Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2724 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2724 Anno 2014
Presidente: NUZZO LAURENZA
Relatore: FALASCHI MILENA


SENTENZA

del bene —
Riduzione del
prezzo

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 32236/07) proposto da:
IMPRESA EDILE CIMINI NELLO, in persona dell’omonimQ titolare, rappresentata e difesa, in
forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to Massimo Camiciola del foro di
Macerata ed elettivamente domiciliata presso la sig.ra Antonia De Angelis in Roma, via Portuense
n. 104;
– ricorrente contro
SANTOLINI MARCELLO, rappresentato e difeso dall’Avv.to Ferruccio Gattafoni del foro di
Macerata, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso, ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Giuseppe Gualtieri in Roma, via Pieve di Cadore n. 30,
Pal. 6;

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Data pubblicazione: 06/02/2014

- controricorrente e ricorrente incidentale —
e contro
MANCINI ENRICO e PASQUALI CLARA, rappresentati e difesi dall’Avv.to Antonio D’Agostino del
foro di Macerata, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, e domiciliati

– controricorrente e contro
DITTA ARINGOLI VALENTINO, in persona del titolare omonimo, rappresentata e difesa
dall’Avv.to Giacomo Maria Perri del foro di Macerata, in virtù di procura speciale apposta a
margine del controricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to Alessandra
Ferranti in Roma, via delle Belle Arti n. 7;
– controricorrente –

Nonché sul ricorso incidentale (R.G. n. 2834/08) proposto da Santolini Marcello
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 16 depositata il 20 gennaio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 16 ottobre 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
uditi gli Avv.ti Massimo Camiciola, per parte ricorrente, e Guiseppe Gualtieri (con delega
dell’Avv.to Ferruccio Gattafoni), per parte resistente, anche nella qualità di ricorrente incidentale;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Costantino
Fucci, che ha concluso per il rigetto sia del ricorso principale sia di quello incidentale
condizionato.

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presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 4 ottobre 1990 Enrico MANCINI e Clara PASQUALI
evocavano, dinanzi al Tribunale di Macerata, l’Impresa Edile CIMINI NELLO e premesso di avere
acquisto dalla convenuta l’appartamento nel quale abitavano, dalla stessa edificato, esponevano

alcune stanze si erano manifestati dei distacchi in più punti, con creazione di fessurazioni e
sgretolamento dei margini, e in quella del bagno una grossa crepa, difetti che non sarebbe stato
possibile eliminare se non con la sostituzione, per cui chiedevano la riduzione del prezzo nella
misura di £. 15.000.000, oltre al risarcimento dei danni.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva l’impresa convenuta, che nel contestare le pretese
attoree, affermava di avere portato a termine nell’immobile di proprietà degli attori solo le opere
strutturali ed impiantistiche, mentre le finiture interne erano state realizzate con materiali forniti
direttamente dagli attori e da altra ditta esterna, sempre su richiesta degli acquirenti, senza che si
creasse alcun rapporto di subappalto con la venditrice, in particolare il pavimento in graniglia era
stato acquistato dalla A. Tessieri s.a.s. di Lucca, semplicemente segnalate agli acquirenti dalla
Impresa convenuta la Ditta Santolini Marcello, per la posa in opera, e la Ditta Aringoli Valentino,
per la levigatura, del resto — stante la particolarità del pavimento — si era interessata direttamente
la PASQUALI delle modalità di posa in opera, del tipo di stucco da usare, della levigatura,
seguendo personalmente i lavori; tanto precisato, chiedeva ed otteneva di chiamare in giudizio le
predette ditte, nei cui confronti proponeva domanda in manleva, e i cui titolari, nel costituirsi,
negavano ogni responsabilità.
Istruita la causa anche con l’espletamento di consulenza tecnica di ufficio, il giudice adito
accoglieva la domanda attorea e parzialmente quella in manleva, dichiarando la responsabilità
dell’Impresa convenuta per culpa in vigilando o in eligendo, quantificato in €. 5.977,99 la riduzione
del prezzo di compravendita spettante agli attori, oltre ad attribuire alla Ditta Santolini Marcello,

