Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 272 del 09/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 272 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 23273-2012 proposto da:
SERVINO ANGELO SRVNGL45E31A053N, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA
PALESTRINA 48, presso lo studio dell’avvocato ZOCCALI
MANUELA MARIA, che lo rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controticorrente –

Data pubblicazione: 09/01/2014

nonché contro
EQUITALIA SUD SPA, MINISTERO delle FINANZE;

– intimati sul ricorso 5500-2013 proposto da:

domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA
PALESTRINA 48, presso lo studio dell’avvocato ZOCCALI
MANUELA MARIA, che lo rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente nonché contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580;

– intimato avverso la sentenza n. 12/02/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE DI CATANZARO del 20/10/11,
depositata il 28/02//2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-2-

SERVINO ANGELO SRVNGL45E31A053N, elettivamente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il ricorso iscritto nel ruolo generale di questa Corte in data 30.10.12 con il
n. 23273/2012 – proposto nei confronti Ministero dell’Economia,

dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia Sud – il sig. Angelo Servino ha
chiesto la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale
di Catanzaro n.12/2/12 del 28.2.12 che aveva respinto il suo ricorso per
revocazione ex articolo 395 n. 3 cpc avverso la sentenza della stessa
Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro n. 111/01/05 del 7.10.05.
Quest’ultima sentenza a propria volta aveva respinto, in riforma della
sentenza di primo grado, il ricorso del contribuente avverso gli avvisi di
accertamento nn. RH 11005531 e RH 10001034 relativi, rispettivamente, agli
anni d’imposta 1989 e 1990.
Nella pendenza del suddetto giudizio di revocazione il contribuente ha altresì
proposto domanda di definizione ex art. 39, comma 12, d.l. 98/11 della lite
fiscale avente ad oggetto i menzionati avvisi di accertamento; l’Ufficio ha
respinto tale domanda di definizione con gli atti di “diniego della definizione
della lite pendente” nn. 92922/2000 e 29928/2012, entrambi datati 27.11.12, e
tali atti di diniego sono stati impugnati dal contribuente con il ricorso ex art.
16, comma 8, 1. 289/02 depositato presso questa Corte il 6.3.13 ed iscritto a
ruolo con il n. 5500/2013, proposto nei confronti Ministero dell’Economia e
dell’Agenzia delle entrate.
In entrambi i suddetti procedimenti si è costituita solo l’Agenzia delle entrate,
con controricorso.
Tanto il ricorso n. 23273/2012 quanto quello n. 5500/2013 sono stati discussi
– all’esito del deposito della relazione ex art. 380 bis cpc — nell’adunanza di
camera di consiglio del 23.10.13, in cui il Procuratore Generale ha concluso
come da verbale.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Riunione dei ricorsi nn. 23273/2012 e 5500/2013

Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-3-

Li

Preliminarmente si deve procedere alla riunione dei ricorsi proposti dal sig.
Servino ed iscritti a ruolo con i numeri 23273/2012 e 5500/2013, in quanto
l’eventuale accoglimento dell’impugnativa avverso i dinieghi di definizione di
lite pendente, introdotta con il ricorso n. 5500/2013, condurrebbe all’estinzione
del giudizio di cui al ricorso n. 23273/2012.

2. Inammissibilità del ricorso avverso il Ministero dell’ Economia

Ancora in via preliminare va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del
Ministero dell’ Economia, e la conseguente inammissibilità del ricorso
proposto nei suoi confronti, sia nel procedimento n. 23273/2012, non avendo
il Ministero partecipato al giudizio di merito definito con la sentenza gravata,
che nel procedimento n. 5500/2013, provenendo gli atti impugnati, di diniego
di definizione della lite, dall’Agenzia delle entrate e non dal Ministero del!’
Economia.

3. Esame del ricorso n. 5500/2013

Con il ricorso n. 5500/2013 il contribuente impugna i dinieghi di definizione
di lite pendente sopra menzionati sotto i seguenti quattro profili.
3.1 Sotto il primo profilo il contribuente deduce la inesistenza della notifica

degli avvisi di diniego di definizione, in quanto mancanti della relata,
dell’apposizione del numero di registro cronologico e della firma del messo
speciale della p.a.
La doglianza è infondata perché, a seguito della modifica dell’articolo 14 1.
890/82 recata dall’articolo 20 1. 146/98 “La notificazione degli avvisi e degli
altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente … …. può
eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari”. Pertanto,
come la Quinta Sezione di questa Corte ha già chiarito nella sentenza n.
9111/12, “In tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla
raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere
notificato l’avviso di liquidazione o di accertamento senza intermediazione
dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il
servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-4-

Per detta ragione, l’esame del ricorso n. 5500/2013 risulta preliminare.

le disposizioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, attengono
esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 cod.
proc. civ. Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina
postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione
specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato

ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di
conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., superabile solo se il medesimo dia
prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne
cognizione.”
La contraria affermazione della difesa del contribuente secondo cui

“la

notifica di tutti gli atti della Pubblica Amministrazione, che interessano la
sfera giuridica, economica e finanziaria del contribuente, se pur a mezzo del
servizio postale, deve essere effettuata nel rispetto della modalità di cui agli
articoli 3 e 14 della legge 890/82” (così si legge nella memoria difensiva nel
procedimento 5500/13, datata 7.10.13, alle pagine 6/7) non può essere
condivisa, perché ignora quanto stabilito nella sentenza di questa Corte n.
17598/10, di cui, per massima chiarezza, si trascrive uno stralcio di
motivazione: “La L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 20, modificando la L. 20
novembre 1982, n. 890, art. 14, ha aggiunto, per quanto qui interessa, la
previsione che la notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono
essere notificati al contribuente “può eseguirsi a mezzo della posta
direttamente dagli uffici finanziari”, fermo rimanendo, “ove ciò risulti
impossibile”, che la notifica può essere effettuata, come già previsto, a cura
degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati
dall’Amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla medesima
L. n. 890 del 1982. Resta poi salvo, fra l’altro, il ricorso alle modalità di
notifica previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, o dalle singole leggi
d’imposta. A decorrere, pertanto, dal 15 maggio 1998 (data di entrata in
vigore della citata L. n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la
facoltà di provvedere “direttamente” alla notifica degli atti al contribuente
mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cass. n. 15284 del 2008);
ciò significa che, così come è stabilito per la notifica degli atti processuali dal
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-5-

consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve

D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, il notificante è abilitato alla
notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma
restando, ovviamente, quella dell’ufficiale postale), e, quindi, a modalità di
notificazione semplificata, alle quali, pertanto, non si applicano le disposizioni
della L. n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo
posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i

messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale
“ordinario” (cfr., in materia di contenzioso tributario, Cass. nn. 17723 del
2006 e 1906 del 2008; in tema di tributi locali, Cass. n. 2690 del 2002). “.
3.2 Sotto il secondo profilo il contribuente deduce l’illegittimità degli avvisi

di diniego di definizione in quanto comunicati in data successiva allo scadere
del termine del 30.9.12 fissato dall’ultima parte della lettera “d” del comma 12
del decreto legge 98/11 per la comunicazione e notifica al contribuente del
diniego di definizione. La doglianza è infondata (e al rilievo di tale
infondatezza non osta, contrariamente a quanto si legge a pagina 13 della
suddetta memoria 7.10.13 del contribuente, il silenzio serbato sul punto nel
contro ricorso dell’Agenzia delle entrate, trattandosi di questione di diritto
rimessa dal ricorrente al vaglio di questo Giudice di legittimità) perché – con
riferimento al termine di cui all’articolo 16, comma 8, della legge 289/02 (del
tutto analogo al termine di cui all’articolo 39, comma 12, lettera “d” di cui qui
si discute) – la Quinta Sezione di questa Corte ha già chiarito, con la sentenza
n. 24910/08, che “In tema di condono fiscale, e con riferimento alla chiusura
delle liti fiscali pendenti prevista dall’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n.
289, il termine fissato all’ufficio dal comma 8 del medesimo art. 16 per la
notifica all’interessato, con le modalità di cui all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del
1973, del diniego di definizione della lite fiscale sospesa non può considerarsi
perentorio, perché il legislatore non considera la sua eventuale scadenza
idonea per ritenere la regolarità della domanda e, di conseguenza, l’avvenuta
produzione degli effetti sia sostanziali che processuali della stessa
sulla lite pendente.
3.3 Sotto il terzo profilo il contribuente deduce l’illegittimità degli avvisi di

diniego di definizione in quanto fondati sull’erroneo presupposto della
mancanza del requisito della pendenza della lite; requisito che, secondo il
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-6-

L\/’

contribuente, risulterebbe integrato dalla pendenza del giudizio di revocazione
straordinaria della sentenza di appello che aveva respinto il ricorso del
contribuente avverso gli impugnati avvisi di accertamento. La doglianza è
infondata perché la lite fiscale che il contribuente pretende di definire con il
condono di cui all’articolo 39 d.l. 98/11 (impugnativa degli avvisi di

