Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27186 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 28/12/2016, (ud. 18/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13662/2015 proposto da:

L.S., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

L.S. difensore di sè medesimo;

– ricorrente –

contro

A.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1802/2014 del GIUDICE DI PACE di PALERMO,

depositata il 13/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2016 dal Consigliere Dott. COSIMO D’ARRIGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo,

assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza pubblicata il 13 maggio 2015, il giudice di pace di Palermo ha accolto l’opposizione proposta a A.A. avverso l’atto di precetto di pagamento dell’importo di Euro 308,18 intimatogli da L.S..

Contro tale sentenza il L. propone ricorso, affidandosi a quattro motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va rilevata in via preliminare l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto avverso una sentenza appellabile in assenza di accordo fra le parti e comunque fuori dai casi previsti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. – Si deve premettere, anzitutto, che la L. 24 febbraio 2006, n. 52, modificando l’art. 616 c.p.c., aveva posto la regola secondo cui il giudizio di opposizione veniva deciso “con sentenza non impugnabile”. Conseguiva l’immediata ricorribilità della sentenza in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost..

Nel 2009, però, il legislatore ha preferito ripristinare il precedente regime impugnatorio. Infatti, la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, comma 2, ha soppresso l’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., con conseguente reintegrazione dell’esperibilità dell’appello.

In sostanza, le sentenze che hanno deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del 10 marzo 2006 erano appellabili; per quelle pubblicate successivamente vale la regola della non impugnabilità ai sensi del nuovo testo dell’art. 616, introdotta dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52 (che sul punto ha modificato l’art. 616 c.p.c.) – con conseguente ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.; infine, se il giudizio di primo grado era pendente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, si applica l’art. 49 di tale legge che, cancellando la modifica dell’art. 616 c.p.c., apportata dalla L. n. 52 del 2006, ha eliminato la previsione della non impugnabilità, ripristinando l’appellabilità delle pronunce di primo grado (Sez. 2, Ordinanza n. 20324 del 27/09/2010, Rv. 615254; Sez. 6-3, Ordinanza n. 17321 del 17/08/2011, Rv. 619640; Sez. 3, Ordinanza n. 14502 del 30/06/2011, Rv. 618524).

Nella specie, la sentenza – pubblicata il 13 maggio 2015, in esito a giudizio introdotto nel 2014 – è dunque appellabile.

3. – Il requisito dell’appellabilità della sentenza di primo grado va esaminato anche sotto altro profilo, in relazione all’organo decidente e al valore della causa.

Va premesso, sul punto, che la causa è del valore di Euro 308,18 (importo di cui è stato intimato il pagamento con il precetto opposto) ed è stata, di conseguenza, definita dal Giudice di pace secondo equità, stante il disposto dell’art. 113 c.p.c., comma 2.

Il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha modificato dell’art. 339 c.p.c., u.c., che prevedeva l’inappellabilità delle sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, consentendo ora l’appello se proposto per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia.

Nella specie, il ricorrente ha dedotto:

– la violazione dell’art. 140 c.p.c., in relazione alla notificazione dell’atto di opposizione;

– la violazione degli artt. 615 e 645 c.p.c., consistita nell’avere, il Giudice di pace, ritenuto necessario che l’intimazione di pagamento contenuta nell’atto di precetto emesso in base a un decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo dovesse essere preceduta da una richiesta extragiudiziale di pagamento;

– la conseguente violazione dell’art. 479 c.p.c., che prevede che il titolo esecutivo può essere legittimamente notificato unitamente all’atto di precetto;

– la violazione dell’art. 93 c.p.c., in quanto il credito dell’opposto nasceva da provvedimento giudiziale di distrazione delle spese in favore del difensore.

Dunque, il L. deduce solamente violazioni di norme del procedimento, per le quali sarebbe stato ammissibile l’appello anche avverso la sentenza del Giudice di pace pronunciata secondo equità.

Consegue che, anche sotto questo profilo, la sentenza era appellabile.

4. – Una volta chiarito, sotto ogni aspetto, che la sentenza fatta oggetto di ricorso per cassazione era invece appellabile, l’unico margine di ammissibilità della presente impugnazione costituito dall’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 2, ossia del ricorso per saltum.

Tuttavia, com’è noto, l’esperibilità del rimedio del ricorso diretto per cassazione presuppone l’accordo delle parti, la cui esistenza deve essere dedotta e provata dal ricorrente.

Dell’esistenza di un simile accordo non vi è traccia in atti.

5. – In conclusione, il presente ricorso per saltum avverso una sentenza appellabile – in difetto di accordo fra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 2 – deve essere dichiarato inammissibile.

6. – Non avendo l’intimato svolto attività difensiva, non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, dal parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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