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che l’immobile presentava dei vizi’ in particolare nella pavimentazione in cemento e graniglia di

che aveva provveduto a montare il pavimento, una corresponsabilità nella misura del 15%,
esclusi gli addebiti nei confronti della Ditta Aringoli Valentino (che aveva provveduto alla
stuccatura ed alla levigatura del pavimento in contestazione).
In virtù di rituale appello interposto dalla Impresa Edile CIMINI NELLO, con il quale lamentava il

stessi da parte dell’inattendibile c.t.u. in atti, ribadite le difese svolte in primo grado e le domande
di rivalsa, la Corte di appello di Ancona, nella resistenza degli appellati MANCINI e PASQUALI,
che spiegavano pure appello incidentale per ottenere un maggiore importo anche a titolo
risarcitorio, oltre alla rivalutazione monetaria non riconosciuta dal primo giudice, costituite le
chiamate ditte SANTOLINI e ARINGOLA, spiegato anche dalle predette appello incidentale, la
prima, per avere il primo giudice ritenuto una sua corresponsabilità, dedotta la tardività della
denuncia dei vizi nei suoi confronti, la seconda, sulla compensazione delle spese processuali,
respingeva l’appello principale e quello incidentale dei MANCINI — PASQUALI; in accoglimento
dell’appello incidentale delle Ditte chiamate in giudizio, rigettato quello proposto dagli originari
attori, accoglieva l’eccezione di decadenza dalla garanzia dell’appellante sollevata dal
SANTOLINI e condannava l’appellante alla rifusione dei due terzi delle spese processuali dei due
gradi quanto alla ditta SANTOLINI e per intero quanto alla ditta ARINGOLA, confermata per il
resto la sentenza di primo grado.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava preliminarmente che la
fattispecie in esame era inquadrabile — relativamente al rapporto fra il MANCINI e la PASQUALI,
da un lato, e la Impresa CIMINI, dall’altro, nello schema della compravendita avendo i primi
acquistato il bene quando era ancora in corso di ultimazione, prevedendo la convenzione
stipulata la facoltà per i promissari acquirenti di esprimere le loro preferenze per le tipologie di
finiture, la cui lavorazione però rimaneva nell’ambito della responsabilità del promittente
venditore, costituendo tipica obbligazione del venditore quella di consegnare un bene idoneo

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travisamento dei fatti ; da parte del giudice di prime cure, per l’erronea rappresentazione degli

all’uso abitativo pattuito, cui incombeva l’obbligo di controllare, prima della consegna al
compratore, la corretta esecuzione dei lavori affidati ed eseguiti da terzi.
Ferma la responsabilità esclusiva e diretta del costruttore-venditore nei confronti degli acquirenti,
era indubbio che sussistevano i vizi lamentati dagli originari attori alla pavimentazione, che si

con il distacco della stuccatura fra le marmette (dipesi da irregolare realizzazione delle ‘fughe’ fra
le mattonelle e da omessa applicazione di una rete di irrigidimento del massetto sottostante la
pavimentazione), la disomogeneità di livello e di presa, le fessurazioni dei rivestimenti basali del
bagno, difetti tutti verificatesi a breve distanza temporale dalla sua installazione, per cui nei
rapporti interni — stante la ricognizione delle fasi progressive e perfettive del manufatto effettuata
dal c.t.u. — l’azione di rivalsa andava accolta esclusivamente nei confronti del SANTOLINI, autore
esclusivo della posa in opera, eseguita dalla ditta ARINGOLI la sola levigatura, da ricondursi ad
attività di rifinitura ulteriore.
Aggiungeva quanto alla tempestività della denuncia dei vizi, contestata dal chiamato fin dalle
prime difese, che nella specie ricorreva la figura contrattuale dell’appalto, in tal senso deponeva
sia l’organizzazione tecnico-ecomica della impresa SANTOLINI sia il contratto sottoscritto dalle
parti il 31.1.1988, per cui; ai sensi dell’art. 1667 c.c., il CIMINI avrebbe dovuto provvedervi entro i
prescritti 60 giorni, e che non poteva essere condiviso l’assunto del primo giudice secondo il
quale, pervenuta denuncia dei difetti al CIMIN1 da parte degli acquirenti con lettera racc. del
24.1.1990, al sopralluogo presso la unità abitativa de qua effettuato il successivo 3.2.1991
avrebbero preso parte oltre al CIMINI, anche il SANTOLINI con l’ARINGOLI, giacchè non vi era in
atti la prova di detta presenza, di cui si parlava solo nell’atto introduttivo del giudizio, ma non
ammessa dal chiamato; pertanto andava affermata la decadenza dell’originario convenuto
dall’azione di rivalsa in difetto di una qualunque articolazione di mezzo istruttorio in tal senso.

