Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27195 del 23/10/2019

Cassazione civile sez. I, 23/10/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 23/10/2019), n.27195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12912/2014 proposto da:

Immobiliare Quadrifoglio s.r.l., in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via Barnaba Tortolini n.

13, presso lo studio dell’avvocato Verino Mario Ettore che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Zambelli Franco, con

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Snam Rete Gas s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Cassiodoro n. 19, presso lo

studio dell’avvocato Napoli Francesco, che la rappresenta e difende,

con procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Concessioni Autostradali Venete – C.A.V. s.p.a., in persona del

legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Monte Zebio n. 30, presso lo studio dell’avvocato Biagini Alfredo,

che la rappresenta e difende, con procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

Anas s.p.a., succeduta al Commissario Delegato per l’Emergenza Socio

economico Ambientale della viabilità di Mestre, in persona del

legale rappresentante p.t.; Presidenza del Consiglio dei Ministri,

in persona del Ministro p.t.; elett.te domiciliati in Roma, alla Via

dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

contro

Passante di Mestre s.c.p.a., in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via Filippo Civinini n.

111, presso lo studio dell’avvocato Di Napoli Alessandro, che la

rappresenta e difende, con procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

C.I.P.E. – Comitato interministeriale per la programmazione economica

– in persona del legale rappres. p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3008/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 17/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/06/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Immobiliare Quadrifoglio s.r.l. propose innanzi alla Corte d’appello di Venezia opposizione alla stima dell’indennità definitiva stabilita dalla Commissione provinciale di Treviso, a titolo d’asservimento ed occupazione dei terreni di sua proprietà, in ordine ai lavori eseguiti per il superamento delle interferenze tra il passante di Mestre, da un lato, e le tubazioni convoglianti gli idrocarburi e le apparecchiature varie, dall’altro, chiedendo la determinazione dell’indennità d’asservimento e di quella d’occupazione dei terreni, con condanna della Snam RG s.p.a., del Commissario delegato per l’emergenza socio-economica-ambientale della viabilità di Mestre e del CIPE, al pagamento della somma di Euro 4.380.569,00.

Si costituirono i convenuti.

Con sentenza del 17.12.13, la Corte d’appello determinò le due indennità nelle rispettive somme di Euro 22.916,25 e 4077,50, ordinandone il deposito all’Anas, subentrata al Commissario delegato. Al riguardo, la Corte territoriale osservò che: l’opera pubblica in questione insisteva su un’area edificabile, come da certificazione urbanistica del Comune di Casale sul Sile; a seguito dell’approvazione della Variante al PRG del 31.1.08, l’immobile occupato aveva acquisito una capacità edificatoria superiore a quella indicata nel suddetto certificato poichè il novellato art. 22 delle NTA del PRG consentiva, in aggiunta agli usi ricettivi originali, la possibilità di realizzare insediamenti artigianali, industriali e commerciali, nonchè attività di ricerca scientifica e altro, con aumento dell’indice di edificabilità fino a 2,5 mc/mq; la valutazione del c.t.u. non era condivisibile in quanto non fondata su dati oggettivi, contrastando, in particolare, con il dato per cui l’attrice aveva acquistato i terreni in questione poco prima dell’asservimento, il 13.6.05, al prezzo di circa Euro 13,00 al mq (prezzo corrisposto, dunque, dopo le variazioni al PRG e in pendenza dell’approvazione di ulteriore variante, poi intervenuta il 31.1.06), quando ormai i beni avevano già scontato gli effetti positivi e negativi delle varie modifiche del PRG.; alla luce dell’ultima variante del 2006 il giusto prezzo di mercato era da stimare in Euro 20,00 al mq alla data dell’evento ablatorio per le aree libere e in Euro 10,00 al mq per le aree ricomprese in fascia di rispetto stradale, considerata la limitazione di godimento rappresentata da una preesistente servitù di passaggio aerea di linea di alta tensione intersecante i luoghi proprio in corrispondenza dei terreni per cui è causa; la determinazione del valore venale del terreno ricadente all’interno delle fasce di rispetto stradale era la stessa di quella per le aree agricole; non era corretta l’opinione del c.t.u. di applicare la percentuale del 50% all’indennità d’esproprio in ordine all’asservimento per le zone situate fuori della fascia di rispetto stradale, e la percentuale del 25% per quelle interne; la presenza della servitù di metanodotto non impediva il pieno sfruttamento edificatorio dell’area asservita, richiedendo una semplice traslazione della volumetria al di fuori della striscia oggetto della servitù; era ingiustificata la percentuale del 25% fissata per i terreni all’interno della fascia di rispetto stradale, considerato che la servitù in questione non incideva sugli stessi, non implicando lo spostamento della volumetria, peraltro già imposto dal precedente vincolo conformativo, non indennizzabile di fascia di rispetto stradale; pertanto, la percentuale applicabile all’indennità d’esproprio per l’asservimento, per le zone fuori della fascia di rispetto stradale, era quella del 25%, mentre quella del 12,5% riguardava quelle interne. Ricorre in cassazione la Quadrifoglio s.r.l. formulando sette motivi, illustrati con memoria tardivamente depositata.

