Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2723 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2723 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 30719-2007 proposto da:
GED IMMOBILIARE SPA, 06217390639, in persona legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, V.
Palermo 43, presso lo studio dell’avvocato FINHANI NICOLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato FONTANA GIORGIO, come da
procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
A.E.T.

Apparati

Elettromeccanici

Telecomunicazioni

Sri,

05051750635, in persona amministratore delegato, elettivamente
domiciliata in Roma, Via Dell’Orso 74, presso lo studio dell’avvocato
DI MARTINO PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato
MASS,-‘RA FILIPPO, come da procura speciale a margine del
controricorso;

– controrícorrente –

Data pubblicazione: 06/02/2014

avverso la sentenza n. 3515/2006 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata il 20/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2013 dal Consigliere dott. Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato Giorgio Fontana, che si riporta agli atti e alle

udito il sostituto procuratore generale, dottoressa Francesca Ceroni,
che conclude per l’inammissibilità del ricorso e, in subordine, per il
rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La “Attività Immobiliari s.r.l.”, proprietaria di un immobile sito in
Napoli alla F. Crispi n. 2, tramite il suo liquidatore, conveniva in
giudizio innanzi al Tribunale di Napoli, la “G.E.D. Immobiliare s.p.a.”
proprietaria di un immobile attiguo. La società attrice esponeva che
l’immobile de quo aveva un ingresso secondario attraverso una piccola
area scoperta, anch’essa di sua proprietà, munita di cancello che apriva
su Piazza Amedeo. Su detta area scoperta gravava servitù di passaggio
a favore di un’immobile di proprietà della convenuta che era da essa
separato tramite un cancello scorrevole. Nel periodo in cui l’immobile
della società attrice era locato alla “Aterrano Giocattoli”, la “G.E.D.”,
all’epoca solo conduttrice dei locali poi divenuti di sua proprietà, aveva
chiesto ed ottenuto dalla “Attività Immobiliari” di installare una sbarra
elettrica con telecomando a ridosso del cancello d’ingresso posto sulla
Piazza Amedeo n. 9, al fine di evitare i disagi procurati dalla
“_Aterrano”, che era solita ingombrare con i suoi autoveicoli l’area
gravata da servitù. Tuttavia, allorché la “Attività Immobiliari” aveva
richiesto alla “G.E.D.”, nel frattempo divenuta proprietaria del fondo
dominante, di eliminare la sbarra, questa si era rifiutata. La società
attrice contestava l’illegittimità del rifiuto, in quanto l’autorizzazione ad
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conclusioni assunte;

apporre la sbarra doveva considerarsi a carattere temporaneo e
finalizzata alla contingente esigenza di contenere i fastidi causati dal
comportamento della “Aterrano Giocattoli”; in più l’autorizzazione era
stata concessa alla G.E.D. nell’ambito di un contratto di locazione non
più esistente. Dunque, l’autorizzazione non poteva intendersi quale

patto sarebbe dovuto avvenire fra i proprietari dei fondi e non con il
conduttore del fondo dominante. Infine, il mantenimento della sbarra
avrebbe vanificato l’esercizio delle facoltà dominicali del fondo
servente, con eccedenza delle facoltà del fondo dominante. Pertanto, la
“Attività Immobiliari” chiedeva di accertarsi l’intervenuta inefficacia
dell’autorizzazione a suo tempo concessa alla “G.E.D.” o in subordine
la sua nullità, per non essere stata pattuita tra i legittimi proprietari dei
fondi, ed infine di accertare che l’esercizio della servitù a favore della
“G.E.D.” non potesse privare l’attrice dell’ esercizio delle sue facoltà
dominicali, con condanna della convenuta al risarcimento dei danni
subiti a causa delle ripercussioni della condotta della “G.E.D.” sul
contratto di locazione in essere con la “HAAS”(alla quale nel
frattempo era stato locato l’immobile).
2. La convenuta società, costituitasi, rilevava come la sbarra fosse stata
apposta con il consenso dell’attrice ed in osservanza delle precipue
modalità da quest’ultima indicate, al fine di consentire l’esercizio della
servitù in favore del fondo dominante quotidianamente impedita dal
comportamento dell’allora conduttrice Aterrano. Inoltre, eccepiva la
nullità dell’atto di citazione per assoluta indeterminatezza della
domanda attrice e della causa petendi. Infine, eccepiva che la situazione
attuale giustificava il mantenimento della sbarra, in considerazione
della condotta dei dipendenti della nuova conduttrice, la “HAAS