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erano manifestati come indiscutibile effetto di una cattiva esecuzione del montaggio della stessa,

Per tali ragioni la corte territoriale provvedeva alla riforma della sentenza di primo grado quanto
alla statuizione sulle spese processuali nei rapporti interni fra la impresa committente e le ditte
chiamate, in considerazione della soccombenza della prima.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione

controricorsi, Enrico MANCINI e Clara PASQUALI, da una parte, la Ditta ARINGOLI VALENTINO,
da altra, e la Ditta SANTOLINI MARCELLO, da altra ancora; quest’ultima ha anche presentato
ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi ed illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..
Memoria illustrativa è stata fatta pervenire via fax anche dai controricorrenti MANCINIPASQUALI.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione del ricorso principale e del ricorso incidentale
siccome proposti avverso la stessa sentenza.
Il Collegio rileva, altresì, preliminarmente che è inammissibile la memoria fatta pervenire dai
controricorrenti MANCINI e PASQUALI a mezzo fax inviato alla cancelleria, sia pure spedito da
quello di pertinenza del difensore indicato nel ricorso. L’art. 366 c.p.c., u.c., infatti, ammette che
possano farsi a mezzo fax soltanto le comunicazioni da parte della cancelleria e le notificazioni
tra i difensori, di cui agli artt. 372 e 390 c.p.c.,nessuna norma consente di depositare la memoria
ai sensi dell’art. 378 c.p.c. tramite fax e, d’altro canto, nella specie non viene in rilievo neppure
alcuna delle ipotesi di cui alla legge n. 183 del 1993. La tempestività del deposito, infatti, deve
verificarsi con riferimento al momento in cui scadeva il termine di cui all’art. 378 c.p.c., e, d’altro
canto, l’attività di deposito non può che riguardare l’atto in originale, il quale, com’è palese, in
assenza di ufficialità della relazione fra la stazione che trasmette la memoria e quella presso la
cancelleria che la riceve, non può essere rappresentato dalla copia fotostatica trasmessa a

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la Impresa Edile CIMINI NELLO, articolato su tre motivi, al quale hanno replicato, con separati

mezzo fax. D’altro canto, l’attività di deposito, al di fuori di espressa previsione di legge che
ammetta una diversa forma, esige che l’atto originale sia rimesso nelle mani del cancelliere o del
suo ausiliario dal depositante, o da un suo ausiliario, tramite accesso fisico alla cancelleria (in
termini, Cass. 16 ottobre 2009 n. 22033).

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, riguardante l’assenza della rete
elettrosaldata sul secondo massetto. In altri termini, ad avviso della ricorrente, il c.t.u. dopo avere
attributo in un primo momento la esistenza dei vizi alla mancanza della rete elettrosaldata di
irrigidimento, per cui il distacco della colatura delle marmette in graniglia era da riferire
all’assestamento del solaio non irrigidito, alla espressa contestazione della convenuta di avere
apposto detta rete, il c.t.u. — richiamato a chiarimenti — ha cambiato la versione e pur
riconoscendo detta apposizione, ha affermato che la rete elettrosaldata doveva essere montata
anche sul secondo massetto, conclusione da ritenere inverosimile sia sotto il profilo strettamente
tecnico sia alla luce delle basilari conoscenze di edilizia. Ciò nonostante la corte di merito ha
ritenuto le argomentazioni addotte dall’appellante per confutare l’elaborato peritale sfornite di
riscontro tecnico-scientifico, così integrando una omessa motivazione.
La ricorrente, inoltre, dopo avere illustrato il mezzo sotto il profilo dell’omessa e/o insufficiente
motivazione, deduce anche errores in procedendo, giacchè a suo avviso il giudice del gravame
avrebbe dovuto motivare puntualmente in ordine alle specifiche critiche di carattere tecnico
sollevate dall’appellante. A corollario del mezzo è posto il seguente quesito:

“Vi è stata

insufficiente ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art.
360, comma 1, n. 5 c.p.c., avendo la Corte d’appello fondato la sua decisione su di un’erronea
valutazione, e cioè sul fatto che fosse necessaria una rete elettrosaldata sul secondo massetto,
quanto era già stata installata sul primo”.
Il motivo è da ritenere inammissibile sotto un duplice profilo.

