Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2724 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 02/02/2017,  n. 2724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4689/2015 proposto da:

M.A.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TUSCOLANA 235, presso lo studio dell’avvocato CINZIA BURAGLIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SALVINO GRECO giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del procuratore avv.

P.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15,

presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta

e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 17647/2014 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 30/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/12/2016 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato ENZO GIARDIELLO per delega;

udito l’Avvocato ROBERTO CATALANO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per: 1. inammissibilità o

manifesta infondatezza ex art. 360 bis, n. 1 (deduzioni in iure) ed

anche ex art. 348 ter c.p.c., uc., (deduzioni in fatto); condanna

aggravata di parte ricorrente alle spese; statuizione sul C.U.;

2. In subordine, rimessione alle Sezioni Unite affinchè statuiscano

l’ambito di applicazione, anche ratione temporis, degli artt. 385

c.p.c., comma 4, e art. 96 c.p.c., comma 3, atteso che:

2.1. a fronte di talune sporadiche decisioni della Suprema Corte

(così Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3376 del 22/02/2016, Rv. 638887, che

ha motivatamente applicato l’art. 385, 4 cpc), le argomentate

domande di condanna aggravata alle spese proposte da parecchi anni

dalla Procura Generale sono state (implicitamente) disattese dalla

Suprema Corte, omettendo per altro qualunque motivazione al riguardo

(v. ex multis Cass. n. 23865/2015 e 3349/2016);

2.2. da accertamenti eseguiti dall’Ufficio statistico della

Cassazione emerge che, nel periodo 2006-2015, si registrano soltanto

sei condanne aggravate alle spese ex art. 385, comma 4, a fronte

delle migliaia di ricorsi dichiarati inammissibili o manifestamente

infondati soprattutto dalla Sesta Sezione (deputata per l’appunto al

c.d. filtro);

2.3. in sede penale la condanna all’ammenda e adottata normalmente

nei casi previsti (art. 616 c.p.p., e Corte Costituzionale sent. n.

186/2000);

2.4. la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente legittima

la previsione del novellato art. 96 c.p.c., (sent. n. 152/2016),

sicchè a fortiori deve ritenersi immune da qualunque illegittimità

costituzionale anche il più rigoroso precetto dell’art. 385 c.p.c.,

comma 4;

2.5. anche nella common law è sanzionato l’abuso del processo,

essendo prescritto che ogni atto non deve essere mai strumentale a

“scopi impropri, come ad esempio per molestare o provocare inutili

ritardi o aumento inutile dei costi del contenzioso”;

2.6. la doverosa applicazione della condanna aggravata, potrebbe

indurre molti avvocati a desistere da un ricorso frettolosamente

proposto (anche per evitare la duplicazione del contributo

unificato), così contribuendo efficacemente alla riduzione del

contenzioso pendente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- All’esito di un’espropriazione di crediti intentata dinanzi al tribunale di Roma da M.A.M.A. nei confronti dell’INPS e dei suoi terzi debitori Banca Nazionale del Lavoro spa e Intesa Sanpaolo spa, fu resa ordinanza di assegnazione, ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ. in data 28.4.09 (per Euro 1.216,09 oltre 1.171,98 per spese legali attribuite al suo procuratore avv. Nicola Staniscia), con ordine al terzo pignorato di corrispondere le somme indicate agli assegnatari entro venti giorni dalla notificazione della stessa; ma solo in data 20.9.10 detta ordinanza fu notificata in uno ad un contestuale precetto di pagamento entro dieci giorni, contenente anche l’autoliquidazione delle relative spese e competenze di procuratore in ulteriori Euro 1.640,35.

2.- Trasmessi dalla Intesa Sanpaolo spa, con lettera del 23.9.10, due assegni per importi corrispondenti a quelli indicati nell’ordinanza di assegnazione, la M. ritenne non satisfattivi i relativi pagamenti e intentò – sempre dinanzi al tribunale di Roma, davanti al quale assunse il n. 38695/10 r.g.e. – altra espropriazione presso terzi, stavolta nei confronti di Intesa Sanpaolo, quale debitrice divenuta principale in forza di detta ordinanza, nonchè della Banca d’Italia e di Poste Italiane spa (quali terzi pignorati) con atto notificato il 26.10.10 e per l’ulteriore somma di Euro 424,26.