Resistono con controricorso: Passante di Mestre s.c.p.a.; Anas s.p.a.; Snam Rete Gas s.p.a.; Concessioni Autostradali Venete s.p.a..

Snam RG s.p.a. ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 44, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, in quanto la Corte d’appello non ha recepito le conclusioni del c.t.u. in ordine al valore venale dei terreni asserviti, sia perchè il prezzo della cessione degli stessi terreni fu corrisposto nel 2003 – come desumibile dalla procura speciale allegata al contratto di cessione – e non nel 2005, sia perchè la stima era stata effettuata senza tener conto delle caratteristiche degli immobili, non esaminando i vari contratti di compravendita allegati.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 42 Cost., dell’art. 1 protocollo Addizionale alla CEDU, dell’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, nonchè degli artt. 6 del Trattato istitutivo UE, artt. 11 e 117, Cost., poichè il valore venale stimato non rispondeva ai criteri dettati dalla suddetta normativa circa il giusto corrispettivo della perdita o limitazione della proprietà.

Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dei suddetti artt. 32 e 44 (v. sub motivo 1), nonchè omesso esame di un fatto decisivo, in quanto la Corte d’appello avrebbe erroneamente calcolato, ai fini della stima dell’indennità d’esproprio, la fascia di rispetto stradale in ordine al cd. Passante di Mestre – realizzato dopo l’asservimento dei terreni-, trattandosi di vincolo finalizzato all’esproprio.

Con il quarto motivo è denunziata di nuovo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 33 e 44, con riguardo alle modalità di calcolo dell’indennità dell’esproprio parziale di un bene unitario, non avendo la Corte d’appello considerato che alla data del decreto d’asservimento non sussisteva la fascia di rispetto stradale, ed avendo essa escluso il ristoro per le limitazioni di godimento delle parti residue dell’unitario terreno asservito, discostandosi immotivatamente dalle valutazioni espresse dal c.t.u. il quale, invece aveva rilevato che il vincolo imposto precludeva l’edificazione sul residuo terreno – compreso tra la fascia asservita e quella di rispetto stradale – ed evidenziato altri profili suscettibili di ristoro (la presenza di opere inamovibili e il libero accesso sul fondo da parte del personale dell’impresa). Pertanto, la ricorrente lamenta anche l’omesso esame di tale fatto decisivo, discusso tra le parti.

Con il quinto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 40 e 44, nonchè omesso esame di fatto decisivo, in quanto la ricorrente si duole che, pur intendendo ritenere che una porzione dell’area asservita rientri nella fascia di rispetto stradale, la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare le varie possibilità legali ed effettive di edificazione all’interno delle stesse fasce di rispetto stradale, oltre che il computo di quest’ultime ai fini dell’edificabilità delle aree finitime.

