Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27195 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 16/12/2011), n.27195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19641/2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

TRANCERIE EMILIANE SPA;

– intimato –

sul ricorso 25143/2005 proposto da:

TRANCERIE EMILIANE SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIUSEPPE MAZZINI

N.55, presso lo studio dell’avvocato MASTROSANTI ROBERTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BERTORA ALBERTO, giusta delega a

margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 317/2002 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

PARMA, depositata il 28/02/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato BERTORA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di un pvc della Guardia di Finanza, l’Ufficio Iva di Parma ha notificato alla S.p.A. Trancerie Emiliane un avviso di rettifica ai fini IVA relativo all’anno 1996, contestando l’omessa fatturazione di operazioni imponibili, relative a vendita di alluminio, e l’irregolare presentazione della dichiarazione annuale. Il ricorso della contribuente è stato accolto dalla CTP di Parma, con decisione confermata dalla CTR dell’Emilia, che, con sentenza n. 317/35/02, depositata il 28.2.2003, ha affermato che lo scostamento esistente tra la quantità d’alluminio rinvenuta e quella provvisoriamente contabilizzata non costituiva prova sufficiente dell’assunto dell’Ufficio, in assenza di verifica del consumo di alluminio nelle varie fasi di produzione aziendale.

Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate. L’intimata ha depositato controricorso, con ricorso incidentale, che illustra con memoria. La causa, già trattata all’udienza del 25.1.2010 è stata rinviata a nuovo ruolo, con ordinanza del 21.6.2010, in pendenza del termine previsto dalla L. n. 73 del 2010, art. 3, comma 2 bis.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va, preliminarmente, rilevata l’infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso per cassazione, notificato il 14.7.2005, in quanto la sentenza impugnata – non notificata – è stata depositata il 28.2.2003, e dal 1 gennaio 2003 fino al 1 giugno 2004, i termini per l’impugnazione sono rimasti sospesi in virtù del disposto della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6. La lettera di tale disposizione (“sono, altresì, sospesi salvo…”) depone in modo inequivoco nel senso della sospensione -salva la proposizione di specifica istanza di trattazione da parte del contribuente (Cass. n. 4515/2009) – dei termini d’impugnazione anche, per l’Amministrazione, e, pure, relativamente alle controversie in materia di IVA (cfr. Cass. SU n. 3676 dei 2010). Va, invece, rilevata, ex officio, l’inammissibilità del ricorso, con compensazione delle spese, proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al pregresso grado di giudizio (cfr. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007).

2. Col proposto ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 53 e 54, art. 112 c.p.c.; artt. 2727 e 2728 c.c., nonchè vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’Agenzia delle Entrate afferma che, nel ritenere l’incongruenza contabile un semplice indizio, di per sè non univoco, la CTR ha indebitamente mutato la natura dell’atto impositivo e, pure, erroneamente invertito l’onere della prova, che ricade sul contribuente.

3. La controricorrente deduce l’inammissibilità del ricorso perchè volto ad ottenere il riesame del merito della controversia e per difetto di autosufficienza. Entrambi i profili sono infondati: la ricorrente non invoca, affatto, un nuovo apprezzamento del materiale probatorio operato dal giudice del merito, ma denuncia il difetto di sussunzione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, che pone la presunzione “iuris tantum”, salva la prova contraria a carico del contribuente, della cessione dei beni non rinvenuti nei luoghi in cui il contribuente stesso esercita la sua attività. Il ricorso rispetta i requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4, essendo in esso esposti i fatti che hanno ingenerato la lite, le vicende processuali, gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, pure, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere ad elementi o atti concernenti il pregresso giudizio di merito.

4. Il ricorso è fondato. La C.T.R. non ha, infatti, considerato che l’incongruenza tra quantità di merce (alluminio) contabilizzata in carico e quella rinvenuta in sede di verifica era stata rilevata a seguito di un accertamento, fondato sia sull’analisi delle schede di magazzino e delle annotazioni in esse contenute sia a seguito della materiale verifica dell’effettiva giacenza dell’alluminio in pani; il risultato di tale procedimento ha fatto legittimamente presumere che la merce non rinvenuta nei locali aziendali era stata venduta senza l’osservanza dell’obbligo di fatturazione delle operazioni. In tal caso, infatti, secondo l’orientamento di questa Corte al quale si intende dare continuità (Cass. n. 10947 del 2002; n. 3226 del 2007), non trova applicazione l’ultimo inciso del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, che legittima il ricorso al metodo induttivo anche sulla base di presunzioni semplici, purchè “siano gravi, precise e concordanti”, bensì il medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, comma 1, alla cui stregua la cessione dei beni non rinvenuti nei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività è presunta per disposto di legge, salvo che il contribuente, cui incombe la prova contraria, fornisca spiegazioni in merito all’assenza, in sede di verifica, del materiale che pacificamente risultava in carico all’azienda e che, quindi, avrebbe dovuto essere rinvenuto nei relativi locali. La CTR non si è attenuta a tale principio, in quanto ha ritenuto che l’Ufficio non aveva fornito la prova relativa alla vendita dell’alluminio non rinvenuto, laddove incombeva alla contribuente di provare che la quantità non reperita era stata utilizzata, tutta, nella produzione, ed, inoltre, ha ritenuto fondata tale opzione in base ad una mera petizione di principio (poichè sistematicamente usato nel processo produttivo, “non vi è motivo di dubitare che l’alluminio acquistato in pani venisse tutto utilizzato”), senza alcuna valutazione critica delle risultanze di fatto. Nè può giovare alla tesi della contribuente la circostanza che l’annotazione dei movimenti relativi all’alluminio, nelle scritture ausiliarie di magazzino, era facoltativa, in quanto tale deduzione, priva, in sè, di autosufficienza – poichè riferita alla “scarsissima incidenza sul totale dei materiali acquistati” dell’acciaio, dedotta nella memoria depositata presso la CTP di Parma, non riprodotta -, è, comunque, inidonea a mutare i termini della questione, tenuto conto del principio secondo cui il rinvenimento presso la sede dell’impresa di documentazione non obbligatoria, astrattamente idonea ad evidenziare l’esistenza di operazioni non contabilizzate, è rilevante sotto il profilo probatorio (cfr. Cass. n. 19329 del 2006).

5. L’accoglimento del ricorso principale determina l’attualità dell’interesse della controricorrente all’esame del ricorso incidentale condizionato, con cui deduce l’annullabilità dell’avviso di rettifica per vizio di motivazione e la sospensione dell’imposta, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74. I motivi sono entrambi privi di autosufficienza e sono, quindi, inammissibili. L’impugnata sentenza non tratta affatto di dette questioni, e, dunque, la controricorrente avrebbe dovuto o riprodurre le parti rilevanti degli atti processuali in cui le aveva dedotte, o riconoscere che le stesse sono nuove. Insomma, per difetto di autosufficienza o per novità, entrambe le questioni sono inammissibili.

6. La sentenza va, in conclusione, cassata, in relazione alle doglianze accolte, con rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna, che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze, spese compensate. Accoglie il ricorso dell’Agenzia, rigetta quello incidentale, cassa e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche, per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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