dell’ 1.5.11 essendo la relativa pendenza cessata con il passaggio in giudicato
della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro n.
111/01/05 del 7.10.05.
In proposito va precisato che una lite non può considerarsi pendente quando
sulla sentenza che l’abbia definita si sia formato il giudicato, a nulla rilevando:
né l’astratta esperibilità del rimedio della revocazione straordinaria (si
veda, al riguardo, la sentenza di questa Corte n. 2750/12, con la quale
si è precisato che “In tema di condono fiscale, l’art. 39, comma 12, d. i.
6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, nel
consentire la definizione delle “liti fiscali di valore non superiore a
20.000 euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data
del l° maggio 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice
ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio”, ha
riguardo alle sole controversie eventualmente definite da decisione
ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle nelle
quali l’unico rimedio esperibile sia la revocazione.”; nello stesso
senso, con riferimento alla definizione delle liti fiscali pendenti prevista
dall’articolo 2 quinquies d.l. 564/94, Cass. 13080/06);
– né la mera proposizione della domanda di revocazione straordinaria
avverso la sentenza passata in giudicato che aveva definito la lite
fiscale, non seguita dalla pronuncia rescindente di revocazione. Come
infatti questa Corte ha avuto modo i precisare (tra le varie, ved Cass.
10978/94) nel giudizio di revocazione la fase rescindente ha per
oggetto l’accertamento del denunciato vizio della sentenza impugnata e
non l’esistenza o il contenuto del rapporto giuridico in ordine al quale la
sentenza stessa abbia giudicato, mentre solo l’eventuale fase rescissoria
viene a rinnovare il giudizio su tali punti Pertanto la pendenza della
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-7-

accertamento nn. RH 11005531 e RH 10001034) non era pendente alla data

lite fiscale definita con la sentenza di cui si chiede la revocazione non
si riapre con la mera proposizione della domanda di revocazione, bensì
con l’eventuale pronuncia della statuizione rescindente (a nulla
rilevando che, ove non risulti necessaria l’assunzione di nuove prove,
una stessa sentenza possa contenere insieme alla pronuncia rescindente

di tale pronuncia e la data del passaggio in giudicato della sentenza che
definisce il giudizio di revocazione. Fino a che una pronuncia
rescindente non sia stata emessa, per contro, non vi è alcuna
reviviscenza della pendenza della lite fiscale definita con la sentenza
passata in giudicato, ma solo la pendenza della fase rescindente del
giudizio di revocazione; sul punto si veda, a contrario,

Cass.

14189/00, che ha ritenuto passibile di definizione di lite fiscale
pendente ex art. 2 quinquies d.l. 564/94 una lite pendente in secondo
grado sull’appello di una sentenza che aveva pronunciato, con effetto
rescindente, la revocazione straordinaria di una sentenza passata in
giudicato ed aveva (ri)deciso, con effetto rescissorio, la controversia
fiscale definita dalla sentenza revocata; in motivazione la sentenza
14189/00 chiarisce (sottolineature nostre): “In effetti, la pronuncia
revocatoria (non, si noti, la proposizione di una domanda di
revocazione, n.d.r) cancella il giudicato e suscita una ‘pendenza” della
controversia che perdura fino al momento che la controversia non
viene nuovamente e definitivamente decisa, quindi ove la sentenza che
accoglie la domanda di revocazione, e decide la controversia, venga a
sua volta – come nel caso di specie – appellata, il giudice d’appello di
trova incontestabilmente di fronte ad una controversia ‘pendente”.”
3.4 Sotto il quarto profilo il contribuente deduce l’illegittimità degli avvisi di
diniego di definizione in quanto fondati sull’erroneo presupposto che il valore
della lite (e quindi l’importo da versare per la relativa definizione) sarebbe
superiore a quello indicato nell’istanza di definizione proposta dal
contribuente; quest’ultimo

valore, secondo il ricorrente, sarebbe stato

estrapolato dagli avvisi di accertamento nn. RH 11005531 e RH 10001034 e,
comunque, un eventuale errore dovrebbe giudicarsi scusabile per la tarda età
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
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anche quella rescissoria) e perdura per il tempo intercorrente tra la data

del contribuente medesimo. La doglianza è priva di rilevanza, in quanto gli
impugnati avvisi di diniego di definizione sono fondati sia sull’argomento del
difetto del requisito della pendenza della lite, sia sull’ argomento dell’erroneità
del valore della lite indicato nell’istanza di definizione proposta dal
contribuente; il primo dei due argomenti è giuridicamente esatto, come sopra