3.- Sull’immediata opposizione della debitrice il g.e., con ordinanza 4.5.11 e qualificati almeno due dei motivi quali opposizione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., sospese l’esecuzione e rimise le parti al giudice di pace della Capitale, competente per valore: il quale, ritenuto illegittimo il precetto in quanto non sorretto da idoneo titolo esecutivo, sostanzialmente accolse l’opposizione della debitrice, sia pur con formula riferita alle domande svolte dall’opposta, attrice in riassunzione; ma costei appellò la sentenza, resa il 5.6.12 col n. 25492, al tribunale.

4.- Resistendovi Intesa Sanpaolo, quest’ultimo infine ha rigettato il gravame, riconoscendo sì natura di titolo esecutivo all’ordinanza di assegnazione, mai impugnata in sè, al contempo qualificando contraria a correttezza e buona fede la condotta del creditore, sia per contrasto col termine per adempiere fissato al terzo nella stessa ordinanza azionata, inconciliabile con la facoltà di intimare precetto prima della sua scadenza reclamata dall’appellante, sia e soprattutto con la posizione del terzo pignorato, ignaro della sorte del processo esecutivo e altrimenti vittima di un abuso del processo.

5.- Per la cassazione della sentenza del tribunale di Roma, pubblicata il 30.8.14 col n. 17647 e notificata addì 11.12.14, ricorre oggi M.A.M.A., con atto notificato entro il 9.2.15 ed articolato su due motivi e su di una questione di legittimità costituzionale; resiste con controricorso Intesa Sanpaolo spa; e, per la pubblica udienza del 19.12.16, la ricorrente deposita altresì istanza di rimessione alle Sezioni Unite – o, in subordine, di affermazione di principio di diritto ai sensi dell’art. 363 c.p.c. – della questione sulla configurabilità dell’ordinanza ex art. 553 c.p.c., quale titolo esecutivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6.- La ricorrente M.A.M.A. si duole:

– col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., n. 3, con riguardo agli artt. 553 e 547 c.p.c., – vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”: censurando la tesi del tribunale sull’acquisto dell’efficacia esecutiva, da parte dell’ordinanza di assegnazione, solo una volta decorso il termine ivi fissato dal g.e. in venti giorni al terzo per il pagamento delle somme staggite; ed in particolare sostenendo la legittimità di una notifica contestuale dell’ordinanza e del precetto che intimi il pagamento nel termine indicato dal giudice dell’esecuzione;

– col secondo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1181 c.c. – artt. 91 e 92 c.p.c. – art. 474 c.p.c., D.M. 8 aprile 2004, n. 127…, art. 1175 c.c., art. 1176 c.c., comma 1, ed agli artt. 1184 e 1187 c.c., art. 2963, in relazione all’art. 360, n. 3 – violazione del principio di autoliquidazione del precetto”: censurando la declaratoria di integrale illegittimità del precetto, spettando invece almeno al procuratore della parte vittoriosa i diritti connessi all’attività espletata dopo l’emissione della sentenza (Cass. 13482/11); protestando la legittimità del rifiuto dell’offerta di pagamento, perchè inferiore al dovuto, in questo dovendo comprendersi i diritti successivi alla pubblicazione del titolo, gli interessi successivi ed altre voci;

– infine e separatamente, dell’omessa rimessione alla Consulta della questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 669 del 1996, art. 14, comma 1 bis, convertito con modificazioni in L. n. 30 del 1997, nella parte in cui dispone l’efficacia soltanto annuale dell’ordinanza di assegnazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

7.- L’istanza di rimessione alle Sezioni Unite va disattesa: non si configura, nemmeno tecnicamente, un contrasto tra la sentenza n. 9390/16 – di cui subito appresso si dirà – e le precedenti, ma neppure con tutte le altre, perchè quella, oltretutto confermata da altra pronunzia, consacra proprio il riconoscimento all’ordinanza di assegnazione prevista dall’art. 553 c.p.c., del rango e della natura di titolo esecutivo, benchè a far tempo dalla concreta conoscenza che ne è data al terzo assegnato o perfino dal successivo momento ivi indicato, se diverso; sicchè l’unica specificazione, cioè del momento di acquisto di tale efficacia, non inficia affatto la validità della riaffermazione del principio generale suddetto sulla natura di titolo esecutivo, ma attiene soltanto alle concrete modalità ed ai tempi del suo azionamento: e, difettando qualunque contrasto sul punto, nè ravvisandosi ragioni per rivedere le conclusioni al riguardo raggiunte dall’orientamento di recente consolidato, l’istanza preliminare dell’odierna ricorrente va senz’altro disattesa.

