Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27240 del 30/11/2020
Cassazione civile sez. I, 30/11/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 30/11/2020), n.27240
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29067/2018 proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in Campobasso, via Mazzini
n. 112, presso lo studio dell’avv. E. Cerio, che lo rappresenta e
difende, giusta procura speciale il calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il
27/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
17/12/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Campobasso, con decreto del 27.8.2108, ha rigettato la domanda di S.M., cittadino (OMISSIS) richiedente asilo, di riconoscimento del suo diritto alla protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, o a quella umanitaria, confermando il provvedimento di diniego della competente Commissione Territoriale. Il tribunale, per ciò che nella presente sede ancora interessa, ha escluso che il distretto di Bamako, zona del Mali di provenienza del migrante, versasse in una situazione di conflitto armato generalizzato ed ha ritenuto insussistenti profili di vulnerabilità del richiedente.
Contro il decreto S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo il ricorrente censura la decisione del Tribunale per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e della circolare n. 3716 del 30.7.2015 della Commissione nazionale per il diritto di asilo; sostiene che, attesa la situazione del Mali delineata dallo stesso tribunale, doveva essergli riconosciuta la protezione umanitaria, che, secondo la circolare richiamata in rubrica, va garantita nel caso di “temporanea impossibilità di rimpatrio a causa dell’insicurezza del paese o della zona d’origine, non riconducibile alle previsioni del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)”.
Il motivo è sotto un primo profilo infondato, in quanto il tribunale ha rilevato, sulla scorta di fonti informative autorevoli ed aggiornate (Amnesty International, UNHCR) di cui ha riportato il contenuto, che nella zona dove è ubicato il villaggio di provenienza del ricorrente non sussiste una situazione di violenza indiscriminata e che una condizione di instabilità e di possibile violazione dei diritti umani permane solo nel nord del Mali; per altro verso è invece inammissibile, posto che il giudice ha compiuto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, escludendo che egli possa subire la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali in caso di rientro e sottolineando, con accertamento che non è stato in alcun modo censurato, che le ragioni del suo espatrio attengono esclusivamente a motivi personali, legati al suo difficile rapporto con i familiari.
La mancata predisposizione di difese da parte del Ministero dell’Interno esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020