Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27206 del 23/10/2019

Cassazione civile sez. I, 23/10/2019, (ud. 23/09/2019, dep. 23/10/2019), n.27206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso r.g. 24840/201/8 proposto da:

D.D.M., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, rappresentata

e difesa dall’avvocato Girotti Dario, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

L’Avvocato Z.A.M., nella qualità di curatore speciale

della minore B.J.E., domiciliata in Roma, piazza

Cavour, rappresentata e difesa dall’avvocato Naggar Magda N., giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

B.G., Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte

di appello di Torino, tutore provvisorio del minore

B.J.E., in persona dell’Assessore politiche sociali e abitative del

Comune di Torino;

– intimati –

avverso la sentenza n. 25/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, del

25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Torino, sez. minorenni, con sentenza del 2 agosto 2016, ha rigettato il gravame avverso la sentenza impugnata che aveva dichiarato lo stato di adottabilità di B.J.E., nata il (OMISSIS).

La Corte ha riferito della condizione di inadeguatezza genitoriale della madre, D.D.M., e dello stato di abbandono in cui versava la figlia J.; ha narrato che la D.D. si era allontanata dalla comunità presso la quale i Servizi sociali avevano disposto il suo inserimento e aveva contravvenuto alle relative prescrizioni, non presentandosi agli incontri con gli esperti o adducendo giustificazioni non credibili; che la sua personalità presentava importanti criticità derivanti dal suo vissuto personale che ne avevano compromesso lo sviluppo affettivo e le capacità genitoriali; che la D.D. aveva avuto una seconda figlia, N., la cui nascita in assenza di un concreto progetto di vita e di un partner confermava le riscontrate carenze della sua personalità; che il sostegno profuso dalla comunità e dai Servizi sociali aveva dato buoni risultati nei confronti di N., mentre diversa era la condizione di J., il cui riavvicinamento alla madre era considerato dagli esperti come negativo e avrebbe potuto compromettere la crescita della bambina, nonostante la disponibilità manifestata dalla madre, tenuto conto che i tempi lunghi di maturazione degli adulti non sono compatibili con quelli dei bambini.

Il ricorso per cassazione della D.D. è stato accolto con sentenza n. 12393 del 2017, con la quale questa Corte, premesso che la misura dell’adozione, comportante la recisione definitiva del legame con la famiglia d’origine, costituisce una extrema ratio cui si può ricorrere in casi eccezionali, ha rilevato che, senza indicare fatti specifici dimostrativi dello stato di abbandono, la sentenza impugnata aveva argomentato solo genericamente in ordine all’inadeguatezza genitoriale della D.D. e agli interventi di sostegno realizzati per rimuovere le situazioni di difficoltà e disagio in cui essa versava, ingiustificatamente sottovalutando o sopravvalutando talune circostanze indicative, in un senso o nell’altro, delle potenzialità di recupero delle capacità genitoriali (ad esempio, lei stessa si era rivolta ai Servizi sociali per chiedere un sostegno alla genitorialità in termini economici e abitativi, ma si era allontanata dalla comunità in cui era stata inserita e aveva contravvenuto alle prescrizioni impostele; aveva avuto una seconda figlia nonostante le condizioni di difficoltà in cui versava, nei cui confronti peraltro aveva manifestato una buona capacità genitoriale).

Il processo riassunto è stato definito dalla Corte d’appello di Torino, con sentenza 25 luglio 2018, che ha rigettato il gravame della D.D. avverso la sentenza impugnata, confermando all’esito dell’istruttoria il giudizio di incapacità genitoriale sia della madre che del padre B.G..

Avverso questa sentenza la D.D. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui si è opposta l’avv. Z.A.M., curatore speciale della minore J.; il ricorso è stato notificato a B.G., il quale non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8 e art. 30 Cost., in relazione ai principi enunciati dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 12393 del 2017, per avere erroneamente valutato lo stato di abbandono della figlia J. da parte della D.D..

Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato omesso esame di fatti decisivi, circa la valutazione delle proprie condizioni soggettive e oggettive e della positiva evoluzione del percorso personale intrapreso, ai fini del recupero della capacità genitoriale, quale madre di altri due figli, senza una opportuna rinnovazione della c.t.u..

Entrambi i suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

La Corte torinese ha ripercorso analiticamente la storia del gruppo familiare e dei numerosi interventi di sostegno offerti alla D.D., collocata insieme con la figlia in due diverse comunità dalle quali era andata via senza fornire attendibili giustificazioni; ha osservato che anche la secondogenita, N. (figlia di padre ignoto), con la quale inizialmente aveva intrattenuto un rapporto positivo, era stata inserita in una comunità dalla quale analogamente la madre si era allontanata definitivamente, abbandonando il progetto comunitario appena iniziato e inducendo il Tribunale a collocare anche N. in una famiglia affidataria; che risultava evidente il comportamento abbandonico della D.D., dimostrato dal totale disinteresse nei confronti dei figli e dal fatto di anteporre le proprie esigenze personali e i propri progetti di convivenza con uomini diversi, l’ultimo dei quali peraltro con precedenti penali, dalla cui relazione era nato un terzogenito nel novembre 2017, dopo una ulteriore gravidanza non giunta a termine a seguito di una relazione con un altro uomo; che entrambi i genitori non erano in grado di assicurare a J. un percorso di vita stabile e favorevole, in considerazione della loro “immaturità globale”: la D.D. soffriva di un disturbo borderline della personalità insorto o aggravatosi a causa della grave conflittualità in famiglia nella prima infanzia che la portava a ripetere gli stessi comportamenti con i figli; B.G. era un soggetto “in difficoltà nella costruzione di una propria identità e di un progetto esistenziale da adulto”, aveva insistito nella richiesta di affidamento eterofamiliare sine die, tuttavia non praticabile, avendo la bambina bisogno della solidità di una famiglia affidataria per lungo tempo; ha osservato che J. era attualmente inserita in una famiglia affidataria dove era serena e ben ambientata, sradicarla dal nuovo ambiente era indubbiamente sconsigliabile.

Dalla suddetta motivazione – che si sottrae al sindacato di legittimità, ammesso nei ristretti limiti del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, nei soli casi di radicale carenza di essa o nel suo estrinsecarsi in argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi – emerge con chiarezza l’insussistenza di alcun favorevole segnale prognostico circa la possibilità di costruzione o di recupero delle competenze genitoriali della ricorrente, la cui storia personale di deprivazione materiale ed affettiva le ha impedito di accedere proficuamente a un percorso terapeutico di sostegno alla genitorialità.

Risulta quindi rispettato il principio secondo cui la recisione del legame con la famiglia di origine costituisce una extrema ratio (da ultimo Cass. n. 3915 del 2018) cui ricorrere quando non sia fattibile, come nella specie, altra soluzione idonea ad assicurare il benessere e una prospettiva di positivo sviluppo psicofisico del minore. E’ quindi poco pertinente la lamentata ingerenza dello Stato nella vita familiare, ai sensi dell’art. 8 Cedu, che è invece giustificata, anche sotto il profilo della proporzionalità del mezzo rispetto allo scopo.

Il terzo motivo che denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d), per non avere disposto l’adozione in casi particolari o l’adozione mite, è infondato. Si deve considerare che l’istituto della cosiddetta adozione mite, la quale lascia aperta la possibilità di una prosecuzione dei rapporti tra il minore e la famiglia di origine, è stato elaborato dalla giurisprudenza di merito nei casi in cui l’interruzione totale di detti rapporti avrebbe ripercussioni negative sullo sviluppo del minore, mentre nella specie è stato accertato in via di fatto che proprio questa interruzione è nel suo interesse, al fine di favorire il raggiungimento di una stabilità affettiva da ricercare altrove.

Il ricorso è rigettato. Sussistono le condizioni di legge per compensare le spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile o rigetta il ricorso; compensa le spese.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA