Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27239 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 28/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep.28/12/2016),  n. 27239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5539 – 2015 R.G. proposto da:

MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

elettivamente domicilia;

– ricorrente –

contro

P.A.;

– intimato –

Avverso il decreto dei 22.9/6.10.2014 della corte d’appello di

Perugia, assunto nel procedimento iscritto al n. 1354/2011 V.G.;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 22

settembre 2016 dal consigliere dott. Luigi Abete.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla corte d’appello di Perugia depositato il 21.3.2011 P.A. si doleva per l’irragionevole durata del giudizio proposto dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ricorso depositato in data 23.10.1996 e definito dal tribunale adito, con l’accoglimento dell’iniziale istanza, con sentenza del 30.10.2012.

Chiedeva che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli un equo indennizzo con interessi e spese del procedimento.

Resisteva il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Con decreto dei 22.9/6.10.2014 la corte d’appello di Perugia accoglieva il ricorso e condannava il Ministero resistente a pagare al ricorrente per l’irragionevole durata del giudizio presupposto la somma di Euro 10.750,00 oltre interessi e spese di lite, da distrarsi in favore dei difensori anticipatari.

Esplicitava la corte che in data 15.4.1998 era stata depositata l’istanza di prelievo; che a decorrere da tale data e fino al 30.10.2012 la durata del giudizio si specificava in quattordici anni e sei mesi e, conseguentemente, il periodo di irragionevole durata in undici anni e sei mesi; che la misura dell’indennizzo poteva determinarsi in Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata, in Euro 1.000,00 per ciascuno degli anni successivi al primo triennio ed in Euro 500,00 per gli ultimi sei mesi.

Avverso tale decreto ha proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze; ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

P.A. non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, par. 1, della C.E.D.U. nonchè vizio di motivazione.

Deduce che l’istanza di prelievo non è stata ripetuta.

Deduce ulteriormente che l’oggetto della domanda non assumeva “un valore significativo nell’economia individuale del ricorrente” (così ricorso, pag. 2); che, in considerazione del valore bagatellare della controversia, nel cui quadro erano esigui “la posta in gioco e trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi” (così ricorso, pag. 3), la corte di merito – avrebbe dovuto limitare la quantificazione a non oltre gli Euro 500,00 per anno per un totale di Euro 5.750,00″ (così ricorso, pag. 4).

Il ricorso è infondato e va respinto.

E’ sufficiente, per un verso, puntualizzare che, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo, il deposito dell’istanza di prelievo anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54 convertito in L. 6 agosto 2008, n. 133, che ne ha configurato la presentazione come “presupposto processuale” della domanda di equa riparazione, comporta che la domanda resta proponibile senza necessità di nuova dell’istanza poichè la parte ha già manifestato l’interesse alla sollecita definizione del processo amministrativo (cfr. Cass. 3.10.2014, n. 20935).

Al riguardo si ribadisce che la corte di Perugia ha dato atto che l’istanza di prelievo era stata depositata in data 15.4.1998.

E’ sufficiente, per altro verso, puntualizzare che, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore ad Euro 1.000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (cfr. Cass. (ord.) 30.7.2010, n. 19922; Cass. 28.5.2012, n. 8471).

Al riguardo si rappresenta che la corte di merito da dato atto che “per quanto emerge dagli atti, il processo di riferimento era di complessità ordinaria” (così decreto impugnato, pag. 5); sicchè su tale scorta e pur ai fini della quantificazione dell’indennizzo annuo congruamente e correttamente ha ritenuto che non vi fosse ragione perchè ci si discostasse dagli ordinari parametri.

L’intimato non ha svolto difese. Nessuna statuizione pertanto va assunta in ordine alle spese.

Si rappresenta, in ogni caso, che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. sesta civ. – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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