Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2719 del 04/02/2011
Cassazione civile sez. trib., 04/02/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 04/02/2011), n.2719
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 18379-2006 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
M.G., M.F., elettivamente domiciliati
in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato REBUCCI LUCA con
studio in MODENA VIA FARINI 56 (avviso postale), giusta delega in
calce;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 38/2005 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,
depositata il 29/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
02/12/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata che ha concluso per l’accoglimento.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La sig.ra M.A. con atto registrato il 10.9.96 donava ai figli M.G. e M.F. la quota di un sesto di un terreno e dichiarava, ai fini Invim e con riferimento al 31.12.1992, il valore finale dello stesso in Euro 201.394.000, ritenendolo terreno edificatorio. Successivamente i fratelli M. rilevavano che il terreno in questione al 31.12.1992 – secondo il criterio di valutazione automatica applicabile in quanto in tale data il terreno aveva natura agricola e non edificatoria, aveva un valore di Euro 25.553.333; richiedevano quindi con apposita istanza il rimborso della maggiore imposta versata. Su tale istanza si formava il silenzio-rifiuto dell’ufficio, che i contribuenti impugnavano. L’Ufficio resisteva.
La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso rilevando che il terreno al 31.12.1992 era incluso in un progetto urbanistico che, pur essendo ancora da perfezionare, aveva già fatto sorgere delle aspettative economiche.
Contro la relativa sentenza i contribuenti proponevano appello;
l’ufficio resisteva.
La Commissione tributaria regionale, con la decisione indicata in epigrafe, accoglieva l’appello.
Contro tale sentenza ricorre con motivo unico l’Agenzia; i contribuenti resistono con controricorso.
MOTIVAZIONE L’Agenzia ha dedotto, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 6 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, commi 1 e 2, art. 52, comma 4, eccependo che la C.T.R. ha illegittimamente ritenuto, al fine della determinazione della natura edificatoria di un suolo ai fini erariali, che sia necessario che il Piano Regolatore abbia perfezionato tutto il proprio iter amministrativo e sia entrato in vigore.
La censura fondata secondo i principi già enucleati da questa Corte (Cass. n. 9131 del 2006) in materia di Invim, (che a loro volta costituiscono applicazione di quanto affermato dalle Sezioni Unite, intervenute a comporre un contrasto giurisprudenziale in tema di ICI) dai quali questo collegio ritiene non di doversi discostare.
La Corte ha affermato: “In tema di imposta di registro e di INVIM, ai fini della determinazione della base imponibile, l’area edificabile costituisce un genere articolato nelle due specie dell’area edificabile di diritto, così qualificata in un piano urbanistico, e dell’area edificabile di fatto, vale a dire del terreno che, pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica. Una siffatta edificabilità non programmata, o fattuale o potenziale, si individua attraverso la constatazione dell’esistenza di taluni fatti indice, come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e l’esistenza di qualsiasi altro elemento obbiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica. Ne deriva che, essendo l’edificabilità di fatto una specie di edificabilità rilevante giuridicamente – perchè presa in considerazione dalla legge sia ai fini dell’ICI (del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b, primo periodo, seconda ipotesi) che della determinazione dell’indennità di espropriazione (del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, comma 3 convertito nella L. 8 agosto 1992, n. 359, e del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 5), è anch’essa un’edificabilità “di diritto”, differenziandosene per il fatto di non essere (ancora) oggetto di pianificazione urbanistica,con l’ulteriore conseguenza che, poichè l’edificabilità di fatto è una situazione giuridica oggettiva, nella quale può venirsi trovare un bene immobile e che influisce sul suo valore, essa è rilevante anche ai fini delle imposte di registro e INVIM”.
Nel caso di specie pertanto, il giudice dell’appello ha errato nel ritenere che, in contrasto con il principio sopra riportato, “per l’inapplicabilità del criterio di valutazione automatica non sufficiente la potenzialità edificatoria del terreno per il quale gli strumenti urbanistici preludono la destinazione edificatoria, occorrendo invece che il piano regolatore abbia perfezionato il proprio iter amministrativo e sia entrato in vigore”. La sentenza impugnata non ha infarti tenuto conto della circostanza che la qualificazione già attribuita nel piano regolatore generale ha impresso al suolo una potenzialità di fatto sufficiente a far lievitare il valore venale dello stesso, e ciò indipendentemente dall’approvazione del Piano stesso e dall’adozione degli strumenti urbanistici attuativi.
Da tanto consegue che, stante l’erroneità del pronunciato del giudice dell’appello, l’impugnata decisione deve essere annullata; la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. viene decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo.
Tenuto conto dell’epoca di formazione dell’indirizzo giurisprudenziale applicato si compensano integralmente le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso iniziale; compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2011