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Ciò posto, con il primo motivo l’Impresa ricorrente denuncia la insufficiente ed omessa

La sentenza ha, infatti, con motivazione che risulta congrua ed immune da vizi logici e giuridici,
ampiamente argomentato la ritenuta riferibilità all’Impresa venditrice dei vizi riscontrati nella
pavimentazione dell’immobile acquistato dai resistenti Mancini e Pasquali. Al riguardo la Corte di
appello ha motivato il suo convincimento sulla base delle risultanze istruttorie; in particolare,

proceduto all’interpretazione delle clausole contenute nel regolamento convenzionale stipulato fra
le parti, per poi porle in relazione agli esiti della consulenza tecnica di ufficio. Nè peraltro risulta
rilevante che dall’accertamento della causa del vizio sia emersa la concorrente responsabilità del
Santolini, autore esclusivo della posa in opera del rivestimento del pavimento nell’appartamento,
interessando detta circostanza esclusivamente i rapporti interni relativi ai soggetti legittimati
rispetto all’azione di rivalsa.
Sotto questo diverso profilo, pertanto, la censura è inammissibile in quanto si limita a prospettare
una diversa valutazione delle prove (fondata su una diversa lettura dell’accertamento peritale) in
contrasto con la motivata valutazione delle prove da parte del giudice di appello e, per giunta,
senza neppure attingere la ratio decidendi della sentenza che ha statuito la responsabilità della
ricorrente quale diretto effetto dell’atto di trasferimento, per la sua qualità di venditore —
costruttore, prevista nel regolamento negoziale la facoltà degli acquirenti di esprimere le loro
preferenze per la tipologia di finiture, pur rimanendo la loro realizzazione nell’ambito delle
obbligazioni del venditore, di cui costituiva un obbligo tipico la consegna di un bene idoneo all’uso
abitativo pattuito.
Di qui l’inammissibilità del motivo anche per la mancata correlazione tra la censura con esso
proposta e la ratio che sostiene la decisione impugnata.
Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta insufficiente motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, in particolare il non avere la corte considerato
l’assenza di qualsivoglia rapporto giuridicamente rilevante tra l’Impresa CIMINI e le ditte chiamate

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previo inquadramento legale della fattispecie nell’ambito della compravendita immobiliare, ha

in causa. Insiste la Impresa CIMINI nel riferire la responsabilità dei vizi riscontrati in via esclusiva
alla ditta SANTOLINI, esecutrice materiale della posa in opera del pavimento, ed alla ditta
ARINGOLI, che aveva eseguito le stuccature, essendosi ella limitata solo ad indicare le due ditte
agli acquirenti e precedendo il capitolato di vendita dell’immobile la posa in opera di piastrelle in

vicenda sul quale i giudici del merito avevano omesso qualsiasi motivazione, presumendo iuris et
de iure che fosse intercorso tra le suddette ditte e l’impresa venditrice un contratto di subappalto,
senza però che ne fosse stata raggiunta la prova. A conclusione del mezzo è posto il seguente
quesito: “Vi è violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione di

norme, per il fatto che il giudice di prime cure, così come la Corte di appello di Ancona, hanno
omesso qualsiasi motivazione sulla eccepita assenza di qualsivoglia rapporto giuridico tra
l’Impresa Edile Cimini e la Ditta Aringoli e la Ditta Santolini, presumendo in via assoluta ed in
assenza di qualsiasi prova la vigenza di un contratto di subappalto tra le stesse”.
La censura è infondata.
Nel caso in esame, risultava (nè la ricorrente contesta) che la Cimini Nello, esercente l’attività di
imprenditoria edile, aveva venduto l’appartamento in contestazione, dalla stessa realizzato per
averne curato direttamente l’esecuzione dei lavori, pur consentendo agli acquirenti di sceglierne
le finiture, ancorché queste ultime opere fossero nella specie materialmente affidate ad altra
impresa (mediante contratto di appalto), per cui doveva ritenersi che aveva anche l’obbligo della
garanzia, con il contratto di vendita, che l’appartamento fosse stato costruito a regola d’arte, con
materiali idonei, senza lesioni dei diritti dei terzi, nel pieno rispetto di tutte le norme legali e
regolamentari in materia edilizia. Correttamente, quindi, è stato applicato l’art.1669 c.c., essendo
evidente, dall’ineccepibile motivazione della sentenza, che il giudice d’appello non ha considerato
decisiva una o soltanto alcune delle suddette circostanze, ma, ponendo in correlazione ciascuna
di esse con tutte le altre, ha ritenuto la confluenza di tutte in capo allo stesso soggetto

