Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27232 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 28/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15136-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, Cf. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2167/16/2014 della COMMISSIONI TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, emessa il 24/11/2014 e depositata il

01/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione ex art. 380-bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione finanziaria deduce la “violazione e falsa applicazione L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per avere la C.T.R. motivato l’accoglimento dell’appello del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in quanto, “in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni, per l’emissione dell’avviso di accertamento previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, determina, di per sè, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, salvo che ricorrano specifiche ragioni d’urgenza”, quando dalla stessa sentenza emergeva chiaramente che “la verifica fiscale presso gli uffici del curatore fallimentare” si era “conclusa con un Pvc del 27.01.2010” e che il relativo avviso di accertamento era stato “notificato il 31.07.2010”, dunque senza alcuna violazione del termine dilatorio suddetto.

2. Con il secondo mezzo censura analogamente la “violazione dell’art. 112 c.p.c.”, in quanto la contribuente non aveva mai contestato il mancato rispetto del termine di 60 giorni in questione, deducendo solo “la violazione del contraddittorio” e, in appello, anche del “principio di collaborazione e buona fede contenuto nella L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1”.

3. I motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono manifestamente fondati, poichè, a prescindere dalle tematiche sottese, dalla stessa sentenza impugnata emerge effettivamente che il termine dilatorio in questione è stato, in concreto, rispettato.

4. La sentenza va quindi cassata con rinvio, ai fini dell’esame delle ulteriori contestazioni mosse da parte contribuente, che il giudice d’appello ha espressamente dichiarate “assorbite”.

5. Peraltro, avendo la C.T.R. richiamato alcuni arresti di questa Corte del 2013 e 2014 in materia di cd. contraddittorio preventivo o endoprocedimentale, merita ricordare che successivamente, con sentenza n. 24823 del 9 dicembre 2015, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi cd. non armonizzati, dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali fatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

6. In particolare, le Sezioni Unite hanno chiarito che le garanzie statutarie dell’art. 12, comma 7, operano solo nelle verifiche che si svolgono attraverso accesso, ispezione e verifica nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente e si concludono con la sottoscrizione e la consegna del processo verbale di chiusura delle operazioni, sia per il dato testuale della norma, sia per la necessità di bilanciare l’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente.

7. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio ad altra sezione della C.T.R. dell’Emilia Romagna, per l’esame delle questioni rimaste assorbite.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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