Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27214 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 28/12/2016, (ud. 25/10/2016, dep.28/12/2016),  n. 27214

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24685-2015 proposto da:

A.D., M.E., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA ALFREDO CASELLA, 38, presso lo studio dell’avvocato

GIANCARLO SABBADINI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati UGO FOGLIANO, GIOVANNI BATTISTA MARTINI giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

T.F., B.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 783/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

13/03/2015, depositata il 22/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato Giancarlo Sabbadini difensore dei ricorrenti che si

riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata depositata la seguente relazione:

“1. T.F. ha convenuto A.D. ed M.E. dinanzi al Tribunale di Ivrea per sentirli condannare al pagamento diretto in proprio favore delle somme dovute dai convenuti a B.F. (originario debitore del T.), nel quadro di una procedura esecutiva avviata dall’attore nei confronti del B.. In via gradata, il T. ha invocato la pronuncia della rescissione, ovvero l’inefficacia relativa (ex art. 2901 c.c.), del contratto di appalto concluso tra il B. e i convenuti.

2. Il Tribunale di Ivrea, ritenutane l’infondatezza, ha rigettato tutte le domande proposte dal T., condannando quest’ultimo al rimborso delle spese di lite in favore dei convenuti.

3. Su appello del T., la Corte d’appello di Torino, in accoglimento dell’impugnazione, ha accertato la sussistenza, al momento del pignoramento presso terzi promosso dall’appellante, del debito dell’ A. e della M. nei confronti del B. per l’importo di Euro 139.456,00, oltre accessori, condannando gli stessi al rimborso, in favore dell’appellante, delle spese del doppio grado del giudizio.

4. Avverso la sentenza d’appello, hanno proposto ricorso per cassazione A.D. ed M.E. sulla base di due motivi di impugnazione.

5. Nessuna delle controparti ha svolto difese in questa sede.

6. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere dichiarato inammissibile.

7. Con i due motivi di ricorso, l’ A. e la M. censurano la pronuncia della corte territoriale per violazione di legge e omesso esame di un fatto decisivo controverso, avendo i giudici d’appello del tutto trascurato di procedere all’esame della valenza dimostrativa, asseritamente determinante, delle matrici degli assegni circolari, delle fatture e delle quietanze prodotti in giudizio, di per sè idonei a comprovare l’avvenuta integrale estinzione del debito dei ricorrenti nei confronti del B., ove posti in connessione con la valutazione di tutti gli elementi di prova offerti alla valutazione dei giudici di merito.

7.1. I motivi sono inammissibili.

Osserva il relatore come, attraverso le argomentazioni critiche articolate con l’impugnazione proposta, i ricorrenti si siano inammissibilmente spinti a prospettare la rinnovazione, in questa sede di legittimità, del riesame nel merito della vicenda oggetto di lite, precluso a questo giudice di legittimità.

Deve qui, infatti, ribadirsi il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709).

Nella specie, la Corte d’appello di Torino ha espressamente evidenziato come il complesso degli elementi di prova documentale forniti dagli appellati non avesse raggiunto un’efficacia rappresentativa sufficiente ai fini della dimostrazione dell’effettiva integrale estinzione dei relativi debiti nei confronti del B., tenuto conto: 1) della mancanza di prova della data certa di taluno dei pagamenti indicati dagli appellati in epoca anteriore al pignoramento; 2) della mancata produzione delle fatture in originale o in copia autenticata, facenti fede della relativa regolare registrazione; 3) della mancata prova del pagamento dell’Iva sui saldi delle fatture; 4) dell’inidoneità probatoria delle informali dichiarazioni rese da terzi e delle semplici matrici di assegni prodotte.

Si tratta di considerazioni probatorie che il giudice d’appello ha elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica dell’interpretazione e di coerenza logico-formale dell’argomentazione, immuni da vizi d’indole logica o giuridica e, come tali, del tutto idonee a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dalla ricorrente.

Varrà peraltro sottolineare come, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il mancato o scorretto esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui detto inadempimento valga a determinare l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento, con la conseguenza che la denunzia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Sez. 5, Sentenza n. 25756 del 05/12/2014, Rv. 634055).

A tale ultimo onere dimostrativo devono ritenersi essersi sottratti gli odierni ricorrenti, essendosi gli stessi genericamente limitati alla prospettazione di una diversa, pretesamente più verosimile, ricostruzione dei fatti dedotti in giudizio, in ragione di un’interpretazione asseritamente più corretta dell’intero materiale probatorio sottoposto alla valutazione dei giudici di merito.

8. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere dichiarato inammissibile”;

2. I ricorrenti hanno presentato memoria ex art. 380-bis c.p.c. insistendo per l’accoglimento del ricorso;

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione trascritta e di doverne fare proprie le conclusioni, tenuto altresì conto della totale inidoneità delle considerazioni critiche illustrate nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a incidere sulla relativa correttezza nonchè sull’integrale condivisibilità degli apprezzamenti in essa contenuti.

4. Il ricorso dev’essere pertanto dichiarato inammissibile.

5. Non vi è luogo all’adozione di provvedimenti in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo i resistenti svolto difese in questa sede.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 25 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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