Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2720 del 08/02/2010

Cassazione civile sez. II, 08/02/2010, (ud. 04/12/2009, dep. 08/02/2010), n.2720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – rel. Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25252-2004 proposto da:

M.U., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, CORSO RINASCIMENTO 24, presso lo studio dell’avvocato SCARNATI

ALESSANDRA, rappresentato e difeso dagli avvocati GALLO PIETRO,

MARINUCCI UGO;

– ricorrente –

contro

CS ACQUEDOTTISTICO VALLE PELIGNA ALTO SANGRO (OMISSIS), ora

S.A.C.A.,- SPA Servizi Ambientali Centro Abbruzzo in persona del

legale rappresentante pro tempore B.R., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MAGNA GRECIA 84, presso lo studio

dell’avvocato D’ANGELO DANILO, rappresentato e difeso dall’avvocato

IANNOZZI ANNA CAROLINA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 219/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2009 dal Consigliere Dott. ALFREDO MENSITIERI;

udito l’Avvocato SCARNATI Raffaele, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MARINUCCI Ugo, difensore del ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso e produce sent. in copia autentica RG.

2481/04 sent. 24547/08;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 10 luglio 1996 il Consorzio Acquedottistico “Valle Peligna-Alto Sangro” in persona del Direttore proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo del 22 maggio 1996 con il quale il Pretore di Sulmona gli aveva intimato il pagamento, in favore del prof. M.U., della somma di L. 32.311.300 oltre IVA e CNPAIA,interessi legali fino all’effettivo soddisfo e spese del procedimento monitorio.

Deduceva al riguardo l’opponente che nel ricorso-presentato dal M. a seguito della nota 12.3.1996 indirizzata al procuratore dello stesso e con la quale si portava a conoscenza che il Consiglio di Amministrazione del Consorzio, con Delib. 21 febbraio 1996, n. 14 aveva deciso di corrispondere a ciascun membro della Commissione giudicatrice di cui il ricorrente era stato nominato membro, la somma di L. 5.500.000 oltre il rimborso spese – il calcolo delle competenze, risultante dalla parcella professionale,prendeva le mosse dalla circolare della Cassa per il Mezzogiorno prot. (OMISSIS) del 14.11.1981, dichiarata di generale applicazione con parere dell’Ufficio legislativo dei Lavori Pubblici, e dalla vigente tariffa professionale degli ingegneri e architetti.

Il Consorzio,contestata l’applicabilità al caso di specie sia della citata circolare che della tariffa professionale,chiedeva che fosse dichiarata dovuta al M. la somma di L. 5.500.000 determinata con la citata deliberazione, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, e in subordine che il compenso fosse commisurato all’offerta economica del progetto prescelto di L. 12.939.361.000 e non già all’importo di 40,6 miliardi posto a base del calcolo della parcella vistata dall’Ordine degli Ingegneri di Roma.

Costituitosi, l’opposto chiedeva la conferma del decreto con vittoria di spese.

Con sentenza del 12.1.1999 il Pretore adito accoglieva l’opposizione e revocava il decreto opposto dichiarando dovuto al M. il compenso di L. 5.500.000 oltre rimborso spese ed interessi. Proposto gravame dal M., con sentenza del 22 aprile 2004 la Corte d’appello de L’Aquila rigettava l’impugnazione compensando tra le parti le maggiori spese del grado.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione M. U. sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso la SACA SPA subentrata al Consorzio Acquedottistico.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., nonchè insufficiente e omessa motivazione su di un punto decisivo della contesa.

