Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27216 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 28/12/2016, (ud. 22/12/2015, dep.28/12/2016),  n. 27216

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9849-2014 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 175, presso la DIREZIONE AFFARI LEGALI DI ROMA DI POSTE

ITALIANE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI ZUCCARINO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

OVIDIO 32 C/0 STUDIO LBM, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA

STURDA’, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI MESSA, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4215/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 13/12/2013 r.g.n. 2059/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato CLAVELLI ROSSANA per delega verbale Avvocato

ZUCCARINO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte territoriale di Lecce, con sentenza depositata il 13/12/2013, accogliendo l’appello proposto da B.L., nei confronti di Poste Italiane S.p.A., avverso la sentenza pronunziata dal Tribunale della stessa sede, sul presupposto dell’illegittimità del licenziamento intimato da Poste al medesimo B. il 24/11/2006, condannava la predetta società alla reintegra dell’appellante ed al pagamento di sei mensilità della retribuzione globale di fatto, compensando le spese del doppio grado.

Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. articolando tre motivi.

B.L. resiste con controricorso ulteriormente illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 codice di rito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente, denuncia la nullità della notifica della sentenza per violazione di legge (artt. 285 e 170 c.p.c.) effettuata dalla controparte presso il domicilio di Bari anzichè di Lecce, ove invece si era costituito il procuratore; la qual cosa, a parere della ricorrente, avrebbe determinato la nullità della notifica e l’invalidità del termine breve per l’impugnazione previsto dall’art. 285 c.p.c.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione di legge dell’art. 2119 c.c. e della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3 in relazione agli effetti della sentenza penale di condanna di primo grado seguita in secondo grado da sentenza penale di estinzione dei reati per prescrizione, nonchè la illegittima esclusione del potere disciplinare del datore di lavoro e del potere di licenziare su fatti acquisiti da procedimento penale, ritenendo che la Corte di Appello era chiamata a valutare se i fatti acquisiti da un procedimento penale potessero costituire giusta causa di licenziamento, mentre, sul punto, avrebbe omesso qualsiasi motivazione.

3. Con il terzo motivo viene censurata la sentenza oggetto del giudizio di legittimità sotto il profilo della falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 2119 c.c. e dell’art. 72, lett. e) del CCNL 11/7/2003, nonchè della illogica motivazione relativamente alla prova dei fatti penali ai fini dell’esame del giudizio circa il licenziamento.

1.1 Quanto al primo motivo (in relatà mera deduzione), si sottolinea che il ricorso non è tardivo, in quanto, nella specie la notifica effettuata presso il domicilio di Bari anzichè in quello di Lecce, ove il procuratore si era costituito, è inidonea a fare decorrere il termine breve per proporre ricorso per cassazione (cfr., tra le molte, Cass. n. 26010/10).

2.1; 3.1 Gli altri due motivi sono inammissibili sotto diversi profili.

Innanzitutto per difetto di autosufficienza poichè nel ricorso si fa riferimento al CCNL 2003 senza che ne venga riportato il testo o che venga indicato se sia stato prodotto e dove. Al riguardo, va ribadito che il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 1435/2013; Cass. n. 23675/2013; Cass. n. 10551/2016).

Quanto al dedotto vizio di motivazione, si osserva, inoltre, che, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata depositata il 13 dicembre 2013, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica con precisione il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”.

E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue in ordine alla illegittimità del licenziamento di cui si tratta.

Per tutti i motivi innanzi esposti, il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese del giudizio, anche per l’alternanza dell’esito del giudizio nei gradi di merito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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