8.- Il primo ed il secondo motivo di ricorso, congiuntamente esaminati, siccome riferiti alla contestazione della soluzione data dalla gravata sentenza alla legittimità di un precetto relativo anche a spese e competenze o compensi ulteriori rispetto a quanto indicato nell’ordinanza di assegnazione prevista dall’art. 553 c.p.c., contenente un termine dilatorio al terzo assegnato, sono infondati.

9.- Già in tesi, potrebbe rilevarsi che proprio la natura di titolo esecutivo di formazione giudiziale, che la ricorrente vorrebbe negata dalla qui gravata sentenza all’ordinanza di assegnazione, precluderebbe poi il riesame di quest’ultima anche quanto ai suoi singoli capi se fosse mancata – come è mancata – la sua impugnazione con il solo mezzo consentito e cioè con l’opposizione agli atti esecutivi ed entro il termine perentorio di venti giorni dalla sua legale conoscenza: capi tra i quali va considerato pure quello che fissava il termine dilatorio per il pagamento.

10.- In via dirimente, peraltro, va osservato che la stessa qui gravata sentenza non disconosce la natura di titolo esecutivo, nei confronti del terzo già pignorato e poi assegnato, all’ordinanza di assegnazione resa ai sensi dell’art. 553 c.p.c. (conformemente a giurisprudenza già consolidata di questa Corte; per tutte e fra le più recenti: Cass. 25 febbraio 2016, n. 3712; Cass. 3 giugno 2015, n. 11493, ove ulteriori riferimenti; Cass. 20 novembre 2012, n. 20310), ma ne postula la non azionabilità in uno al precetto, prima cioè del decorso del termine dilatorio fissato al terzo medesimo, termine che ne costituisce una evidente peculiarità; e tanto conformemente al principio di diritto già affermato da questa Corte (Cass. 10 maggio 2016, n. 9390, confermata da Cass., ord. 16 dicembre 2016, n. 26013), che è opportuno confermare in questa sede con un mero richiamo alle ampie argomentazioni svolte nei relativi precedenti, in base al quale “in tema di esecuzione mobiliare presso terzi, l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 533 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell’assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo assegnato o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell’ordinanza di assegnazione”.

11.- Una volta riconosciuto il difetto di esecutività dell’ordinanza di assegnazione prima della scadenza del termine ivi indicato, minimali esigenze di coerenza sistematica impongono la sospensione anche del potere di agire in executivis in capo al creditore, al quale va ricondotta anche la facoltà di richiedere spese o competenze o compensi per il precetto nel medesimo intervallo, in base ai principi desumibili, oltretutto nella stessa materia (benchè dettati espressamente per l’azione nei confronti del debitore principale, che era una amministrazione dello Stato o un ente pubblico non economico), dal D.L. n. 669 del 1996, art. 14, conv. con modif. in L. n. 30 del 1997 e succ. modif. e integr. (Cass. 21 marzo 2011, n. 6346, o da Cass. 24 settembre 2013, n. 21838).

12.- Tale soluzione va riconosciuta a garantire l’effettività della tutela della facoltà concessa al nuovo debitore, il terzo assegnato, indicato nel titolo – che egli potrebbe legittimamente ignorare per la struttura del processo di espropriazione presso terzi – di adempiere spontaneamente, senza aggravio della sua posizione – già peculiare in quanto originariamente estraneo ai rapporti di debito e credito tra i soggetti effettivamente interessati – e dei relativi oneri e spese e così evitando un uso improprio – se non un abuso – del processo esecutivo di moltiplicazione indebita di spese e competenze e compensi – e quindi di locupletazione – a danno di soggetti ignari o incolpevoli.

13.- Invero, una volta correttamente esclusa la temporanea esecutività del titolo (in quanto differita dalla stessa previsione in esso espressamente contenuta) a salvaguardia del potere del terzo di adempiere spontaneamente e liberamente le obbligazioni derivanti dal titolo costituito dall’ordinanza ex art. 553 c.p.c., senza aggravi a lui non imputabili, sia pure per il limitato intervallo del decorso del termine dilatorio a tal fine fissato al destinatario, nessuna voce deve qualificarsi dovuta in relazione ad un’attività non consentita; e la possibilità di esenzione dagli oneri e dalle spese del precetto, già rinvenibile quale ratio giustificatrice della fissazione del termine nel capo di ordinanza di assegnazione (oltretutto inoppugnabile per mancata opposizione avverso tale provvedimento in quanto titolo esecutivo di formazione giudiziale), sarebbe vanificato, ove fosse ciononostante ammessa l’intimazione del precetto per il tempo successivo alla scadenza del detto termine dilatorio (a prescindere dal fatto che, in concreto, il precetto, fotoriprodotto nel ricorso, intima il pagamento in dieci giorni dalla notifica del medesimo – v. pag. 8 del ricorso, in cui è riprodotta la prima pagina del precetto, benchè in quella successiva vi sia un contraddittorio riferimento al diverso termine di venti giorni – avvenuta contestualmente a quella dell’ordinanza di assegnazione e quindi in violazione del termine dilatorio ivi fissato).

