Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27207 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/12/2011, (ud. 04/10/2011, dep. 16/12/2011), n.27207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9853-2009 proposto da:

TRENITALIA S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato MARESCA ARTURO, che larappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.S., A.G., T.G., O.

R.;

– intimati –

nonchè da:

S.S., O.R., T.G., A.

G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DE’ SS. QUATTRO 56,

presso lo studio dell’avvocato TARSITANO FRANCESCO, rappresentati e

difesi dall’avvocato MUGGIANU PIETRO, giusta delega in atti;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

TRENITALIA S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato MARESCA ARTURO, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 57/2008 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 22/04/2008 r.g.n. 89/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato ROBERTO ROMEI per delega MARESCA ARTURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine

rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi, poi riuniti, A.G., T. G., S.S. e O.R. esponevano al Pretore del lavoro di Cagliari di operare dal 1.7.1996 alle dipendenze della società cooperativa Manutencoop a.r.l., in servizio presso lo scalo ferroviario di Cagliari, ove le FF.SS avevano affidato alla loro datrice di lavoro l’attività e pulizia ed altre attività esterna lizza te.

Deducevano, in base a plurimi elementi, che si era avuto una violazione del divieto di intermediazione di manodopera (anche per il periodo in cui avevano operato per altre ditte appaltatrici) di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1 comma 3 e chiedevano la costituzione di un rapporto di lavoro con l’Ente Ferrovie dello Stato, con inquadramento della terza area tecnici sesto livello retributivo. Si costituivano le FF.SS contestando la fondatezza della domanda.

Il Tribunale del lavoro di Cagliari con sentenza del 26.4.2005 ha dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con le FF.SS s.p.a. tra il A.G., il S.S., il T.G. ed il O.R. rispettivamente dal 1.7.1966, dal 1.1.1993, dal 1.1.1992 e dal Marzo 1995 con inquadramento nell’area 2^ (operai specializzati) CCNL 1990- 1992.

Proponeva appello la società Ferrovie dello Stato spa, resistevano gli appellati che proponevano anche appello incidentale.

La Corte di appello di Cagliari con sentenza del 13.2.2008 rigettava l’appello principale ed accoglieva per quanto di ragione l’appello incidentale, riconoscendo l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra l’ A. e le FFSS sin dal 1.1.1993 e condannando la Società Ferrovie dello Stato spa al pagamento in favore dei lavoratori delle somme di cui alla sentenza.

La Corte territoriale, previa ricostruzione dell’indirizzo di questa Corte in materia di appalto di manodopera, rilevava che per il caso dell’ A. e del S. era emerso che dal 21.12.1992 gli stessi avevano preso a lavorare all’Officina manutenzione locomotori e che in tale struttura produttiva avevano svolto una serie di attività strettamente complementari a cicli lavorativi inerenti direttamente le Ferrovie dello Stato e prive di autonoma rilevanza ( come emergeva persino dalla schede tecniche prodotte); si aggiungeva che la conduzione e gestione delle Officine non era mai stata dato in appalto dalla Società ferrovie dello Stato. Tali attività, che non costituivano un vero servizio, ma operazioni parcellizzate non avrebbero mai potute essere svolte in autonomia dal persone delle ditte appaltatrici, ma postulavano ordini e controlli da parte del personale FFSS. Considerazioni del tutto analoghe venivano svolte in relazione alla posizione del T. e dell’ O.. Il primo come chiamatore era in sostanza un fattorino che seguiva una pluralità di compiti per le Ferrovie dello Stato, il secondo come addetto ai magazzini scorte lavori e magazzini materiali certamente eseguiva operazioni non collegabili ad attività dedotte in appalto come emergeva dalle stesse schede tecniche. Ciò risultava chiaramente dalle prove per testi, dalle schede prodotte e dagli o.d.s. allegati in atti ; inoltre la cooperativa appaltatrice utilizzava strutture ed attrezzature delle Ferrovie dello Stato ed aveva investito risorse di entità trascurabile. Per l’ A. rilevava la Corte la situazione di illecito appalto di manodopera sussisteva sin dal momento in cui era stato addetto all’Officina manutenzione e quindi il rapporto con le Ferrovie dello Stato FSS doveva datarsi sin dal 1.1.1993, mentre per quanto riguarda la posizione dell’ O. la natura illecita dell’appalto non poteva essere configurata nel periodo in cui questi aveva prestato la sua attività per il centro stampa. Alla luce di una disposta consulenza contabile la Corte condannava la Società Ferrovie dello Stato FFSS al pagamento delle somme indicate in sentenza per differenze retributive.

Ricorre Trenitalia con due motivi; resistono i lavoratori con controricorso, i quali propongono ricorso incidentale con cinque motivi. Resiste al ricorso incidentale Trenitalia con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale e ricorso incidentale vanno riuniti e, apparendo entrambi infondati, vanno rigettati.

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, artt. 1 e 3. Si era accertato la illiceità dell’appalto sulla base delle schede tecniche prodotte e non in relazione al suo concreto atteggiarsi, senza veramente verificare se l’appalto fosse stato gestito con organizzazione propria dall’appaltatore per conseguire un risultato produttivo. Era irrilevante che l’oggetto dell’appalto facesse parte del processo produttivo dell’azienda committente, in quanto si trattava di un’ordinaria operazione di “esternalizzazione” di un settore particolare del tutto legittima come affermato anche dalla giurisprudenza della Corte Suprema L’ imprese appaltatrice si era rivelata genuina ed aveva impiegati propri fondi e dotazioni materiali, mentre i giudici di appello si erano concentrati su elementi secondari e non decisivi per risolvere la controversia.

Il motivo appare infondato. Certamente appaiono condivisibili le osservazioni svolte sulla giurisprudenza di questa Corte in ordine alla liceità del fenomeno della cosiddetta “esternalizzazione” di settori produttivi a terzi in regime di appalto, ma tali considerazioni non appaiono pertinenti per il caso in esame in quanto i giudici di merito hanno accertato che, per i periodi di cui in sentenza, i lavoratori furono impiegati in attività che non erano affatto oggetto di appalto (attività parcellizzarti ed addirittura Insuscettibili di un’autonoma configurazione) e sotto la direzione ed il controllo diretto da parte delle Ferrovie dello stato, come emerge dalla prova per testi e dalle schede tecniche acquisite in giudizio che non si vede per quale ragione non debbano essere prese in considerazione, posto che descrivono in concreto l’attività svolta dai lavoratori oggi ricorrenti in via incidentale. E’ vero che nell’ultima parte della decisione impugnata si aggiunge che la società appaltatrice risulta avere investito cifre modestissime nell’appalto ma tale considerazione è stata in piena evidenza offerta solo ad colorandum la ricostruzione della vicenda, essendo il fulcro della decisione quanto prima descritto che nel motivo, a ben guardare, non viene neppure contestato, non prendendo affatto posizione il ricorso in ordine ai detti accertamenti compiuti in relazione al concreto svolgimento dell’attività lavorativa di cui è processo.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, artt. 1 e 3 in relazione all’art. 2094 c.c.. Le dichiarazioni del teste C. non avrebbero confermato la ricostruzione offerta in sentenza, irrilevante era la scarsa consistenza del capitale investito nell’appalto, era inevitabile che un appalto svolto in un segmento del più ampio ciclo produttivo del committente non può che svolgersi in base alle indicazioni del personale dello stessa parte committente, nel caso di specie delle Ferrovie dello Stato. L’appaltatrice aveva utilizzato risorse lavorative (visto il tipo di appalto necessariamente prevalenti) e beni strumentali propri in raccordo con il personale delle Ferrovie, che al più aveva eventualmente fornito contributi logistici- organizzativi per facilitare l’esecuzione dell’appalto, senza alterarne la natura.

Il motivo appare infondato e si sostanzia nelle proposizione di affermazioni di ordine generale, in astratto condivisibili, in ordine al necessario collegamento e coordinamento di un appalto di un segmento produttivo con le altre fasi di lavorazione e quindi sul ruolo di indicazione e raccordo che possono avere i dipendenti della società committente a tal fine. Ma come si è detto supra nella specifica vicenda i giudici di merito hanno accertato che i lavoratori per i periodi di cui alla sentenza hanno svolto attività assolutamente estranee (ed addirittura suscettibili di un’autonoma configurazione) all’appalto stipulato sotto la direzione diretta del personale delle Ferrovie dello Stato. Pertanto le dette osservazioni non sono conferenti per il caso in esame. I riferimenti all’inizio del motivo alle dichiarazioni del teste C. appaiono violare il principio di autosufficienza del ricorso in cassazione perchè le dichiarazioni non sono riportate per intero, nè riassunte nella loro globalità e non si valuta nemmeno l’incidenza di tali dichiarazioni per la soluzione della controversia, posto che in sentenza sono stati richiamati altre testimonianze. In ogni caso in sentenza si afferma che lo S. è divenuto caposquadra “dopo il 1993” e non “dal 1993” come si legge nel motivo, quindi dopo il momento in cui si è accertata l’illecita interposizione.

Nei primi quattro motivi del ricorso incidentale si deduce la medesima questione. Non si era chiesto in appello solo la condanna della società all’iscrizione dei lavoratori nei ruoli paga e nello stato matricolare, ma in primis la condanna della società a dare esecuzione al rapporto di lavoro tra le parti così come accertato in primo grado e il giudice di appello su tale domanda non ha riposto in alcun modo.

I detti motivi sono infondati essendo tale domanda chiaramente assorbita dall’accoglimento delle altre principali domande proposte dai lavoratori, in quanto in primo grado è stata già riconosciuta l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti a partire dalle date indicate in sentenza ed in appello è stata accolta la domanda relativa al pagamento delle differenze retributive consequenziali a tale riconoscimento. La condanna a dare esecuzione al rapporto non si vede che cosa possa aggiungere a tali statuizioni come osservato correttamente dalla Corte territoriale a pag. 40 della sentenza impugnata.

Infondato è anche l’ultimo motivo, frutto di un evidente errore. Si sostiene che sarebbero state integralmente compensate le spese di appello, mentre le stesse risultano compensate nella sola misura di un quarto, compensazione certamente giustificata dal parziale rigetto dell’appello incidentale dei lavoratori, come argomentato espressamente a pag. 41 della sentenza impugnata.

In conclusione vanno riuniti i ricorsi e gli stessi vanno rigettati, tante la soccombenza reciproco si devono compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte.

riunisce i ricorsi e li rigetta e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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