Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27187 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 28/12/2016, (ud. 18/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18350-2015 proposto da:

IMMOBILIARE PALU’ SPA, in persona del legale rappresentante in carica

sig.ra P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GREZ &

ASSOCIATI STUDIO LEGALE, rappresentata e difesa dall’avvocato

FILIPPO DA PASSANO giusta procura speciale al margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CASIROLI SRL, in persona del suo legale rappresentante pro tempore

sig. C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO SPAGLIARDI

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 96/2015 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata il

25/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2016 dal Consigliere Dott. COSIMO D’ARRIGO;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Immobiliare Palù s.p.a. ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso un pignoramento presso terzi eseguito ai suoi danni dalla Casiroli s.r.l., sostenendo di avere tre crediti da opporre in compensazione, uno dei quali risultante da un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso successivamente alla formazione del titolo esecutivo azionato dalla società creditrice.

Il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Genova, in data 23 dicembre 2013, ha rigettato la richiesta di sospensione della procedura esecutiva ex art. 624 c.p.c. e con separato provvedimento pubblicato contestualmente, assegnato alla società creditrice le somme pignorate.

La Immobiliare Palù s.p.a., pur non introducendo il giudizio di opposizione all’esecuzione nel merito, ha proposto reclamo avverso l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione ha provveduto sulla istanza di sospensione ed ha opposto, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., l’ordinanza di assegnazione.

Il collegio del reclamo, con ordinanza in data 15 aprile 2014, sospendeva parzialmente l’esecuzione.

Invece, il Tribunale di Genova, decidendo sull’opposizione agli atti esecutivi, la dichiarava inammissibile in quanto propositiva non di vizi formali dei singoli atti del procedimento esecutivo, bensì della medesima contestazione relativa all’an debeatur già sollevata con l’opposizione all’esecuzione.

Avverso tale sentenza, non appellabile, la Immobiliare Palù s.p.a. propone ricorso ponendo a fondamento tre motivi. Resiste la Casiroli s.r.l. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il ricorso principale, la Immobiliare Palù s.p.a. deduce:

– la violazione dell’art. 617 c.p.c., consistita nell’aver ritenuto inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi; osserva al riguardo che l’ordinanza d’assegnazione, in quanto atto esecutivo, è suscettibile di impugnazione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., anche in considerazione dell’assenza di altro strumento di tutela cautelare;

– la violazione degli artt. 38 e 617 c.p.c. in relazione all’ulteriore causa d’inammissibilità individuata dal tribunale, consistente nell’essere stata proposta, detta opposizione, con atto di citazione innanzi al giudice ordinario, anzichè con ricorso al giudice dell’esecuzione; ove si ritenesse che tale rilievo, anzichè costituire un obiter dictum, costituisca un’ulteriore motivazione della declaratoria d’inammissibilità, concorrente con quella censurata con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente osserva che si tratterebbe, al più, di una mera irritualità non rilevabile ex officio oltre la prima udienza;

– l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, rappresentato dalla mancata introduzione del giudizio di merito sull’opposizione all’esecuzione.

2. – Con il controricorso la Casiroli s.r.l. insiste nell’eccezione d’inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi, osservando che la stessa non sarebbe proponibile avverso l’ordinanza d’assegnazione, in quanto la stessa determina l’estinzione del processo esecutivo e la contemporanea cessazione della materia del contendere.

Contesta, inoltre, la tesi di controparte circa l’inesistenza di un alternativo strumento di impugnazione, rappresentato invece dal reclamo previsto dall’art. 669-terdecies c.p.c..

Ha inoltre contestato la fondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso.

3. L’eccezione preliminare di inammissibilità è manifestamente infondata, in quanto l’ordinanza di assegnazione definisce il processo esecutivo solamente se non impugnata.

4. Il ricorso principale è infondato e deve essere rigettato.

Secondo quanto prospettato dalla stessa società ricorrente, l’opposizione agli atti esecutivi è stata proposta per sottoporre al giudice dell’esecuzione le medesime doglianze già disattese con l’ordinanza che, in data 23 dicembre 2013, ha respinto l’istanza di sospensione della procedura esecutiva. Il ricorso al rimedio di cui all’art. 617 c.p.c. sarebbe giustificato dall’esigenza di ottenere tutela cautelare – ai sensi dell’art. 618 c.p.c., comma 2, – in tempi più brevi rispetto a quelli con i quali sarebbe stato deciso il reclamo proposto ex art. 669-terdecies c.p.c..

