Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27198 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 16/12/2011), n.27198

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27342-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

POLICART DI BOCCACCIO & C. SNC in persona del legale

rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO

180, presso lo studio dell’avvocato FIORILLI PAOLO, rappresentato e

difeso dagli avvocati MICCINESI MARCO, PISTOLESI FRANCESCO, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/2006 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 05/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato GOLINO, delega Avvocato PISTOLESI,

che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti avvisi di accertamento, l’Agenzia delle Entrate di Lucca, basandosi su di due pvc della Guardia di Finanza, ha contestato alla S.n.c Policart di Boccaccio & C, per gli anni 1996 e 1997, l’indeducibilità di costi relativi ad operazioni inesistenti e l’indetraibilità della relativa imposta sul valore aggiunto. Il ricorso della Società contribuente è stato accolto dalla CTP di Lucca, con decisione confermata dalla CTR della Toscana, che, con sentenza n. 37/31/06, depositata il 5.9.2006, ha rilevato che i pvc si basavano su dichiarazioni del vettore, che non erano riscontrate e sulla cui genuinità sussistevano fondati dubbi, che le merci risultavano pagate, mentre l’assenza di registrazione delle fatture di vendita e di trasporto, a carico del venditore, non potevano ritorcersi a danno della contribuente che aveva invano invitato l’Ufficio a verificare la contabilità di magazzino.

Per la cassazione della sentenza, ricorre l’Agenzia delle Entrate, sulla scorta di tre motivi. L’intimata resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, deducendo violazione dell’art. 132 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente fa rilevare che la sentenza difetta totalmente della concisa esposizione dello svolgimento del processo, delle richieste delle parti e della succinta esposizione dei motivi di fatto, carenza che non consente di verificare quali fatti siano stati vagliati o trascurati dal giudice d’appello, rendendo impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e nulla la sentenza.

Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 22845 del 2010; n. 6683 del 2009), la mancanza della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto della decisione, richiesta dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, integra un motivo di nullità della sentenza quando tale omissione impedisca totalmente – non risultando richiamati in alcun modo i tratti essenziali della lite, neppure nella parte formalmente dedicata alla motivazione – di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, e ciò in quanto tale requisito va apprezzato in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, e tenuto conto che, per il principio della strumentalità della forma, la nullità non può essere mai dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo (art. 156 c.p.c., comma 3). Nella specie, l’impugnata sentenza, pur non contenendo lo svolgimento del processo nè l’esposizione dei motivi in fatto, consente di comprendere i dati salienti del dibattito processuale e le circostanze di fatto valutate dai giudici d’appello nel rigettare l’impugnazione dell’Ufficio.

Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente afferma che la CTR si è limitata a delibare le contestazioni mosse dall’Ufficio alla detrazione invocata dalla contribuente, omettendo di richiedere alla stessa la dimostrazione dell’esistenza del costo sopportato in detrazione. Così operando, prosegue la ricorrente, i giudici d’appello hanno addossato al Fisco l’onere di provare l’inesistenza dell’operazione, quando, invece, l’oggetto della prova riguardava il diritto alla detrazione fiscale, e doveva esser data dalla contribuente – che aveva chiesto di avvalersene – mediante idonea documentazione giustificativa. Il motivo è fondato. Questa Corte ha, condivisibilmente, affermato che quando l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente, tenuto a contrastare concretamente la pretesa dell’Ufficio mediante l’esibizione dei documenti contabili legittimanti (Cass. n. 1727 del 2007, n. 16896 del 2007). Ne consegue che quando costui non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione, questa deve ritenersi indebita, e legittimamente l’Ufficio provvede a recuperare a tassazione l’imposta irritualmente detratta (Cass. n. 7144 del 2007). Detta prova, inoltre, non può esser costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento, che normalmente vengono utilizzati fittiziamente e che, pertanto, rappresentano un mero elemento indiziario, la cui presenza o assenza deve essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali (Cass. n. 15228 del 2001; Cass. 5/11/2001, n. 13662, n. 11203 del 2007). Le peculiarità del meccanismo dell’IVA esclude, poi, che possa essere irrilevante, ai fini del conseguimento del diritto alla detrazione l’assenza di registrazione delle fatture di vendita da parte della cedente, imponendosi, in tal caso, che sia approfondita la ricorrenza dell’ulteriore requisito della detraibilità, costituito dejl1 “inerenza all’impresa” dell’operazione fatturata; requisito, che, al pari degli altri, è onere del contribuente comprovare (cfr. Cass. 13205/03, 11109/03, 15228/01). Da tali principi discende che la sentenza impugnata è incorsa nel denunziato “error in iudicando” avendo posto a carico dell’Ufficio un onere probatorio che, giuridicamente, è a carico della contribuente.

In conseguenza, resta assorbito il terzo motivo, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., per avere la CTR ritenuto illegittimi gli accertamenti impugnati per carenza di prova, omettendo di prendere in considerazione tutte le argomentazioni ed i documenti della fase istruttoria, ed in ispecie la dichiarazione del vettore di non aver effettuato il trasporto, la mancata fatturazione del cedente della vendita, le modalità di pagamento della merce, avvenuta con monetizzazione degli assegni in conto pagamento lo stesso giorno della loro emissione direttamente all’istituto emittente.

La sentenza va, in conclusione, cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR della Toscana, che provvedere, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, assorbito il terzo, cassa e rinvia alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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