett. b) e art. 19, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per difetto assoluto di motivazione e per omessa attività istruttoria. Lamenta, in primo luogo, che il tribunale abbia ritenuto il suo racconto inattendibile senza neppure disporre la sua audizione e senza confutare le critiche da lui mosse al provvedimento della Commissione Territoriale, in sostanza omettendo qualsivoglia analisi e valutazione dei motivi di ricorso; assume poi che il giudice del merito è venuto meno al suo obbligo di cooperazione istruttoria officiosa, omettendo di assumere informazioni sul suo Paese di provenienza, la cui situazione appare caratterizzata da crescente insicurezza, elevato rischio di attentati terroristici, precarie condizioni di vita e che è teatro di violazioni dei diritti umani da parte delle forze governative.

Col secondo motivo, che lamenta violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e omesso esame di un fatto decisivo, il ricorrente si duole del rigetto della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria.

Con il terzo motivo deduce violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, per aver il tribunale ritenuto il ricorso manifestamente infondato e disposto conseguentemente la revoca della sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Il primo motivo è inammissibile nella parte in cui investe i capi del decreto impugnato con i quali sono state respinte le domande di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Il tribunale ha infatti indicato le ragioni per le quali ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni del ricorrente, caratterizzate da estrema vaghezza e lacunosità (incapacità di descrivere compiutamente la sua attività, assenza di precisi elementi ricostruttivi della dinamica dell’episodio che lo avrebbe indotto a fuggire) e le censure illustrate nel motivo a confutazione di tale accertamento, palesemente generiche, si risolvono nella pretesa di ottenere un nuovo giudizio di merito sul punto, senza che sia indicato il fatto decisivo omesso che avrebbe potuto condurre all’accoglimento delle domande in esame e senza che sia contestata la (corretta) affermazione del tribunale secondo cui il mancato rispetto dei diritti umani in un Paese non è sufficiente a tal fine, ove non si riverberi sulla specifica situazione personale del richiedente.

Il motivo è invece fondato nella parte in cui lamenta che il giudice del merito abbia respinto la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14 cit., lett. c), senza attivare i propri poteri istruttori officiosi.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. n. 11101/19).

Nel caso di specie, il tribunale non ha citato alcuna fonte informativa internazionale a supporto del proprio convincimento dell’assenza in Senegal di una situazione di violenza armata indiscriminata ed è pertanto incorso nella denunciata violazione di legge.

L’accoglimento, nei limiti indicati, del primo motivo di ricorso, comporta l’assorbimento dei restanti motivi, la cassazione del decreto impugnato ed il rinvio del procedimento al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, che riesaminerà le domande ancora controverse attenendosi al principio enunciato e liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

 

 

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