Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27225 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 28/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23832/2014 proposto da:

MEZZOGIORNO SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA 294,

presso lo studio dell’avvocato VALERIO VALLEFUOCO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ENRICO PICILLO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PUBLISERVIZI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1947/47/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 7/02/2014, depositata il 21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione ex art. 380-bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa ad avviso di accertamento per Tarsu-Tia 2011, la società “Mezzogiorno s.r.l. in liquidazione” impugna la sentenza con cui la C.T.R. della Campania ha confermato l’avviso di pagamento emesso dalla Publiservizi s.r.l. (concessionaria del servizio per la gestione dei rifiuti del Comune di Caserta), a titolo di Tarsu dell’anno 2011, relativa a superfici del “Centro commerciale integrato (OMISSIS)”. Lamenta la ricorrente che il giudice d’appello, pur dando atto della sua eccezione per cui “non deteneva, nè conduceva ad alcun titolo locali siti nel centro Commerciale integrato (OMISSIS), avendo ceduto in fitto, sin dal 2002, tutti i suoi rami d’azienda”, e di “non gestite i servizi comuni del medesimo centro”, ha tuttavia ritenuto, sulla base delle clausole dei contratti esibiti in giudizio, che la contribuente dovesse essere senza dubbio “qualificata come gestore del centro, e, come tale, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 63, comma 3”, “solidalmente responsabile al pagamento della tassa rifiuti unitamente alle altre società che operano nel centro”.

2. Parte ricorrente censura: con il primo motivo di ricorso, “Violazione dell’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 4)”; con il secondo, “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 63, comma 3 (art. 360 c.p.c., n. 3)”; con il terzo, “Violazione di legge (art. 111 Cost.). Difetto di motivazione – motivazione solo apparente, motivazione perplessa ed obbiettivamente incomprensibile”; con il quarto, infine, “Violazione L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (art. 360 c.p.c., n. 3). Violaione dell’art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

3. Il quarto motivo è inammissibile, per discrepanza tra le norme invocate ed il tenore della censura; il terzo motivo è infondato, poichè la motivazione della sentenza impugnata non risulta affatto meramente apparente, al punto da integrare una ragione di nullità della pronuncia; parimenti infondato è il primo, poichè il giudice d’appello non ha invertito il criterio di ripartizione dell’onere della prova, ma ha deciso proprio sulla base delle prove documentali offerte dalla contribuente.

4. Appare invece meritevole di accoglimento il secondo motivo, sotto il profilo) della falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 63, comma 3, per vizio di sussunzione della fattispecie concreta nella relativa fattispecie normativa astratta, e segnatamente per essere stata ravvisata in capo alla contribuente la qualità di “soggetto che gestisce i servizi comuni di “centri commerciali integrati” solo sulla base del “diritto della concedente a modificare il Regolamento interno qualora ritenuto necessario nell’interesse del complesso” (in forza di una disposizione di cui non è menzionato l’articolo), e dell’art. 10 dei “contratti esibiti in giudizio”,”nei quali la società Mezzogiorno si identifica diretto destinatario del pagamento degli oneri assunti dall’affittuaria”.

5. Al riguardo, valga il richiamo al conforme precedente specifico (Cass. sez. 6-5, ord. 17 febbraio 2015, n. 3151, sul ricorso di Mezzanotte s.r.l. in liquidazione contro Publiservizi s.r.l., avverso la sentenza n. 5/7/2012 della C.T.R. Campania del 28.10.2011, depositata il 17/01/2012, in tema di “Tarsu/Tia per l’anno 2009”), con cui questa Corte ha ritenuto che il giudicante non avesse indicato “da dove si desumerebbe invece la prova positiva della sussistenza del presupposto impositivo, e cioè della posizione di gestore dei servizi comuni” che competerebbe alla parte individuata come contribuente in relazione al periodo di imposta considerato”, ritenendo perciò necessario il superamento di “diffatta criptica affermazione, per la centrale rilevanza che assume nel percorso argomentativo del giudice del merito”, mediante un nuovo esame da parte dei giudici di merito, sulla base delle prove documentali versate in atti. Peraltro, nel caso di specie il giudice d’appello ha dichiarato assorbite le ulteriori censure della contribuente, che in particolare lamentava “la nullità dell’avviso per difetto di motivazione”, in quanto l’atto non specificava “a quali superfici (spazi comuni od altro) si riferisse la superficie tassata”, nè riportava “gli estremi catastali dell’immobile tassato nè gli estremi delle Delib. comunali di approvazione delle tariffe” (cfr. quarto motivo di ricorso).

6. Dalle esposte considerazioni seguono raccoglimento del secondo motivo di ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio ad altra sezione della Campania per nuovo esame, alla luce dei criteri sopra indicati.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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