di definizione; da ciò l’irrilevanza della doglianza avanzata dal contribuente in
ordine al secondo di detti argomenti.
In definitiva, nessuna delle doglianze avanzate dal contribuente avverso gli
impugnati avvisi di diniego di definizione può trovare accoglimento; al
contrario, deve condividersi la valutazione dell’Agenzia delle entrate che
l’istanza di definizione di lite fiscale avanzata dal contribuente ai sensi
dell’articolo 39, comma 12, d.l. 98/11 non può trovare accoglimento per
mancanza del requisito di pendenza della lite, non essendo tale requisito
integrato dalla mera proposizione della domanda di revocazione straordinaria
(non seguita da alcuna conseguente pronuncia giudiziale, rescindente, di
revocazione) della sentenza passata in giudicato della Commissione Tributaria
Regionale di Catanzaro n. 111/01/05 del 7.10.05, che aveva definito la lite
fiscale avente ad oggetto l’impugnativa degli avvisi di accertamento nn. RH
11005531 e RH 10001034.
3.5 Tutte le doglianze mosse dal contribuente nei confronti degli impugnati
provvedimenti di diniego di definizione di lite pendente si palesano dunque
infondati. Il ricorso n. 5500/13 va pertanto rigettato e conseguentemente,
dovendo escludersi l’estinzione del giudizio di revocazione, si deve passare
all’esame del ricorso n. 23273/2012.

4. Esame del ricorso n. 23273/2012
Il ricorso n. 23273/2012 si fonda su tre motivi, tutti denuncianti il vizio di
violazione di legge ex art. 360 n. 3 cpc con riferimento, rispettivamente,
all’articolo 17 D.Lgs. 546/92, agli articoli 31 e 33 D.Lgs. 546/92 e
all’articolo 37, secondo comma, D.Lgs. 546/92.
Detti motivi appaiono tutti inammissibili, perché non sono dedotti mediante la
specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-9-

illustrato nel punto 3.3 ed è autonomamente sufficiente a sorreggere il diniego

gravata che si assumono in contrasto con le norme che si pretendono violate
(Cass. 21659/05, 5076/07, 14832/07, 3010/12, 16038/13 e altre).
Va peraltro aggiunto che nella motivazione della sentenza della Commissione
Tributaria Regionale non si rinviene alcuna affermazione in diritto relativa al
luogo in cui devono effettuarsi le comunicazioni e notificazioni nel processo
tributario e, in generale, relativa alla portata dispositiva dell’ articolo 17

D.Lgs. 546/92; né si rinviene alcuna affermazione in diritto relativa all’avviso
di trattazione alle parti ed al potere di queste ultime di depositare documenti e
memorie e, in generale, relativa alla portata dispositiva degli articoli 31 e 33
D.Lgs. 546/92; né, infine, si rinviene alcuna affermazione in diritto relativa
alla comunicazione della sentenza alle parti costituite e, in generale, relativa
alla portata dispositiva del!’ articolo 37, secondo comma, D.Lgs. 546/92;
cosicché le censure proposte dal ricorrente – oltre che irritualmente formulate
– risultano altresì estranee alla ratio decidendi della sentenza gravata, in
quanto quest’ultima non ha affrontato alcuna questione di diritto relativa alle
norme che il ricorrente assume violate, ma ha ritenuto la domanda di
revocazione inammissibile, da un lato, per difetto del requisito di decisività
dei documenti su cui la stessa si fondava e, d’altro lato, per difetto del requisito
dì forma dell’atto introduttivo del giudizio di revocazione ex art. 395 n. 3 cpc
prescritto dall’ultima parte del secondo comma dell’articolo 398 cpc
(indicazione del giorno della scoperta dei documenti su cui si fonda la
domanda di revocazione straordinaria).
Va infine giudicato non conferente il richiamo della difesa del contribuente
(vedi pag. 9 della memoria 7.10.13 nel procedimento n. 23273/12)
all’ordinanza di questa Corte n. 11487/13, giacché tale ordinanza ha rilevata la
nullità di una sentenza di secondo grado derivante dall’error in procedendo
consistente nell’omessa comunicazione della data dell’udienza di trattazione
alla parte privata. Nella sentenza gravata in questo giudizio, per contro, si
ascrive alla Commissione Tributaria Regionale non un error in procedendo,
ma un errore di giudizio nella valutazione della decisività dei documenti
(concernenti la comunicazione al contribuente degli atti del giudizio definito
con la sentenza di cui si chiedeva la revocazione) su cui si fondava la
domanda di revocazione.
Ric. 2012 n. 23273 sez. MT – ud. 23-10-2013
-10-

e’

In conclusione si devono rigettare entrambi i ricorsi riuniti nn. 23273/2012 e
5500/2013.
La regolazione delle spese con l’unico intimato costituito, l’Agenzia delle
entrate, segue la soccombenza.

La Corte, pronunciandosi sui ricorsi riuniti nn. 23273/2012 e 5500/2013, li
dichiara inammissibili nei confronti del Ministero dell’Economia e li rigetta
nei confronti delle altre parti intimate.
Condanna il ricorrente a rifondere all’ Agenzia delle entrate le spese del
giudizio di cassazione in entrambi i procedimenti riuniti, liquidandole
complessivamente in € 5.800 per onorari, oltret10222\
– esborsi. itzt4 t, a cir2Airo

Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013.

P.Q.M.

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