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ceramica e non del particolare tipo di marmette scelte dagli acquirenti. Rilevante profilo della

determinante nel dimostrare che la società venditrice aveva assunto nei confronti degli acquirenti
la diretta responsabilità della costruzione.
D’altra parte la disposizione dell’art.1669 c.c. configura una responsabilità extracontrattuale di
ordine pubblico, sancita per finalità di interesse generale, che trascende i confini dei rapporti

esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il
venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità senza che abbia rilievo la
specifica identificazione del rapporto giuridico in relazione al quale la costruzione è stata
effettuata (cfr più di recente, Cass. 17 aprile 2013 n. 9370 e Cass. 16 febbraio 2012 n. 2238). Ne
consegue che l’applicazione dell’art.1669 c.c. nei confronti del venditore è giustificata allorché la
posizione da lui assunta nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti abbia evidenziato
l’assunzione da parte del detto soggetto di una diretta responsabilità nella costruzione dell’opera.
Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce la violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 2697, comma 2, c.c. per avere la corte di merito contraddittoriamente concluso — dopo
avere condiviso la risultanza del c.t.u. in merito alla esecuzione del massetto – che restava
decisivo l’argomento di prova logica (per esclusione) secondo cui il distacco delle stuccature era
dipeso soltanto dal malgoverno delle operazioni di posa in opera, non emergendo alcuna
causalità alternativa ricollegabile ad agenti causali esterni alla struttura della pavimentazione; ciò
nonostante — andando di contrario avviso rispetto al giudice di prime cure, che aveva risolto
pragmaticamente la questione – riteneva che non fosse stata offerta la prova della tempestività
della denuncia dei vizi, ponendo nel nulla le dichiarazioni degli stessi attori che avevano
affermato che il sopralluogo del 3.2.1991 si era verificato alla presenza di tutte e tre le ditte. Il
mezzo culmina nel seguente quesito di diritto: “Vi è violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
per violazione e/o falsa applicazione di norme, ex art. 2697, comma 2, c.c., per il fatto che risulta
pacificamente ammessa la presenza del Santolini al sopralluogo tra le parti, e quindi tempestiva

lo

negoziali tra le parti. Pertanto, l’azione di responsabilità prevista dalla suddetta norma può essere

l’azione di garanzia della ricorrente di rivalsa contro il Santolini per i difetti della posa in opera
della pavimentazione, non avendo peraltro assolto il Santolini al proprio onere probatorio di
provare di non essere intervenuto al sopralluogo”.
Il mezzo è inammissibile in quanto a corollario dello stesso è posto un quesito di diritto non

Santolini al sopralluogo effettuato dal Cimini, il 3.2.1991, presso l’appartamento degli acquirenti,
affermando invece che detta circostanza era stata introdotta solo con l’atto di citazione ed il
chiamato non aveva fatto alcuna ammissione al riguardo, e perciò, andava affermata l’estinzione
della garanzia per i vizi dell’opera consegnata per intervenuta decadenza, in mancanza di prova
di tempestiva denuncia degli stessi.
La risposta al quesito non sarebbe dunque idonea a risolvere la questione della garanzia, in
quanto in esso è presupposto un fatto (intervenuta tempestiva denuncia dei vizi) diverso da
quello accertato (mancata prova della presenza del Santolini al sopralluogo fra le parti).
Passando all’esame del ricorso incidentale condizionato proposto dal SANTOLINI — che
con il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli
artt. 1655 e 2222 c.c. nella parte in cui il giudice del gravame ha disatteso l’appello incidentale da
egli proposto in relazione alla qualificazione giuridica del rapporto intercorso con CIMINI NELLO ,
ritenendo trattarsi di appalto e non di contratto d’opera e con il secondo l’omessa o insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio i per avere la corte
di merito affermato la responsabilità esclusiva del posatore in opera del pavimento nel
determinare i vizi riscontrati, senza tenere conto che in precedenza aveva riferito la
responsabilità anche alla mancata posa in opera di una seconda rete elettrosaldata — è da
ritenere assorbito dal rigetto dei ricorso principale.
In definitiva, alla luce delle esposte ragioni, il ricorso principale va respinto, assorbito quello
incidentale condizionato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese

pertinente, avendo la sentenza impugnata escluso che vi fosse prova della presenza del

del presente giudizio in favore di ciascuno resistente, che si liquidano nei sensi di cui in
dispositivo, sulla scorta delle attività difensive in concreto espletate dagli stessi.

P.Q.M.

condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in favore
del Santolini in complessivi €. 1.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi, e per gli altri controricorrenti
in €. 1.200,00 ciascuno, di cui €. 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 16 ottobre 2013.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato;

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