14.- In modo sostanzialmente, analogo del resto, perviene alla stessa conclusione, qualificandola come corollario del principio qui riassunto al precedente punto 10, la già richiamata Cass. 10 maggio 2016, n. 9390, affermando testualmente (pagina 21) che:

– “se tuttavia il precetto venga redatto di seguito all’ordinanza di assegnazione e notificato insieme con questa, senza che sia stato preceduto dalla comunicazione dell’ordinanza al terzo assegnato (e/o dalla concessione di un termine adeguato per adempiervi), si potrà configurare un abuso dello strumento esecutivo nei confronti del terzo assegnato, non ancora inadempiente (o non colpevolmente inadempiente)”;

– “se l’ordinanza di assegnazione pronunciata ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ. viene notificata al terzo in forma esecutiva contestualmente all’atto di precetto, senza che gli sia stata preventivamente comunicata nè altrimenti resa nota, è inapplicabile l’art. 95 cod. proc. civ. e le spese sostenute per il precetto restano a carico del creditore procedente”;

– “il corrispondente vizio del precetto, per la parte in cui sono pretese tali spese, può essere fatto valere mediante opposizione all’esecuzione, in quanto si contesta il diritto del creditore di procedere esecutivamente per il rimborso delle somme auto-liquidate nel precetto”.

15.- Ne consegue che, così qualificandosi infondati i primi due motivi di ricorso, correttamente il giudice di appello, nella qui gravata sentenza, ha ritenuto illegittima l’intimazione, col precetto notificato in uno ad un titolo che fissava un termine dilatorio per il pagamento, anche del pagamento di spese o compensi o competenze ulteriori (cioè diversi da quelli soli espressamente contenuti e menzionati nell’ordinanza di assegnazione azionata in executivis) prima della scadenza del termine dilatorio stesso, in applicazione del seguente principio di diritto: poichè l’ordinanza di assegnazione di crediti resa ai sensi dell’art. 553 c.p.c., acquista efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo assegnato solo dal momento in cui sia portata a conoscenza di questi o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell’ordinanza stessa, è illegittima l’intimazione, col precetto notificato prima di tale momento, del pagamento di spese o competenze o compensi diversi ed ulteriori rispetto a quanto indicato nell’ordinanza.

16.- Ancora, la questione di legittimità costituzionale è, a tacer d’altro, manifestamente irrilevante, visto che la norma che ne è oggetto non troverebbe giammai applicazione nella presente controversia, in dipendenza se non altro della sua risoluzione in base ad argomenti che totalmente ne prescindono, attesa la radicale insussistenza del potere di intimare precetto per le spese e compensi ulteriori rispetto all’ordinanza di assegnazione e la pacifica circostanza dell’adempimento, da parte del terzo assegnato, delle obbligazioni recate da quest’ultima.

17.- Non sussistono, infine, i presupposti per la condanna della ricorrente per responsabilità aggravata, se non altro perchè solo nel corso del 2016 la giurisprudenza di legittimità si è chiaramente orientata nel senso della piena legittimità di un termine dilatorio per l’acquisto dell’efficacia esecutiva del titolo consistente nell’ordinanza di assegnazione prevista dall’art. 553 c.p.c.: ciò che elide in radice la rilevanza delle questioni sull’applicabilità – o meno – dell’art. 96 c.p.c., comma 3, ovvero art. 385 c.p.c., comma 4, e, a maggior ragione, ogni valutazione di opportunità sulla loro devoluzione alle Sezioni Unite di questa Corte.

18.- Il ricorso è quindi rigettato e la ricorrente, soccombente, condannata alle spese del giudizio di legittimità in favore della controparte, pure dovendosi dare atto – per carenza di discrezionalità sul punto (Cass. 14 marzo 2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di integrale reiezione, in rito o nel merito, di questa.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna M.A.M.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di Intesa Sanpaolo spa, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in Euro 2.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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