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patto modificativo dell’esercizio della servitù, in quanto un tal tipo di

s.p.a.”, che erano soliti parcheggiare i propri veicoli proprio nella zona
tra il cancello di Piazza Amedeo e la sbarra.
3. Il Tribunale adito non accoglieva l’eccezione di nullità dell’atto di
citazione, ma rigettava la domanda nel merito e condannava la società
attrice in liquidazione al pagamento delle spese di giudizio.
La sentenza veniva appellata dalla “A.E.T. – Apparati

Elettromeccanici e Telecomunicazioni s.r.l.” in qualità di acquirente
dell’immobile, quale successore a titolo particolare nel diritto
controverso della “Attività Immobiliari s.r.l.”. La “A.E.T.”, ribadendo
le domande avanzate in primo grado dalla sua dante causa, chiedeva di
accertare l’intervenuta inefficacia dell’autorizzazione all’apposizione
della sbarra (per essere venute meno le ragioni giustificatrici e, in ogni
caso, per la sopravvenuta manifestazione della volontà contraria della
concedente) o, comunque, la sua nullità (per non essere intervenuta tra
i proprietari), con condanna della convenuta a rimuovere la sbarra e al
risarcimento dei danni da liquidarsi anche in via equitativa.
Si costituiva la “G.E.D.” chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
5. La Corte d’Appello di Napoli dichiarava fondato il gravame
condannando la “G.1-ii..D.” alla rimozione della sbarra e al pagamento
delle spese di entrambi i gradi di giudizio, ma rigettando la domanda
risarcitoria. Il giudice d’appello rilevava che l’autorizzazione ad apporre
la sbarra de qua, anche intesa come patto modificativo delle modalità di
esercizio della servitù di passaggio, doveva ritenersi nulla, in quanto
necessitante della forma scritta. Peraltro, l’autorizzazione era
intervenuta tra il proprietario del fondo servente ed il conduttore (non
già il proprietario) del fondo dominante, nell’ambito di un contratto
poi estinto. Inoltre, sottolineava che dalle testimonianze acquisite si
evinceva la volontà delle parti di limitare la durata dell’autorizzazione a
quella della locazione della “Aterrano Giocattoli”. In più, la Corte

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osservava che, essendo nel caso di specie la regolamentazione del
diritto di servitù ricavabile con certezza dal titolo, qualsiasi
innovazione era preclusa, risolvendosi in un’abusiva imposizione sul
fondo servente di un peso diverso da quello originariamente costituito.
evidenziava la Corte di merito che l’apposizione della sbarra e

era rifiutata di consegnare le chiavi del meccanismo di apertura)
avevano, come accertato dal CTU, di fatto precluso all’appellante
l’accesso ad una zona di sua proprietà, con conseguente
compromissione del diritto dominicale.
La domanda di risarcimento veniva, invece, rigettata per difetto della
prova del danno-conseguenza.
6. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione la
“GED Immobiliare s.p.a.” in persona del sig. Castronuovo Marcello,
quale amministratore unico, con quattro motivi. Resiste con
controricorso la “A.E.T. Accessori Elettrici e Telefonici s.r.l.” quale
successore a titolo particolare nel diritto controverso per aver acquisito
la proprietà dell’immobile oggetto del presente giudizio.