Con il sesto motivo – di nuovo indicato come quinto – è denunziata violazione e falsa applicazione del suddetto art. 44, poichè la Corte d’appello ha erroneamente applicato all’indennità d’esproprio le due percentuali (50% e 25%) senza considerare le varie limitazioni connesse all’imposizione della servitù di elettrodotto, poichè la fascia di rispetto stradale, pur a voler ritenere che imponga il trasferimento della volumetria, limita ma non esclude le possibilità di sfruttamento edificatorio del fondo.

Con il settimo motivo – indicato come sesto – è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per essere la sentenza nulla per omessa pronuncia sulla domanda relativa alla determinazione dell’indennità d’occupazione per la rimozione del vecchio metanodotto.

Con l’ottavo motivo – indicato come settimo – è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in ordine alla compensazione delle spese del giudizio, atteso che la Corte territoriale ha comunque riconosciuto l’erroneità della valutazione amministrativa.

Anzitutto, va affermato che la C.A.V. s.p.a. non è da ritenere legittimata passiva, come eccepito nel controricorso, in quanto il capo della sentenza della Corte d’appello (pag. 13) che l’ha esclusa non è stata impugnato, con il conseguente passaggio in giudicato. Può dunque ritenersi che la notificazione del ricorso alla stessa C.A.V. e al Passante di Mestre s.c.p.a. – parimenti dichiarata carente di legittimazione passiva con pronuncia non impugnata – abbia costituito una mera litis denuntiatio, posto che il ricorso non ha investito i capi della sentenza impugnata relativi alle due suddette società, ciò in conformità del principio per cui: “in un giudizio svoltosi con pluralità di parti in causa scindibile, la proposizione del ricorso per cassazione nei confronti di talune soltanto delle parti processuali determina il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti delle altre parti del giudizio di merito non destinatarie dell’impugnazione, a nulla rilevando che il ricorso sia notificato anche a queste ultime, atteso che la notificazione prevista dall’art. 332 c.p.c., non contiene una vocatio in ius, ma ha valore di semplice litis denuntiatio, volta a far conoscere ai destinatari l’esistenza di una impugnazione, al fine di consentire loro di proporre impugnazione in via incidentale nello stesso processo, qualora essa non sia esclusa o preclusa” (Cass., n. 10171/18; n. 9002/07).

Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

Esso è inammissibile sia perchè la questione del pagamento anticipato del prezzo non risulta stata introdotta nel giudizio innanzi alla Corte d’appello, e con quale atto difensivo, sia perchè esso tende al riesame dei fatti in ordine alla stima del valore del terreno asservito, per la quale il giudice del primo grado non avrebbe tenuto conto di altri contratti di compravendita di beni similari.

Il motivo è comunque infondato. Invero, la valutazione dell’immobile va ricondotta al dicembre del 2006, allorchè fu emesso il provvedimento d’asservimento, mentre la ricorrente lamenta invece che il Tribunale abbia tenuto conto del prezzo da essa pagato per l’acquisto dell’immobile, il cui atto era stato stipulato nel 2005, ma il cui effettivo valore risaliva al 2003, allorchè il relativo prezzo fu corrisposto e tanto si desumerebbe dalla procura speciale allegata al contratto di compravendita. L’assunto non solo involge indagini di fatto riferite al contenuto di detta procura, ma è pure generico rispetto al contenuto della procura stessa e non spiega chi sarebbero i mandanti ai quali – e non ai venditori – il prezzo sarebbe già stato corrisposto.

Il secondo motivo, sotto le mentite spoglie della violazione di legge, è inammissibile poichè diretto al riesame dei fatti, in ordine alla determinazione dell’indennità d’asservimento, lamentando genericamente l’asserita irragionevolezza di tale stima: infatti, la determinazione del valore del bene costituisce un accertamento di fatto e la violazione degli invocati criteri di legge presuppone l’errore in detta determinazione.

Il terzo, quinto e sesto motivo – esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi – sono infondati. Al riguardo, va osservato che la circostanza che il Passante di Mestre non fosse stato realizzato alla data del provvedimento d’asservimento è irrilevante; infatti, quello che rileva è il vincolo d’inedificabilità, che ha carattere conformativo e fu introdotto nel 2004 (come si evince dalla sentenza) sulle aree a rispetto stradale.