Ma i provvedimenti sulla sospensione del processo esecutivo adottati, in senso positivo o negativo, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2, e dell’art. 624 c.p.c. (nel testo vigente dopo le sostituzioni intervenute per effetto del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 3 convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, e successivamente della L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 18), sono impugnabili con il rimedio del reclamo, ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c.. Contro gli stessi provvedimenti non è pertanto ammissibile l’opposizione agli atti esecutivi (Sez. 3, Sentenza n. 3954 del 13/03/2012, Rv. 621629).

In particolare, dopo l’introduzione dello strumento del reclamo avverso l’ordinanza di accoglimento o di rigetto dell’istanza di sospensione del processo esecutivo, non sono più attuali i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità che, in precedenza, aveva riconosciuto l’esperibilità del rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi (v. Sez. 3, Sentenza n. 10124 del 25/06/2003, Rv. 564559; Sez. 3, Sentenza n. 404 del 12/01/2006, Rv. 585974; Sez. 3, Sentenza n. 15220 del 19/07/2005, Rv582971; da ultimo v. Sez. 3, Sentenza n. 5342 del 05/03/2009, Rv. 606950, che tuttavia espressamente circoscrive l’operatività del principio alle procedure esecutive anteriori alle modifiche introdotte con le L. n. 80 del 2005 e L. n. 52 del 2006).

5 – Tali conclusioni vanno tenute ferme pur considerando che il provvedimento impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi non è costituito, nella specie, dall’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 624 c.p.c., bensì da quella consequenziale di assegnazione delle somme pignorate.

Infatti i due provvedimenti, benchè formalmente separati, si fondono in unità logico-giuridica, essendo il secondo immediata conseguenza del primo. In particolare, poichè il giudice dell’esecuzione non può procedere oltre nell’azione esecutiva senza aver dapprima deciso sulla domanda di sospensione della stessa, l’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate presso il terzo non può prescindere dalla premessa dell’avvenuto rigetto dell’istanza ex art. 624 c.p.c..

6. – Non vale a giustificare un perdurante interesse alla proposizione del rimedio impugnatorio previsto dall’art. 617 c.p.c. neppure la circostanza, illustrata dal ricorrente, secondo cui il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., non offrirebbe adeguata tutela cautelare. Al contrario, il reclamo incide esattamente sul piano della tutela cautelare.

La circostanza che l’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 618 c.p.c., comma 2, può avvenire in termini più brevi di quelli occorrenti per la decisione del reclamo, costituisce un mero accidente del tutto irrilevante e che non vale a giustificare l’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione.

7. – In conclusione, il primo motivo di ricorso è infondato.

Il secondo motivo di ricorso, relativo ad una motivazione “secondaria” della sentenza impugnata, è assorbito dalla ritenuta legittimità della motivazione principale.

8 E’ altresì infondato il terzo motivo di ricorso, in quanto la mancata introduzione del giudizio di merito sull’opposizione all’esecuzione è circostanza priva di rilievo ai fini della decisione.

La scelta del debitore esecutato di non coltivare nel merito il giudizio di opposizione, non determina quella situazione d’inesistenza di strumenti impugnatori alternativi che, nella più risalente giurisprudenza citata nel par. 4, giustificava l’ammissibilità del rimedio previsto dall’art. 617 c.p.c..

Nè può sostenersi – come invece ha fatto la società ricorrente con le memorie ex art. 378 c.p.c. – che la mancata introduzione del giudizio di merito sull’opposizione all’esecuzione consenta di recuperare la proponibilità di quelle stesse doglianze in sede di opposizione agli atti esecutivi, rendendo quindi ammissibile tale rimedio. L’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi, infatti, si distinguono proprio per la diversa natura delle doglianze che possono essere prospettate nelle due diverse ipotesi, talchè l’omessa introduzione della fase di merito del primo giudizio non determina l’ampliamento del catalogo delle censure formulabili con l’altra forma di opposizione, bensì semplicemente il consolidamento degli effetti dell’ordinanza ex art. 624 c.p.c. o di quella pronunciata, come nella specie, a seguito del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c..

9. – Stante l’esito del giudizio, la parte ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali del grado, liquidate nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, dal parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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