Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27212 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 28/12/2016, (ud. 15/09/2016, dep.28/12/2016),  n. 27212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1227-2015 proposto da:

COMUNE DI ISOLA DELLA SCALA (VR), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARIOLI 180, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO LUIGI BRASCHI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAURIZIO SARTORI giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

SAN FELICE 1893 BANCA POPOLARE SOC.COOP. P.A., in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio

dell’avvocato CARLO MARIO D’ACUNTI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIORGIO GIUSTI giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1143/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA

dell’8/04/2014, depositata il 06/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LILIANA ARMANO;

udito l’Avvocato Francesco Luigi Braschi difensore del ricorrente che

si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Carlo Mario D’Acunti difensore della

controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1. -Il Comune Isola Liri propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 6-5-2014.

Resiste l’intimata.

2. – Il ricorso è soggetto alla disciplina dettata dall’art. 360 bis c.p.c., artt. 375, 376 e 380 bis come formulati dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 e può essere trattato in camera di consiglio.

3. Il ricorso è inammissibile per il mancato rispetto del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3. Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 16628/2009 hanno affermato che, nel ricorso per cassazione, una tecnica espositiva dei fatti di causa realizzata mediante la pedissequa riproduzione degli atti processuali non soddisfa il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, che prescrive “l’esposizione sommaria dei fatti della causa” a pena di inammissibilità.

E’ stato infatti osservato che quella prescrizione è preordinata allo scopo di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa, l’esito dei gradi precedenti con eliminazione delle questioni non più controverse, ed il tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura.

4. Con la successiva ordinanza n. 19255/2010 è stato ribadito che l’assolvimento del requisito in questione è considerato dal legislatore come un’attività di narrazione del difensore che, in ragione dell’espressa qualificazione della sua modalità espositiva come sommaria, postula un’esposizione finalizzata a riassumere sia la vicenda sostanziale dedotta in giudizio che lo svolgimento del processo.

5. Il principio è stato confermato con la pronuncia Sez. Un, n. 5698 del 11 aprile 2012, con cui si è ribadito che in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso.

6. Nella specie l’esposizione sommaria dei fatti di causa è articolata in circa 87 pagine con la tecnica dell’assemblaggio, mediante riproduzione integrale di una serie di atti processuali quali: atto di citazione di primo grado, sentenza di primo grado, atto di citazione in appello, conclusioni giudizio di appello. Manca del tutto il momento di sintesi idoneo ad illustrare la ricostruzione del fatto storico e lo svolgimento della vicenda processuale nei punti essenziali.

7. Anche la illustrazione dei motivi, redatti anch’essi con l’inserimento di fotocopie di atti, non consente di cogliere i fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi stessi 7. Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La relazione è stata comunicata alle parti che hanno presentato memorie.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Il Collegio riunito in camera di consiglio condivide la ragioni in fatto ed in diritto esposte nella relazione non scalfite dal contenuto delle memorie e dichiara inammissibile il ricorso. Spese alla soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 7.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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