MOTIVI DEL RICORSO
Il ricorso è infondato e va rigettato per quanto di seguito si
chiarisce con riguardo ai singoli motivi avanzati.
1. Col primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., il vizio
di «omessa, insu wiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudkio consistente nell’aver ritenuto che il titolo costitutivo del diritto
di servitù è chiaro e ben definito ex art. 1063 c. c., con conseguente ritenuta
inapplicabilità delle disposkioni di cui agli artt. 1064 e 1065 c.c.. ».
L’affermazione della Corte di merito è carente di adeguata
motivazione, poiché si ritiene erroneamente che l’atto di costituzione
della servitù “prevede espressamente il passaggio pedonale e carrabile attraverso
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l’esclusiva possibilità di utilizzo di questa in capo alla “GED” (che si

una onetta di cortile che resta di proprietà della società venditrice”. Tale
motivazione è insufficiente, dal momento che, al di là della pacifica
esistenza del diritto di passaggio pedonale e carrabile, non dà conto
alcuno dell’oggettiva carenza, in detto titolo, di alcun altra indicazione
in ordine alle modalità specifiche del relativo esercizio.

diritto di servitù, la Corte d’Appello ha ritenuto inapplicabili le
disposizioni di cui agli art. 1064 e 1065 c.c.. Se, invece, avesse preso
atto che l’indicazione “passaggio pedonale e carrabile” era assolutamente
inidonea a definire in maniera chiara ed inequivocabile le modalità di
esercizio del diritto, avrebbe dovuto concludere per l’applicazione
sussidiaria delle suddette norme codicistiche, in accordo col giudice di
prime cure. La Corte non ha spiegato sulla base di quali risultanze
processuali il contenuto del titolo sia stato ritenuto chiaro ed
inequivocabile, in relazione sia all’estensione, sia alle modalità di
esercizio della servitù, in modo da giustificare una decisione di segno
contrario a quella cui era pervenuto il Tribunale. Inoltre, la Corte
Territoriale, senza fornire adeguata motivazione, ha altresì sconfessato
la sentenza di primo grado con riferimento alla pretesa compressione
del diritto dominicale del proprietario del fondo servente, aderendo
acriticamente alle prospettazioni dell’appellante.
1.1 Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha affermato che
«non appare sussistere alcuna incerteua sulle modalità di esercizio della servitù di
passaggio, state la chiara ed in equivoca fotmula.zione contenuta» nell’atto di
costituzione ed il motivo attinge ad una interpretazione del titolo, che è
rimessa in via esclusiva al giudice di merito e che appare
adeguatamente e logicamente motivata. Quanto alla compressione del
diritto del proprietario del fondo servente, la sentenza ha rimarcato,
richiamando l’apprezzamento del c.t.u., che l’apposizione della sbarra
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Sulla base di questa generica, interpretazione del titolo costitutivo del

senza consegna delle chiavi di apertura ha determinato di fatto
l’impossibilità del proprietario di accedere ad una zona di sua proprietà
e di esercitarne le relative facoltà, sia pure nel rispetto della servitù.
2. Col secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., si
deduce il vizio di «violazione o falsa applica.zione di norme di diritto, consistente

cui all’art. 1063 c. c. invece che in quella sussidiaria prevista dagli artt. 1064 e
1065 c.c.». La Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto applicabile al
caso di specie la disciplina di cui all’art. 1063 c.c., ritenendo che il titolo
costitutivo della servitù di passaggio disciplinasse in modo chiaro le
modalità di esercizio della servitù stessa. Tuttavia, dalla lettura del
titolo costitutivo si evince che lo stesso si limita a prevedere
unicamente la sussistenza della servitù senza stabilire le modalità del
suo esercizio. In assenza di un’espressa regolamentazione del diritto di
servitù, andava applicata la disciplina sussidiaria predisposta dal codice
civile. Tale disciplina consente di regolamentare il passaggio con
l’apposizione della sbarra. Infatti, il divieto previsto dal primo comma
dell’art. 1067 c.c. non impedisce al titolare della servitù di apportare al
proprio fondo modifiche volte ad assicurarne una migliore
utilizzazione. Dunque, la Corte Territoriale ritenendo inapplicabile al
caso di specie la disciplina codicistica, è incorsa nel vizio di violazione
o falsa applicazione di norme di diritto.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: «Chiarire definitivamente se,
…, sia ravvisabile la denunciata violazione o falsa applicazione di norme di diritto
e se la fattispecie concreta, oggetto del presente ricorso, debba essere regolamentata
dalla disciplina prevista dall’art. 1063 c. c., ovvero, come ritenuto dallo scrivente, da
quella prevista dagli art. 1064 e 1065 c.c. , con tutte le conseguente di legge. »
2.1 — Seppure ammissibile in relazione al quesito generico che si
traduce in un non consentito interpello alla Corte, il motivo è
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nell’aver ritenuto sussumibile la fattispecie concreta nell’ambito della disciplina di

