Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27188 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 16/12/2011), n.27188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15268/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

NICE NUOVE INIZIATIVE COSTRUZIONI EDILIZIE SRL in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO

TRIONFALE 7, presso lo studio dell’avvocato SCIALLA MARIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINI Michele, giusta delega

in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 49/2009 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 19/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato MARTINI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La CTR della Toscana, con sentenza n. 49/29/09, depositata il 19.3.2009, confermando la decisione di primo grado, ha annullato l’avviso di liquidazione per il recupero delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale, versate in misura ridotta in relazione all’acquisto di un’area edificabile, della L. n. 388 del 2000, ex art. 33, dalla compratrice S.r.l. N.I.C.E., ritenendo sussistente il diritto all’agevolazione.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, cui la contribuente ha resistito con controricorso.

Depositata la relazione ex art. 380 bis c.p.c., la Corte all’adunanza del 3.5.2011, ha rinviato la causa alla pubblica udienza. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione d’improcedibilità del ricorso, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, sollevata dalla controricorrente, sul presupposto del mancato deposito degli atti e dei documenti su cui lo stesso si fonda, va rigettata. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 22726 del 3 novembre 2011, hanno, infatti, chiarito che l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, di produrre a pena di improcedibilità del ricorso, entro i venti giorni dall’ultima notificazione dello stesso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, quanto agli atti ed ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3 (ferma in ogni caso l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi), precisando che, per i ricorsi in cassazione avverso sentenze delle commissioni tributarie, l’indisponibilità dei fascicoli delle parti (che, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 25, comma 2, restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo cioè dopo il passaggio in giudicato della sentenza di merito) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla Corte di cassazione ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a meno che non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria), e non è, neppure, tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte.

Con il primo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate evidenzia che, secondo la ricostruzione dei fatti data dalla CTR, tutte le vicende urbanistiche rilevanti ai fini della spettanza dell’agevolazione (variante al PRG approvata dal Consiglio Comunale di Grosseto il 30.10.2002 ed attuata mediante determinazione dirigenziale del 14.3.2003, convenzione tra Comune e Società sottoscritta il 20.3.2003) sono successive alla data del 17.4.2002, in cui è stato registrato l’atto di compravendita: pur potendo esser edificato, secondo le previsioni del PRG, il fondo non poteva ritenersi incluso “in un piano particolareggiato comunque denominato”, e, dunque, non poteva essere applicata la disposizione agevolatrice. Opinando diversamente, la CTR aveva violato sia tale previsione che il canone d’interpretazione letterale ed il divieto di applicazione analogica delle norme eccezionali, ed aveva, al contempo, ignorato la “ratio legis”, volta ad agevolare gli interventi di edificazione, che, in base allo strumento urbanistico, risultino immediatamente attuabili. Nè valeva in contrario la circostanza -valorizzata dai giudici d’appello- che l’intervento edilizio era stato avviato con un’istanza della contribuente presentata il 3.8.2001 in quanto tale istanza era inidonea, da sola, a consentire l’attività costruttiva ed era, perciò, irrilevante ai fini del riconoscimento dell’agevolazione.

Col secondo motivo, la ricorrente denuncia difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR preso in esame la convenzione tra la contribuente ed il Comune (pure considerando ininfluente la sua posterità rispetto all’atto di trasferimento), trascurando qualsiasi indagine relativa all’effettiva sussistenza, nella zona, di un “piano particolareggiato”, che costituisce il presupposto per il riconoscimento della norma agevolatrice.

Con il terzo motivo, si denuncia, nuovamente, la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, art. 12 preleggi, nonchè della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ribadendosi che la totale assimilazione, sotto il profilo urbanistico, del piano d’iniziativa privata al piano particolareggiato ad iniziativa pubblica, ed, in conseguenza, il titolo, nel primo caso, per fruire dell’agevolazione è subordinato all’esistenza della convenzione di attuazione, che cristallizza gli impegni assunti dal privato. Prima della stipula della convenzione, prosegue la ricorrente, lo strumento urbanistico “assimilabile” non si è perfezionato, e, pertanto, la L. L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30 – che prevede l’obbligo della sottoscrizione della convenzione prima della stipula dell’atto d’acquisto, da assoggettare all’agevolazione – non ha contenuto innovativo, come erroneamente ritenuto dalla CTR, ma meramente interpretativo della pregressa disciplina, che, appunto, già imponeva il completamento del prescritto iter.

