Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27200 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 28/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15238/2015 proposto da:

INPS, in proprio e quale procuratore speciale della Società di

Cartolarizzazio le dei Crediti INPS – S.C.C.I. s.p.a., in persona

del rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto e rappresentato e difeso dagli Avv.ti LELIO MARITATO,

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO E EMANUELE DE ROSE,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 94, presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNA FIORE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato FEDERICO SALA, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1011/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

05/11/2014, depositata il 05/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE, per la parte ricorrente, il quale

si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato SALA FEDERICO, per la parte controricorrente, il

quale si riporta agli scritti ed insiste per le spese.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 24 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 5 dicembre 2014, la Corte di Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale in sede che aveva accolto l’opposizione a cartella esattoriale proposta da V.S., cartella con la quale era stato chiesto il versamento di contributi alla Gestione Commercianti dell’INPS per l’anno 2009 asseritamente dovuti in qualità di socio e amministratore della società “Antifurti Satellitari s.r.l.”.

La Corte territoriale rilevava che – pur dovendo aderirsi alla tesi della legittimità della doppia iscrizione, non operando nel caso specifico la “fictio iuris” dell’unificazione della contribuzione sulla base dell’attività prevalente – tuttavia, dalle risultanze istruttorie non erano emersi i requisiti, specificamente previsti dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, per la iscrizione nella Gestione Commercianti del V. non avendo lo stesso svolto attività sconfinanti rispetto a quella di amministratore e non ricorrendo neppure i requisiti di abitualità e prevalenza dell’attività commerciale che si assumeva svolta dal predetto.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’INPS, in proprio e quale mandataria della SCCI, affidato ad unico motivo.

Resiste con controricorso il V..

Con l’unico motivo di ricorso l’istituto denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. dalla L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che le norme richiamate della L. n. 662 del 1996, avevano inteso estendere l’obbligo di iscrizione ai soci di società a responsabilità limitata, prima esclusi in ragione della limitazione della loro responsabilità, e che il requisito della personale partecipazione al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza previsto ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti doveva estendersi a quelle prestazioni di lavoro relative alle attività connesse, grazie alle quali il servizio veniva reso. In sostanza, non solo l’espletamento di un’attività esecutiva era rilevante ai detti fini, ma anche quella organizzativa e direttiva di natura intellettuale, idonea a rendere effettivo l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, indipendentemente dal giudizio di prevalenza che rileva in un ambito di gestioni speciali, nel cui interno possano configurarsi fattispecie unitarie ma caratterizzate dalla compresenza di elementi cd.”misti” e dalla unicità del reddito.

Il motivo è infondato alla luce delle pronunce di questa Corte rese in casi analoghi a quello in esame (cfr.: Cass. 26206/2015, 26205/2015, 24197/2015) alle cui motivazioni si rimanda.

In sintesi, è, stato affermato che la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è nel senso che l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagni all’esercizio di un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non è regolato dal principio dell'”attività prevalente”. Si tratta di attività distinte e (sotto questo profilo) autonome, sicchè parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa. Non opera il criterio (dell’art. 1, comma 208, cit.) dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione secondo l’individuazione dell’attività “prevalente”. (Cass. SU. n. 17076 dell’8 agosto 2011; Cass. Sez. L, Sentenza n. 9153 del 6 giugno 2012; Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 9803 del 14 giugno 2012).

Si è pure precisato che la sentenza delle SS.UU. di questa Corte n. 3240 del 13/02/2010, se pure superata dalla legge di interpretazione autentica sopravvenuta, di cui al D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, conv., con modificazioni, in L. 30 luglio 2010, n. 122 e dalla giurisprudenza successiva, deve ritenersi utilmente richiamabile nella parte in cui sancisce che, in caso di verifica della insussistenza dei requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti, non vi è necessità di procedere al giudizio di prevalenza tra detta attività e quella di amministratore, con conseguente obbligo di iscrizione del ricorrente esclusivamente alla gestione separata, laddove non può essere più condivisa nella parte in cui afferma che, ove venga accertata la presenza dei requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti, si debba procedere al giudizio di prevalenza, verificandosi se il contribuente dedichi personalmente la propria opera professionale prevalentemente ai compiti di amministratore della società, ovvero ai compiti di cui all’attività commerciale.

In buona sostanza deve ritenersi che ognuna delle due distinte attività debba essere valutata, ai fini della sussistenza dell’obbligo contributivo, secondo gli ordinari criteri.

Così la sussistenza di un’attività comportante l’obbligo contributivo nei confronti della gestione commercianti va valutata con i criteri di cui al già sopra ricordato comma 203 della L. n. 662 del 1996, medesimo art. 1.

La verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza O meno di dipendenti c/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (così, ad esempio, in presenza di una società di capitali con numerosi dipendenti ed un sistema organizzato di controlli sul personale, la diretta partecipazione al lavoro aziendale dell’amministratore, ancorchè pure socio, non beneficia di elementi presuntivi che, diversamente, possono sussistere quando si è in presenza di una società con due soli soci, di cui uno amministratore, e senza dipendenti – si veda, per una ipotesi di questo secondo tipo, Cass. 11 luglio 2012, n. 11685).

Orbene, nella specie, il decisum della Corte territoriale, risulta essersi informato ai richiamati principi non avendo ritenuto dirimente l’accertamento del carattere prevalente dell’attività prestata dal V. quale amministratore rispetto a quella prestata nello svolgimento dell’impresa come socio/prestatore d’opera. Ha piuttosto ritenuto, con accertamento di merito che risulta immune dalle censure svolte, che l’attività commerciale svolta dal predetto nell’ambito della Antifurti Satellitari srl, non era connotata dai requisiti di abitualità e prevalenza, così come emerso dall’attività istruttoria svolta (in cui era rimasto accertato che il facere che avrebbe giustificato una doppia iscrizione non era diverso e distinto da quello di amministratore e, comunque, aveva una valenza del tutto secondaria rispetto agli altri fattori produttivi). Nè, di per sè, la qualifica di socio di una società di capitali (con responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento di tale capitale) può essere significativa dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda.

Alla luce di quanto esposto si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della relazione in quanto conforme ai precedenti di questa Corte e, dunque, rigetta il ricorso.

I recenti interventi, legislativo e giurisprudenziali, giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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