Invero, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, il vincolo di inedificabilità ricadente sulle aree situate in fascia di rispetto stradale o autostradale non deriva dalla pianificazione e dalla programmazione urbanistica, ma è sancito nell’interesse pubblico da apposite leggi che rendono il suolo ad esso soggetto legalmente inedificabile, trattandosi di vincolo dettato per favorire la circolazione e offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o passano nelle immediate vicinanze, o in queste abitano ed operano, sicchè tale vincolo non ha nè un contenuto propriamente espropriativo, nè può qualificarsi come preordinato all’espropriazione; dunque di esso deve tenersi conto nella determinazione dell’indennità di esproprio, senza che rilevi, al fine di escludere l’inedificabilità dell’area vincolata, la circostanza che la stessa sarebbe comunque computabile nella determinazione della volumetria o della superficie edificabile sul restante suolo espropriato, poichè ciò non rende l’area in questione suscettibile di edificazione, restando pur sempre operante il divieto di costruire su di essa (Cass., n. 5875/12; v. anche Cass., n. 18544/06 in ordine all’irrilevanza del trasferimento della volumetria su diversi immobili).

La possibilità di utilizzazioni intermedie è stata, invece, implicitamente esclusa anche per effetto della preesistente servitù di elettrodotto.

Per quanto esposto, al fine di respingere i motivi in esame, è dunque sufficiente rilevare che la relativa opera fosse oggetto di programmazione urbanistica, in conformità della citata giurisprudenza.

Il quarto motivo è inammissibile poichè teso al riesame dei fatti inerenti all’accertamento delle limitazioni di godimento delle aree residue del terreno, questione su cui la Corte d’appello ha diffusamente argomentato (pagg. 23 ss.). In particolare, la critica muove da un accertamento di fatto diverso da quello affermato in sentenza, che ha escluso in concreto, con diffusa motivazione, il nocumento della porzione residua.

Al riguardo, vengono in rilievo i principi sanciti dalla giurisprudenza di questa Corte a tenore della quale, in tema di espropriazione parziale, l’istituto di cui all’art. 40 della Legge Fondamentale sulle espropriazioni oggi recepito dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33 – riguardante l'”Espropriazione parziale di un bene unitario”- è invocabile tutte le volte in cui la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione legale ed economica, ed inoltre implichi per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto all’area espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa (Cass. n. 17679/2010; n. 2812/2006; n. 17112/2004).

Per quanto suesposto, nel caso concreto, il motivo è diretto al riesame dei fatti concernenti il nocumento della porzione residua dell’immobile, allegando un nuovo accertamento di merito.

Il settimo motivo, che deduce la nullità per omesso esame della domanda di indennità per lo smaltimento del vecchio metadonotto, è inammissibile per la seguente ragione più liquida: il ricorrente non indica in forza di quale titolo (decreto di occupazione) che costituisce la fonte del credito indennitario, sarebbero state acquisite porzioni del suo fondo diverse da quelle considerate dalla Corte territoriale nella quantificazione dell’indennità di occupazione.

L’ottavo motivo è infondato. Invero, la Corte territoriale ha pronunciato sull’indennità d’occupazione per la rimozione della condotta del gas, sebbene con motivazione sintetica, senza espressamente recepire le conclusioni del c.t.u.. Tuttavia, la doglianza non coglie neppure la ratio della decisione, che comunque sussiste e non è stata omessa.

L’ottavo motivo è infondato, poichè la Corte d’appello ha compensato le spese alla luce del fatto che la domanda è stata accolta per somme molto inferiori al petitum, ciò in conformità del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c., dalla L. n. 69 del 2009, in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poichè tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (Cass., n. 1572/18; n. 26918/18). Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate a favore di Snam e Anas s.p.a., mentre nulla va liquidato a favore delle altre due società controricorrenti (C.A.V. e Passante di Mestre) in quanto non soggetti del rapporto processuale, per quanto suesposto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della Snam Rete Gas s.p.a. e dell’Anas s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 11.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2019

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