Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27201 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 28/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15371/2015 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, in persona del rappresentante legale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo

studio dell’Avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA V. PANAMA 74, presso

lo studio dell’Avvocato GIANNI EMILIO IACOBELLI, che lo rappresenta

e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9836/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

26/11/2014, depositata il 17/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato LUCANTONI SILVIA, delega scritta dell’Avvocato

PANDOLFO ANGELO, per la parte ricorrente, la quale si riporta agli

scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 24 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 17 dicembre 2014, la Corte di Appello di Roma riformando la decisione del Tribunale in sede che l’aveva rigettata, accoglieva la domanda proposta da F.L. nei confronti di Poste Italiane s.p.a. e, accertata la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le dette parti per il periodo dal 3 al 31 ottobre 2003, dichiarava la prosecuzione giuridica del rapporto dopo il 31.10.2003 con condanna della società al pagamento della indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 – determinata in 5 mensilità – oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.

Il termine era stato apposto “ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale dell’Area Operativa per l’espletamento dell’attività di trasporto….”.

La Corte territoriale, riteneva la illegittimità della clausola appositiva del termine perchè non sufficientemente specifica – contrariamente a quanto opinato dal primo giudice. In merito alle conseguenze economiche della dichiarata nullità applicava lo ims supervenien,s’ costituito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 e determinava l’indennità nella misura di cui sopra.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso Poste Italiane affidato a due motivi.

Il F. resiste con controricorso.

Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e artt. 1362 c.c. e segg., con riferimento all’onere di specificazione della ragione sostitutiva apposta al contratto, nonchè degli artt. 24 e 115 Cost.. Si evidenzia, altresì, che dalla documentazione acquisita agli atti era risultata provata la ricorrenza delle esigenze sostitutive richiamate nella clausola, come, peraltro, già accertato dal Tribunale.

Si assume che il giudice del gravame, sulla scorta di una non corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, erroneamente aveva ritenuto generica la clausola.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha più volte affermato il principio che va qui ribadito (v. in particolare, fra le altre, Cass. 26 gennaio 2010 n. 1577 e Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576), “in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità”.

E’ stato anche precisato che tale principio non si pone in senso contrario Corte cost. n. 214/09 laddove, dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 e art. 11, afferma che l’onere di specificazione previsto dallo stesso art. 1, comma 2, impone che, tutte le volte in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.

Ora, come questa S.C. ha già chiarito nelle proprie precedenti sentenze, il passo della sentenza della Corte Cost. sopra citato deve essere letto nel relativo contesto argomentativo, che individua la ratio legis proprio nell’esigenza di assicurare trasparenza e veridicità della causa che si pone a monte dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.

Ne discende che, nell’ampia casistica offerta dall’esperienza concreta, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori deve passare necessariamente attraverso la specificazione dei motivi, mediante l’indicazione di criteri che, prescindendo dall’individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma.

In questi termini, le due opzioni interpretative (quella della cit. sentenza n. 214/09 della Corte Cost. e quella accolta nella summenzionata giurisprudenza di questa S.C.) risultano coerenti.

In applicazione di tale principio questa Corte ha ripetutamente accolto i ricorsi della società avverso le sentenze di merito che, disattendendo il criterio di elasticità dettato da tale principio, avevano ritenuto non specifica la causale sostitutiva indicata in contratto (v. fra le altre, Cass. 17-1-2012 n. 565, Cass. 4-6-2012 n. 8966, Cass. 20-4-2012 n. 6216, Cass. 30- 5-2012 n. 8647, Cass. 26-7-2012 n. 13239, Cass. 2-5-2011 n. 9602, Cass. 6-7-2011 n. 14868).

In base allo stesso principio, d’altro canto, Cass. 1577/2010 ha confermato la decisione della Corte territoriale che aveva ritenuto esistente il requisito della specificità con l’indicazione nell’atto scritto della causale sostitutiva, del termine iniziale e finale del rapporto, del luogo di svolgimento della prestazione a termine, dell’inquadramento e delle mansioni del personale da sostituire, e, quanto al riscontro fattuale del rispetto della ragione sostitutiva, ha ritenuto correttamente motivato, e come tale incensurabile, l’accertamento effettuato dal giudice di merito che, con riferimento all’ambito territoriale dell’ufficio interessato, aveva accertato il numero dei contratti a termine stipulati in ciascuno dei mesi di durata del contratto a termine, confrontandolo con il numero delle giornate di assenza per malattia, infortunio, ferie, etc. del personale a tempo indeterminato, pervenendo alla valutazione di congruità del numero dei contratti stipulati per esigenze sostitutive (v. Cass. 15-12-2011 n. 27052, Cass. 16-12-2012 n. 27217).

In tale quadro, caratterizzato dalla definizione di un criterio elastico che si riflette poi sulla relatività della verifica dell’esigenza sostitutiva in concreto, per la legittimità della apposizione del termine è sufficiente quindi l’accertamento della congruità del rapporto tra le assenze del personale stabile e il numero dei contratti a termine conclusi per tale esigenza, in un determinato periodo, non essendo, peraltro, affatto necessario un carattere di temporaneità ex se dell’esigenza stessa e neppure un carattere di straordinarietà ovvero un superamento di un (non meglio identificato) tasso fisiologico di assenteismo (v. fra le altre Cass. 14-2-2013 n. 6979).

Nel caso in esame è da condividere, in relazione ai principi sopra enunciati, la valutazione operata dalla Corte di merito circa l’assenza di specificità della causale apposta al contratto di lavoro a termine stipulato fra le odierne parti in quanto la clausola appositiva del termine non specifica le mansioni cui era destinato il lavoratore (vi è un generico riferimento all’attività di trasporto) nè il fatto che andava a sostituire lavoratori aventi diritto alla conservazione del posto.

Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, con riferimento alla quantificazione della indennità risarcitoria per avere la Corte di Appello quantificato l’indennità onnicomprensiva prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32 comma 5, nella misura di 5 mensilità senza considerare tutti i criteri di cui della L. 15 luglio 1966, art. 8.

Il motivo è inammissibile.

Ed infatti, in applicazione dei principi generali in materia di sindacato di legittimità, con particolare riferimento all’art. 360 c.p.c., deve affermarsi, coerentemente con quanto più volte statuito da questa Corte in tema di indennità di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 8 (cfr. Cass. 5 gennaio 2001 n. 107; Cass. 15 maggio 2006 n. 11 107; Cass. 14 giugno 2006 n. 13732; da ultimo, con riferimento all’art. 32 comma 5, per tutte, vedi Cass. n. 8747/2014) che la determinazione tra il minimo e il massimo della misura dell’indennità de qua spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per-motivazione assente, illogica o contraddittoria.

Nel caso in esame la Corte territoriale ha tenuto conto, come si evince dalla motivazione, dei criteri stabiliti nella L. n. 604 del 1966, art. 8 (quali la breve durata dell’unico contratto intercorso tra le parti, le dimensioni della società e l’elevato numero dei dipendenti) ed ha concluso nel senso che ha ritenuto congruo determinare l’indennità onnicomprensiva in cinque mensilità. Deve pertanto escludersi che sia incorsa nella denunciata violazione di legge.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il F. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c.. Il Collegio ritiene di condividere pienamente il contenuto della riportata relazione e, pertanto, rigetta il ricorso.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo con attribuzione all’avv. Gianni Emilio Iacobelli per dichiarato anticipo fattone.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% con attribuzione all’avv. Gianni Emilio Iacobelli.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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