Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27206 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/11/2020, (ud. 16/06/2020, dep. 27/11/2020), n.27206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27823-2018 proposto da:

I.I.M., I.M.I., elettivamente

domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentate e difese dall’avvocato CATERINA BOZZOLI;

– ricorrenti –

contro

ASSOCIAZIONE VOLONTARIATO AMICIZIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato SILVIO BARBIERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1969/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

I.I.M. e I.M.I., con ricorso depositato il 27 luglio 2011, adivano il Tribunale di Padova esponendo di avere I.I.M. stipulato con l’Associazione di Volontariato Amicizia il (OMISSIS) un contratto di locazione avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, contratto che avrebbe avuto naturale scadenza il (OMISSIS), e che quindi ella deteneva legittimamente il (OMISSIS) quando fu eseguito lo sfratto da parte di M.M.L. nei confronti dell’Associazione, dovendo così rilasciare l’alloggio; da ciò I.I.M. e I.M.I. avrebbero riportato danni, di cui chiedevano pertanto la condanna dell’Associazione al risarcimento.

La convenuta si costituiva resistendo.

Con sentenza dell’11 giugno 2015, il Tribunale rigettava ogni domanda attorea, affermando che il contratto locatizio aveva natura transitoria e che l’obbligazione sarebbe stata meramente naturale, onde l’associazione non aveva commesso alcun illecito verso le attrici.

I.I.M. e I.M.I. proponevano appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Venezia respingeva con sentenza del 7 febbraio 2018, sulla base di una diversa motivazione: non attribuendo natura transitoria al contratto e riconoscendo che il contratto era ancora in corso al momento della esecuzione del rilascio, la Corte d’appello riconosceva che l’Associazione era inadempiente rispetto all’art. 1575 c.c., avendo pertanto la conduttrice diritto ad esserne risarcita; negava peraltro che la conduttrice avesse adempiuto al suo onere probatorio relativo ai danni che sarebbero derivati dalla anticipata cessazione della disponibilità dell’alloggio, rimarcando che i danni risarcibili sarebbero stati solo quelli subiti dalla conduttrice e non quelli subiti da persone da lei ospitate nell’immobile, trattandosi di responsabilità meramente contrattuale.

I.I.M. e I.M.I. hanno presentato ricorso sulla base di un unico motivo, da cui l’Associazione si è difesa con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il motivo del ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c.

Si sostiene che le prove testimoniali fornite sarebbero state “sufficientemente esplicative” dei gravissimi danni lamentati, “derivanti dalla lesione di valori inviolabili della persona”, considerato il rilascio dell’alloggio legittimamente detenuto, l’abbandono dei propri beni all’interno di esso, il ritiro di questi per collocarli altrove, la perdita dei punti di riferimento sociali e di un luogo dove svolgere le quotidiane attività sociali, ludiche e personali, la perdita del “nido” per la famiglia e la disgregazione del nucleo familiare, la collocazione di un animale considerato affettivamente indispensabile, l’allontanamento del minore dalla madre, l’impossibilità di sostenere esami universitari, le spese di trasferimento, un “danno da assenza madre/figlio”, un “danno da solitudine” per tutti i familiari, le spese per cercare un’altra abitazione e la differenza del canone di locazione per la nuova casa. La corte territoriale avrebbe potuto effettuare la valutazione equitativa di tali danni.

E’ del tutto evidente che il motivo è conformato in modo inammissibile. La doglianza infatti, come si è appena illustrato, consiste nell’asserto che le prove testimoniali fornite avrebbero dato adeguata prova dell’esistenza dei lamentati danni – danni di cui viene dispiegato un elenco, dettagliato quanto assertivo – per concludere che il relativo quantum risarcitorio avrebbe potuto essere determinato in via equitativa dal giudice di merito, applicando appunto l’art. 1226 c.c. Il che non costituisce denuncia di violazione dell’art. 1226 c.c., bensì valutazione alternativa del compendio probatorio in ordine all’esistenza dell’an dei pretesi danni, da cui ti derivando l’assoluta inammissibilità della censura.

Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna – in solido per il comune interesse processuale – delle ricorrenti alla rifusione delle spese del grado, liquidate come da dispositivo, alla controricorrente.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, condannando solidalmente le ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.100, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

 

 

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