Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27228 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. I, 30/11/2020, (ud. 12/03/2020, dep. 30/11/2020), n.27228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11501/2019 proposto da:

O.C.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico

Villanova, del Foro di Treviso, giusta procura speciale allegata al

ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di VENEZIA n. cronol. 1374/2019 del

19 febbraio 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/07/2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. O.C.S., nato in (OMISSIS), ha proposto ricorso avverso la decisione del Tribunale del 19 febbraio 2019, che ha rigettato la domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e la domanda di protezione sussidiaria ed umanitaria.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere fuggito dalla Nigeria perchè vittima di persecuzioni per motivi politici, in quanto appartenente al movimento (OMISSIS); che era uno dei coordinatori del movimento nella città di (OMISSIS) e di essere stato vittima di persecuzione da parte delle autorità governative in più occasioni; che durante una manifestazione organizzata dal movimento, il (OMISSIS), era stato bloccato dalla polizia e condotto in prigione per tre mesi, per poi essere liberato dietro pagamento di una cauzione; che in un’altra occasione il fratello veniva ferito gravemente; che catturati entrambi dai militari, egli era risuscito a sfuggire, mentre il fratello era morto; che sosteneva il Movimento anche dall’Italia con contribuzioni in denaro.

3. Il Tribunale ha affermato che le dichiarazioni del ricorrente non erano credibili, così come la provenienza dall’Anambra State; quanto alla protezione umanitaria, ha affermato che la vicenda del ricorrente non presentava profili di vulnerabilità e che non poteva assumere rilevanza di per sè il percorso di integrazione sociale, avendo il richiedente lavorato saltuariamente, h cchè, di fatto, non svolgeva in Italia alcuna attività lavorativa.

4. O.C.S. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a tre motivi.

5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese e si è costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo O.C.S. lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., non avendo il Tribunale posto a fondamento della valutazione di non credibilità prove proposte dalle parti o fatti non contestati.

2. Con il secondo motivo O.C.S. lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per omessa motivazione sulla documentazione presentava dal ricorrente (carta di identità, certificato di residenza, ricevute donazioni all’associazione (OMISSIS)), (Ndr: testo originale non comprensibile), nessun rilievo può assumere il modello prestampato C3.

2.1 I motivi, che in quanto connessi vanno trattati unitariamente, sono inammissibili.

2.2 Nel caso concreto, come si evince dalla lettura del provvedimento impugnato, il Tribunale ha ritenuto che il racconto del richiedente non era attendibile, avendo quindi dimostrato una scarsa e superficiale conoscenza del movimento (OMISSIS), di cui non aveva saputo dire nè quando era stato fondato, nè le funzioni svolta dal leader o dal coordinatore.

2.3 Il Tribunale, inoltre, oltre a ritenere incerta anche la provenienza dall’Anambra State, alla luce dei certificati esibiti, ha messo in evidenza che il ricorrente non era stato in grado di indicare il significato dei colori della bandiera del Biafra di cui indossava una maglietta in sede di audizione.

2.4 Questa Corte, in materia di protezione internazionale, ha affermato che “il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” (Cass., 7 agosto 2019, n. 21142).

2.5 Nel caso di specie la decisione censurata ha valutato, seppure in modo sintetico, ma non apodittico, le dichiarazioni rese dal ricorrente, rilevando la sussistenza di contraddizioni nel racconto e giungendo ad una valutazione complessiva di non credibilità, fondata su un controllo di logicità del racconto del richiedente.

2.6 La valutazione compiuta dal giudice del merito, al riguardo, non è sindacabile in sede di legittimità sul piano della violazione di legge, ma solo nei limiti del sindacato motivazionale consentito dall’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati.

2.7 Il motivo, sotto lo specifico profilo esaminato, è quindi infondato perchè la motivazione esiste ed è basata su risultanze di causa specificamente richiamate e valutate dal collegio giudicante e quindi sorretta da un contenuto non inferiore al “minimo costituzionale”, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte, così da sottrarsi al sindacato di legittimità della stessa e alla conseguente valutazione di “anomalia motivazionale” delineata, per quanto detto, come violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass., Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053).

2.8 In tema di ricorso per cassazione, inoltre, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito – come sostanzialmente dedotto nella specie – ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., 17 gennaio 2019, n. 1229).

2.9 Nel caso in esame, il Tribunale ha preso in esame l’intero contenuto delle dichiarazioni rese dal ricorrente e non solamente la descrizione della bandiera simbolo del movimento indipendentista, così come ha valutato la documentazione prodotta dal ricorrente ed anche il certificato di nascita di cui al doc. 3 del ricorso introduttivo non ritenendolo un documento originale per le specifiche ragioni indicate alle pagine 4 e 5 del provvedimento impugnato.

2.10 La censura sollevata si risolve, quindi, nella sollecitazione ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie, inammissibile in questa sede, spettando al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass., 26 marzo 2010, n. 7394).

2.11 Ciò determina anche l’inammissibilità del vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., prospettato nel motivo in esame, proprio ed esclusivamente con riferimento alle risultanze che il ricorrente intenderebbe trarre dagli stessi documenti;

3. Con il terzo motivo O.C.S. lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo il Tribunale del tutto omesso ogni valutazione sulla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato in relazione all’etnia (OMISSIS) del ricorrente in ragione della persecuzione della etnia (OMISSIS) in Nigeria.

3.1 La censura è inammissibile, poichè l’art. 360 c.p.c., comma 1, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito dalla L. n. 13 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ovvero che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415).

3.2 Ne consegue che il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il dato testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il “come” e “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico sia stato comunque preso in esame, anche se la sentenza non abbia dato atto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).

3.3 Alla luce degli enunciati principi, la censura del ricorrente, estremamente generica, si risolve in una critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante, come già detto, un vizio motivazionale non più proponibile in questa sede di legittimità.

4. Il ricorso va, conclusivamente, dichiarato inammissibile.

5. Nulla va disposto sulle spese poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

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