Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2719 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. I, 04/02/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 04/02/2021), n.2719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1795/19 proposto da:

-) O.C.I., elettivamente domiciliato a Torino, via

Groscavallo n. 3, difeso dall’avvocato Alessandro Praticò in virtù

di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Torino 22.11.2018 n. 6049;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

dicembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. ROSSETTI Marco.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.C.I., cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese nel timore di essere ingiustamente accusato d’un omicidio.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento O.C.I. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Torino, che la rigettò con decreto 22.11.2018.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perchè nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato nè dimostrato l’esistenza di specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da O.C.I. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il suo racconto.

Deduce che il Tribunale, reputandolo inattendibile, avrebbe violato i criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto investe un tipico apprezzamento di fatto.

Questa Corte infatti ha già ripetutamente affermato che la circostanza che il Tribunale abbia ritenuto inattendibile il richiedente non può mai costituire una violazione di legge, ma può essere censurata in sede di legittimità solo prospettando l’omesso esame di fatti decisivi: “la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01).

Nel caso di specie, per contro, il ricorrente lungi dall’indicare quali fatti concreti e oggettivi il Tribunale avrebbe trascurato, quando erano stati dedotti, come erano stati provati, perchè erano decisivi, si limita a sostanza a censurare il giudizio formulato dal Tribunale.

Una censura, dunque, non consentita in sede di legittimità.

2. Col secondo motivo il ricorrente impugna la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto di escludere che nella regione di provenienza del richiedente sussistesse una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

2.1. Il motivo è inammissibile per difetto di decisività.

Infatti a fondamento del rigetto della domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il Tribunale ha posto due diverse rationes decidendi:

-) nella regione di provenienza del ricorrente non vi erano attacchi terroristici;

-) in ogni caso gli attacchi terroristici non integrano una situazione di “violenza indiscriminata” richiesta dalla suddetta norma.

Il ricorrente ha impugnato solo la prima di tali statuizioni; ma essendo la seconda di per sè idonea a sorreggere il giudizio di rigetto, il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza.

3. Col terzo motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di protezione umanitaria.

Sostiene che il Tribunale avrebbe omesso “di esaminare fatti decisivi prospettati dalla parte” e posti a fondamento della domanda di protezione umanitaria.

Tali fatti decisivi sarebbero, secondo il ricorrente:

-) la condizione sociopolitica di instabilità della Nigeria;

-) la violenza diffusa in Nigeria (così il ricorso, pagina 10, terzo capoverso, e 11).

3.1. Il motivo è infondato.

Il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, può condurre alla cassazione della sentenza impugnata quando il fatto non esaminato sia astrattamente idoneo a giustificare un diverso esito della lite.

Nel caso di specie il ricorrente sostiene che il Tribunale non avrebbe esaminato la condizione di “instabilità e violenza” esistenti in Nigeria.

E tuttavia:

-) da un lato, tale condizione è stata ampiamente esaminata dal Tribunale, il quale ha escluso che essa sussistesse nella regione di provenienza dell’odierno ricorrente (così la sentenza impugnata, pagina 3);

-) dall’altro lato, i fatti che il ricorrente assume essere stati trascurati non sono fatti che riguardano là condizione personale, individuale e specifica del ricorrente, ma fattoi che riguardano la condizione generale del Paese di provenienza. In quanto tali quei fatti, in mancanza di ulteriori specificazioni, non sono di per sè idonei a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, il quale è misura che si fonda sulla condizione personale del richiedente, e non su quella generale del suo Paese.

4. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

PQM

La Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono in astratto i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se risultasse dovuto nel caso specifico.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

 

 

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