Con il quarto motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione, per avere la CTR riferito il certificato rilasciato dal Comune di Grosseto -che attestava che le aree non ricadevano “nella casistica di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3”, alla destinazione urbanistica dell’area in epoca antecedente all’atto di trasferimento.

Procedendo alla valutazione del primo e del terzo motivo, che, attenendo alla medesima questione di diritto, vanno congiuntamente esaminati, va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità dei predetti motivi, ex art. 366 bis c.p.c., sollevata dalla contribuente, dovendo, al contrario, rilevarsi che gli stessi contengono, a chiusura dell’illustrazione delle doglianze, quesiti di diritto congrui e correttamente riferiti alla “res controversa”. Nel merito, i motivi vanno rigettati, dovendo, in parte, correggersi la motivazione della sentenza. La L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, prevede che sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento ed alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento. Sancisce, poi, la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30, che “nell’ipotesi di piani attuativi di iniziativa privata, comunque denominati, le agevolazioni fiscali” anzidette “si applicano, in ogni caso, a seguito della sottoscrizione della convenzione con il soggetto attuatore”. Questa Corte ha, condivisibilmente, ritenuto (Cass. n. 16835 del 2008, n. 28010 del 2009, n. 20864 del 2010) che la disposizione agevolatrice intende dare rilievo non al riscontro formale dell’insistenza dell’immobile in area soggetta a piano particolareggiato, ma, piuttosto, al fatto che esso si trovi in un’area in cui, come in quelle soggette a piano particolareggiato, sia possibile edificare, e, cioè, in cui sono consentiti, ai fini dell’edificabilità, gli stessi risultati del piano particolareggiato, non rilevando che si tratti di uno strumento di programmazione secondaria e non di uno strumento attuativo, e ciò in quanto la norma intende agevolare l’attività propriamente edificatoria (per i noti riflessi economici anche collettivi), favorendo al contempo lo sviluppo equilibrato del territorio. Pur nella necessità di rispettare il canone posto dall’art. 14 preleggi, secondo cui le leggi che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati, trattandosi di una deroga alle ordinarie regole di imponibilità e quindi di una norma stretta interpretazione (Cass. ord. n. 7438 del 2009), l’esegesi prospettata dalla ricorrente non può essere condivisa perchè ancorata unicamente al mero dato testuale dell’art. 33, comma 3, in esame, mentre, anche in ossequio al principio costituzionale di uguaglianza di trattamento, anche fiscale, dei casi identici, la “ratio” della stessa norma depone per l’irrilevanza di quel dato. In conseguenza, questa Corte ha ulteriormente precisato (Cass. n. 20864 del 2010, cit.) che la disposizione di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30, costituisce una norma di interpretazione autentica (e non innovatrice, come implicitamente affermato nell’impugnata sentenza), ma “in senso atecnico” perchè riferita alla vera “ratio” del comma 3, quale sopra riassunta, volta a dare rilievo al fatto che l’immobile oggetto del trasferimento si trovi in area in cui, come quelle soggette a piano particolareggiato, sia possibile edificare. Nel caso di specie, la possibilità di edificare, esistente in fieri al momento della registrazione dell’atto di trasferimento (essendo stato dato inizio, giusta l’accertamento della CTR, con l’istanza del 3.8.2001 all’iter formativo del necessario “programma integrato di intervento”), deve ritenersi divenuta concreta con la definitiva stipula della convenzione: per effetto di questa ed alla medesima data, deve, quindi, ritenersi verificato uno dei presupposti richiesti dalla norma per il riconoscimento del beneficio fiscale da essa previsto (l’effettiva edificazione nel quinquennio successivo non è contestata).

Il secondo ed il quarto motivo sono inammissibili. Il primo di essi perchè prospetta una carenza di motivazione in diritto (sull’inesistenza di un presupposto della disposizione agevolatrice), che costituisce un vizio, in sè, irrilevante ai fini della cassazione della sentenza impugnata, soccorrendo, in tal caso, il potere della Corte di procedere, ex art. 384 c.p.c., ad integrazione e correzione della motivazione, quando la sentenza stessa sia pervenuta ad una soluzione giuridicamente corretta. Il quarto motivo difetta, invece, di autosufficienza, non avendo la ricorrente precisato quali passaggi della certificazione del Comune di Grosseto non sarebbero stati valutati dalla CTR nell’affermare, in tesi erroneamente, che la destinazione urbanistica delle aree era riferita ad epoca antecedente l’atto di trasferimento.

Il ricorso va, in definitiva, respinto. Si ravvisano giusti motivi, in considerazione del consolidarsi della giurisprudenza in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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