Contesta il ricorrente la ritenuta dalla Corte territoriale analogia tra la presente fattispecie e quella esaminata dalle Sezioni Unite di questa suprema Corte nella sentenza n. 363 del 1992. Chiara, ad avviso del M., la diversità delle due situazioni messe a confronto: Commissione politica quella contemplata nella richiamata sentenza,alla quale avevano partecipato due avvocati per la redazione del piano di sviluppo economico della Calabria, composta dai rappresentanti dei gruppi consiliari regionali e da tecnici nominati dal Consiglio regionale, presieduta dal presidente della Giunta Regionale e quindi indiscutibilmente organismo pubblicistico per i compiti di programmazione e pianificazione dello sviluppo economico regionale; Commissione assolutamente tecnica quella di cui alla fattispecie in esame cui aveva partecipato l’attuale ricorrente ed alla quale era irriferibile qualsiasi natura pubblicistica.

Il bando di gara relativo a tale seconda Commissione faceva invero riferimento a:gestione degli impianti … di acqua potabile progettazione ed esecuzione degli interventi volti a migliorare l’efficienza e la funzionalità degli impianti esistenti;

progettazione ed esecuzione di nuove installazioni, opere ed attrezzature intese al riordino, rinnovo … estensione dell’esistente sistema acquedottistico, donde la necessità della figura del ricorrente, appunto, quale “docente esperto in costruzioni idrauliche”, con apporto, quindi, tecnico. Tal che non si comprendeva l’assunto della Corte territoriale secondo cui la retribuzione del tecnico,ritenuta essenziale per l’espletamento di quel particolare incarico, dovesse essere equiparata a quella di un qualunque altro membro non tecnico nè ritenuto tale; e tanto più inconferente era, nel caso in esame, il richiamo al “munus publicum”. La doglianza è infondata.

Opportunamente la Corte del merito ha richiamato, per la soluzione del caso sottoposto al suo esame, la sentenza delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (la n. 363 del 1992) che nel decidere una controversia simile a quella oggetto della presente causa ha affermato che i componenti della Commissione,nominati per la redazione del piano di sviluppo economico della Calabria,erano soggetti investiti di un incarico pubblico di partecipazione ad un organo collegiale dell’amministrazione, incarico liberamente accettato e costituente un munus publicum, ciò che consentiva di escludere nella specie un rapporto di parasubordinazione e di ritenere che, nel prestare la loro opera intellettuale quali componenti della Commissione, predetti avevano esplicato mansioni pubblicistiche tipiche della P.A., in una posizione identificabile in quella del funzionario onorario, ricorrente nello svolgimento di funzioni pubbliche mediante inserimento nell’apparato organizzativo della P.A. con l’attribuzione di compiti particolari e con le naturali conseguenze in punto di disciplina del compenso relativo, affidato alla valutazione discrezionale della P.A. medesima.

Ha specificato la Corte abruzzese come d’altronde la motivazione che sorreggeva la impugnata decisione di prime cure nella parte in cui sottolineava che il professionista M., nel richiedere il decreto ingiuntivo, aveva invocato l’operatività dell’incarico allegando la delibera di nomina, non era lontana dall’impostazione accolta dalle Sezioni Unite nella richiamata pronunzia. Con tale decisione, infatti, si era evidenziato che l’incarico era stato “liberamente accettato” dal professionista e – simmetricamente – il primo giudice, nella concreta fattispecie, aveva sottolineato che l’accettazione della nomina non poteva prescindere anche dall’accettazione della parte della delibera di nomina che rinviava ad una successiva deliberazione la determinazione del compenso.

Correttamente, pertanto, la Corte aquilana ha confermato la decisione di primo grado che, accogliendo l’opposizione del Consorzio, previa revoca dell’opposto decreto, aveva dichiarato dovuto al M. il compenso di L. 5.500.000,oltre rimborso spese ed interessi, come determinato con Delib. Consiglio Amministrazione Consorzio 21 febbraio 1996, n. 14. Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va quindi respinto con la condanna del ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della SACA spa Servizi Ambientali Centro Abruzzo, subentrata al Consorzio Acquedottistico Valle Peligna Alto Sangro, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 200,00, oltre ad Euro 1.000,00 per onorari, con gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010

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