infondato, risultando assorbita dall’infondatezza del primo motivo la
questione della non applicabilità degli artt. 1064 e 1065 ed essendo
esclusa la violazione dell’art. 1067 perché l’innovazione aveva
comportato in fatto l’impossibilità per il proprietario del fondo
servente di accedere ad una zona di sua proprietà e di esercitarne le

3. Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., si deduce il vizio di
«omessa, insu uiente o contraddittoria motiva:done circa altro fatto controverso e
decisivo per il giudkio, consistente nel non aver neppure affrontato il tema centrale e
assorbente del giudkio stesso, se cioè sia vero, come si ritiene indiscutibilmente
accertato in atti, o non sia vero che l’elimina:done della sbarra determinerebbe la
compressione dei diritti spettanti al fondo dominante».
Difetta nella sentenza impugnata la motivazione circa la decisione della
Corte di aderire al parere espresso dal CTU, sconfessando la
statuizione del giudice di prime cure che aveva escluso qualsiasi
compressione dei diritti dominicali della “Attività Immobiliari s.r.l.”.
La rilevanza e delicatezza del punto controverso avrebbe imposto una
specifica e puntuale motivazione.
3.1 11 motivo risulta inammissibile per carenza d’interesse della
ricorrente a censurare la sentenza in relazione ad un pregiudizio che ne
deriverebbe alla resistente.
4. Col quarto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., si
deduce il vizio di «omessa insu uiente e contraddittoria motiva:done circa un
ulteriore fatto controverso e decisivo per il giudkio, consistente nel non aver neppure
affrontato altro tema centrale della controversia, che cioè la ritenuta compressione dei

diritti dominicali non determina l’impedimento all’eserckio del diritto di servitù di
passaggio».

La sentenza del Tribunale aveva accertato che l’esercizio del diritto
dominicale della società proprietaria del fondo servente è del tutto
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relative facoltà, sia pure nel rispetto della servitù esistente.

compatibile con il mantenimento della sbarra, dato che la A.E.T.
(avente causa della “Attività Immobiliari”) ha, comunque, libero
accesso illimitato all’area cortilizia attraverso il passaggio pedonale
sempre invariabilmente esistito. Viceversa, la Corte d’Appello, non
offrendo alcuna argomentazione di fatto e giuridica, ha fatto propria la

4.1 — Il motivo risulta di difficile comprensione. Se il motivo è inteso a
rilevare che la compressione dei diritti dominicali non aveva
determinato un impedimento al diritto di passaggio del proprietario,
risulta infondato. Infatti, anche se la sbarra impediva il solo passaggio
carrabile, il rifiuto della AET di consegnare le chiavi di tale sbarra
aveva comportato la limitazione del diritto del proprietario al solo
accesso pedonale all’area di sua proprietà. L’apposizione della sbarra,
tenuto conto della situazione ambientale, poteva rientrare tra
adminicula servitutis (il diritto di servitù comprende tutto ciò che è
necessario per usarne – art. 1064 cod. civ.), ma il diniego di consegna
delle chiavi ricadeva nel divieto del proprietario del fondo dominante
di aggravare l’esercizio della servitù — art. 1067 cod. civ.).
5. Le spese seguono la soccombenza.
P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di
giudizio, liquidate in 2.500,00 (duemilacinquecento) euro per compensi
e 200,00 (duecento) curo per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 10 ottobre 2013
IL PRESIDENTE

tesi circa la sussistenza della compressione del diritto dominicale.

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