Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27199 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. II, 27/11/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 27/11/2020), n.27199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25943/2019 proposto da:

N.M., rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA LUCIA

FRISENDA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 29/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

N.M. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Milano avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano sez. Monza, che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè era omosessuale e, benchè padre di una figlia, frequentava segretamente associazione di omosessuali per la qual ragione era ricercato dalla Polizia, essendo l’omosessualità reato in (OMISSIS).

Il Tribunale lombardo ebbe a rigettare il ricorso ritenendo che la vicenda personale narrata dal ricorrente non era credibile quanto alla ragione della persecuzione posta alla base del suo espatrio; che non concorreva in Camerun situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa; che non concorrevano ragioni attuali di vulnerabilità od elementi lumeggianti integrazione nella società italiana ai fini della protezione umanitaria.

Il N. ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale ambrosiano articolato su unico motivo.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da N.M. appare inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 1755/17.

Con l’unico mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme ex art. 10 Cost., ed omesso esame di fatto decisivo individuato nel grado d’integrazione da lui raggiunto in Italia.

Osserva il ricorrente come il Collegio ambrosiano non ebbe a tener conto dei dati afferenti il suo percorso d’integrazione in Italia e della sua condizione di vulnerabilità sulla mera scorta dell’inattendibilità del suo narrato ed a non effettuare correttamente la prescritta comparazione ai fini del riconoscimento dalla protezione umanitaria.

L’argomentazione critica avanzata s’appalesa generica ed astratta, poichè fondata su affermazioni apodittiche senza, in effetti, un confronto con la motivazione illustrata nel decreto impugnato dal Collegio milanese.

Difatti il Tribunale ha posto in evidenza come il ricorrente non aveva documentato alcuna attività formativa e lavorativa in Italia; come in Patria poteva ancora contare sulla madre dedita ad attività commerciale, figlia e sorella e come la condizione di vulnerabilità evidenziata fosse fondata sul suo narrato ritenuto motivatamente non attendibile.

Dunque la mera contestazione del decisum, assunto dal Tribunale senza una puntuale critica alle argomentazioni, anche di fatto, portate a sostegno dai Giudici del merito, configura un mezzo d’impugnazione generico eppertanto inammissibile.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione resistente, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione verso l’Amministrazione costituita le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

 

 

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